Nota a Corte Cost., 7 aprile 2023, n. 63.
Massima redazionale
E’ costituzionalmente illegittimo, per l’ingiustificata disparità di trattamento rispetto al ricorso straordinario al Capo dello Stato (con conseguente lesione dell’art. 24 della Costituzione), l’art. 9, comma 5, del d.lgs. n. 373 del 2003, nella parte in cui dispone che qualora il Presidente della Regione Siciliana non intenda decidere il ricorso in maniera conforme al parere del Consiglio di giustizia amministrativa, con motivata richiesta deve sottoporre l’affare alla deliberazione della Giunta regionale, così mantenendo integro il potere del Presidente di discostarsi dal parere del CGARS.
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La sentenza in commento è una opportuna “messa a punto” di aggiornamento in tema di ricorso straordinario, rimedio storicamente proprio -ricorda la Corte- “delle monarchie assolute, quale forma di grazia nei confronti di decisioni amministrative non suscettibili di altri rimedi”.
Per la norma dichiarata illegittima non era vincolante il parere del CGARS. Era quindi consentito al Presidente della Regione Siciliana di provvedere in modo difforme. Invece, per il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, l’art. 14 del d.P.R. n. 1199 del 1971 – come modificato dall’art. 69, comma 2, lettera a), della legge n. 69 del 2009 – dispone che la decisione del ricorso straordinario è adottata con decreto dal Presidente della Repubblica su proposta del ministro competente, conforme al parere del Consiglio di Stato.
L’art. 9 impugnato è una norma di attuazione statutaria e non può ritenersi abrogato dalla legge n. 69 del 2009, per “la ritenuta prevalenza, nella giurisprudenza di questa Corte, delle norme di attuazione statutarie sulle leggi ordinarie, in virtù dell’adozione delle prime «attraverso un procedimento normativo speciale» nonché del «carattere riservato e separato» della disciplina da essa posta rispetto a quella contenuta nelle altre fonti primarie.”
Ma è stata proprio la legge n. 69 del 2009 a trasformare il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica in un «judicial remedy» . Così testualmente la sentenza la quale elenca i numerosi indici sintomatici, normativi e giurisprudenziali che consentono ormai di affermare l’acquisita natura vincolante del parere del Consiglio di Stato . Infatti la legge citata, ha eliminato la potestà del Governo di deliberare in senso difforme rispetto al parere espresso dal Consiglio di Stato, il quale assume, dunque, i connotati di una vera e propria statuizione vincolante; dal che la giurisprudenza di legittimità, quella amministrativa e, da ultimo, quella della Corte europea dei diritti dell’uomo ne ha fatto discendere il carattere sostanzialmente decisorio. Ne è conseguito il riconoscimento di diversi strumenti di tutela in sede di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, e quindi un ampliamento delle garanzie dei ricorrenti Pertanto, conclude la sentenza, “ è evidente che il permanere della natura non vincolante del parere del CGARS induce a mettere in discussione il riconoscimento (o il mantenimento) delle medesime garanzie in sede di ricorso al Presidente della Regione Siciliana.”
La sentenza si sofferma sulla sostanziale identità dei due rimedi, per concludere poi nel senso che la “contrazione del corredo di rimedi e garanzie riconosciuto al ricorrente in sede di ricorso al Presidente della Regione Siciliana, rispetto a colui che si avvale dell’omologo rimedio nazionale è in contrasto con l’art. 3 Cost. e, senza idonea giustificazione, si riflette negativamente sulla tutela dei diritti e degli interessi legittimi di cui all’art. 24 Cost.”
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