La Corte Costituzionale, con la recentissima sentenza in oggetto, ha:
1) dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 186-bis, quinto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), come introdotto dall’art. 33, comma 1, lettera h), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, sollevate dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, in riferimento agli artt. 3, 41 e 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione, con le ordinanze indicate in epigrafe;
2) dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 38, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) e dell’art. 186-bis, sesto comma, della legge fallimentare, sollevate dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera a), Cost., con le ordinanze indicate in epigrafe;
3) dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 38, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 163 del 2006 e dell’art. 186-bis, sesto comma, della legge fallimentare, sollevate dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, in riferimento agli artt. 3 e 41 Cost., con le ordinanze indicate in epigrafe;
4) dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 186-bis, sesto comma, della legge fallimentare, sollevate dal Consiglio di Stato, sezione quinta, in riferimento agli artt. 3, 41 e 97 Cost., con l’ordinanza indicata in epigrafe.