3 min read
«L’estate in cui accadde tutto” di Bill Bryson è un libro che può essere letto a due velocità»

“L’estate in cui accadde tutto” di Bill Bryson è un libro che può essere letto a due velocità: “ordinariamente”, scorrendo con rapidità le pagine e leggendo distrattamente gli aneddoti e le curiosità riportate dall’autore, oppure “lentamente”, soffermandosi sulle storie dei molti protagonisti che animano queste 488 pagine di sfavillante narrazione.

Beh, io l’ho letto molto lentamente, gustandomi ogni dettaglio e – quando necessario – andando a ricercare nomi, luoghi o eventi citati che non conoscevo.

Questo testo (nel perfetto stile di Bryson) è ricco di input in grado di sorprendere anche il lettore più esigente e curioso, descrivendo scorci di una società storicamente lontana ma sempre attuale perché, lo si sa, i vizi e i capricci dell’uomo tendono a ripetersi in ogni epoca. Sono le scene di vita mondana ad incuriosire e letteralmente incollare il lettore alla pagina, anche perché sempre contestualizzate storicamente e narrate con un ritmo incalzante, quasi fosse una radiocronaca di vita, senza trascurare i particolari di ogni vicenda.

Questa lettura è una completa e totale immersione negli anni più avanguardisti del XIX secolo, concentrata in una manciata di settimane, giusto quanto basta per vivere l’intensa estate americana del 1927.

L’America del 1927 è un inno all’ottimismo, con lo slancio e la fiducia in un futuro che presto si rivelerà terribilmente nefasto (la Grande Depressione è alle porte).

È uno spazio-tempo in cui a brillare sono i fuoriclasse come Charles Lindberg e la sua traversata aerea dell’Oceano Atlantico in solitaria e senza scalo (lo stesso Lindberg negli anni sarà tristemente ricordato anche per la tragedia familiare legata al rapimento e la morte del figlioletto) e come Babe Ruth: una leggenda dentro e fuori dal campo di baseball (ben nota per le sue doti sportive, ma anche per gli innumerevoli eccessi personali).

Il 1927 è anche l’anno del modello T della Ford, della materializzazione di ciò che sarà la TV, della settimana lavorativa che passa da 60 a 48 ore e di tante altre cose che Bryson racconta magistralmente, senza mai scadere in un mero elenco di nomi, cose e città.

La recensione (per lo meno quella amatoriale, come le mie) è sempre cangiante e camaleontica perché risente molto dello stato d’animo del lettore e delle percezioni esterne ed interiori del momento di vita che sta attraversando. Tuttavia, al netto di ogni soggettività, credo che questo testo mi sembrerebbe costantemente eccezionale, al di là della predisposizione temporanea, perché offre tanti e variegati spunti di approfondimento e distrazione.

E, sebbene molti ritengano che un libro non si debba scegliere dalla copertina o dal titolo, a me sono piaciute entrambe e la scelta è stata confermata dopo averlo letto.

Il rimando all’estate, la promessa dell’avventura, e, infine, le aspettative mai disattese, tutto quanto ho ritrovato in queste pagine (titolo e copertina inclusi) e che spero di poter offrire ai nostri lettori della domenica.

 

Buon divertimento!

Seguici sui social: