“L’estate in cui accadde tutto” di Bill Bryson è un libro che può essere letto a due velocità: “ordinariamente”, scorrendo con rapidità le pagine e leggendo distrattamente gli aneddoti e le curiosità riportate dall’autore, oppure “lentamente”, soffermandosi sulle storie dei molti protagonisti che animano queste 488 pagine di sfavillante narrazione.
Beh, io l’ho letto molto lentamente, gustandomi ogni dettaglio e – quando necessario – andando a ricercare nomi, luoghi o eventi citati che non conoscevo.
Questo testo (nel perfetto stile di Bryson) è ricco di input in grado di sorprendere anche il lettore più esigente e curioso, descrivendo scorci di una società storicamente lontana ma sempre attuale perché, lo si sa, i vizi e i capricci dell’uomo tendono a ripetersi in ogni epoca. Sono le scene di vita mondana ad incuriosire e letteralmente incollare il lettore alla pagina, anche perché sempre contestualizzate storicamente e narrate con un ritmo incalzante, quasi fosse una radiocronaca di vita, senza trascurare i particolari di ogni vicenda.
Questa lettura è una completa e totale immersione negli anni più avanguardisti del XIX secolo, concentrata in una manciata di settimane, giusto quanto basta per vivere l’intensa estate americana del 1927.