È stato ribadito, in un caso non dissimile a quello in oggetto, che il foro previsto dall’art. 14 del D.lgs. n. 150/2011, per le cause aventi a oggetto compensi per l’attività professionale prestata dall’avvocato in ambito giudiziario civile, non possa prevalere su quello del consumatore, stabilito dal codice del consumo, sì come già affermato dalle Sezioni Unite[1].
Suddetto principio, come correttamente sostenuto dalla Corte territoriale, non è scalfito da altro pronunciamento del massimo consesso di legittimità[2], secondo cui “in ordine al procedimento per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti di avvocato di cui all’art. 28 della l. n. 794 del 1942, come sostituito dall’art. 34, comma 16, lett. a), del d.lgs. n. 150 del 2011, ove il professionista, agendo ai sensi dell’art. 14 del citato decreto legislativo, chieda la condanna del cliente inadempiente al pagamento dei compensi per l’opera prestata in più fasi o gradi del giudizio, la competenza è Corte di Cassazione – copia non ufficiale 4 di 4 dell’ufficio giudiziario di merito che ha deciso per ultimo la causa”. La pronuncia non si sofferma, infatti, sul rapporto tra il foro speciale previsto dal citato art. 14 e il c.d. foro del consumatore, risultando già acquisito, come si è appena detto, il principio della prevalenza di quest’ultimo.
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[1] Il riferimento è a Cass. Civ., Sez. Un., n. 4485/ 2018. V. anche Cass. n. 8598/2018; Cass. n. 38264/2021; Cass. n. 7357/2022; Cass. n. 8406/2022.
[2] Il riferimento è a Cass. Civ., Sez. Un., n. 4247/2020.