Nota a Cass. Civ., Sez. Un., 10 febbraio 2023, n. 4284.
Nel solco di una recentissima pronuncia, la Corte di Cassazione ha individuato l’ambito di applicazione del ricorso ex art. 111 comma 8 Cost., il quale enuncia il principio giuridico secondo cui avverso le decisioni del Consiglio di Stato, come nel caso de quo, e della Corte dei Conti, è ammesso il ricorso alla Corte di Cassazione soltanto per motivi inerenti la giurisdizione.
Nel caso di specie, le censure del ricorrente, in sintesi, lamentano un arretramento della giurisdizione, denegata giustizia e, quindi, eccesso di potere giurisdizionale da parte del Consiglio di Stato in merito alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso per revocatoria presentato, ritenendo la pronuncia impugnata affetta da errore di fatto.
La Cassazione, sulla scorta delle argomentazioni di diritto espletate dal ricorrente, dichiara inammissibile il ricorso presentato ai sensi e per gli effetti dell’art. 111 comma 8, Cost., ritenendo che, l’asserita negazione di tutela non è riconducibile alla violazione dei limiti della giurisdizione, bensì configura il mero effetto della statuizione impugnata. La Suprema Corte nelle proprie argomentazioni, conferma e ribadisce i confini di applicabilità dell’eccesso di potere giurisdizionale delimitandolo alle sole ipotesi di difetto assoluto o relativo di giurisdizione; asserisce sul punto “il primo si verifica quando un giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata del legislatore o alla discrezionalità amministrativa (cosiddetta invasione o sconfinamento), ovvero, al contrario la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in assoluto di cognizione giurisdizionale (cosiddetto arretramento); il secondo è riscontrabile quando detto giudice abbai violato i c.d. limiti esterni della propri giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, ovvero negandola sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici”.
È stato poi precisato che, l’arretramento della giurisdizione, che nel caso di specie viene specificatamente in rilievo, è ravvisabile solo in presenza di un rifiuto a pronunciare sulla domanda, inclusa invece nella giurisdizione del giudice amministrativo, determinato dall’affermata estraneità della domanda medesima alle attribuzioni giurisdizionali di quel giudice[1]. Di conseguenza, la negazione di tutela alla situazione soggettiva azionata, determinata dall’erronea interpretazione delle norme sostanziali nazionali o dai principi di diritto europeo da parte del giudice amministrativo, non concreta eccesso di potere giurisdizionale per omissione o rifiuto di giurisdizione cosi da giustificare il ricorso previsto ex art. 111, comma 8, Cost., sicché tale pronuncia non può in alcun caso essere ricondotta alla violazione dei limiti alla giurisdizione.
Esulano dall’ambito dell’eccesso di potere, le censure asserite dal ricorrente, atteso che i vizi che si addebitano alla sentenza gravata si risolvono tutti nella denuncia di errores in procedendo o in iudicando, risultati dall’erronea interpretazione delle norme di diritto da parte del Giudice della revocazione. Asserisce la Suprema Corte “l’interpretazione delle norme di diritto costituisce il proprium della funzione giurisdizionale e non può integrare di per sé sola la violazione dei limiti esterni alla giurisdizione”, ribadendo sul punto che i vizi denunciati e risolti in toto in errores in procedendo o in iudicando, non investono la sussistenza e i limiti esterni del potere giurisdizionale dei giudici speciali, bensì solo la legittimità dell’esercizio del potere medesimo.[2]
Quanto alle osservazioni del ricorrente, nella parte in cui ravvisa un arretramento della giurisdizione in relazione alla mancata valutazione/apprezzamento dell’errore di fatto denunciato, la Corte risponde che “(…) l’errore eventualmente commesso nell’interpretazione delle censure, l’asserita violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato ed anche l’eccepita omessa pronuncia su uno dei motivi di revocazione attengono al modo di esercizio del potere giurisdizionale da parte del giudice speciale, rispetto al quale non è possibile sollecitare un controllo da parte delle Sezioni Unite, il cui intervento è limitato alla verifica del rispetto della giurisdizione”[3].
Ciò detto, la Corte osserva – conformemente ad un orientamento risalente nel tempo e definitivamente affermatosi nella giurisprudenza di legittimità a seguito della sentenza n.6 del 2018 della Corte Costituzionale- che, difformemente a quanto assunto secondo la concezione cosiddetta dinamica della giurisdizione, prevale la tesi secondo cui “il ricorso in Cassazione per i motivi inerenti la giurisdizione, previsto dall’ottavo comma dell’art.111 Cost. (…) comprenda anche il sindacato su errores in procedendo o in iudicando… non è compatibile con la lettera e lo spirito della norma costituzionale”.[4]
Diversamente argomentando la Suprema Corte conferisce rilevanza al principio di unità funzionale delle giurisdizioni, distante da una concezione meramente organica della giurisdizione, stabilendo che non è possibile prospettare un controllo sulle decisioni del Consiglio di Stato o della Corte dei Conti da parte delle Sezioni Unite, ancorché sia stata negata erroneamente tutela alla situazione giuridica azionata, sulla base del fatto che implicazione necessaria sia che ogni giurisdizione si eserciti con l’attribuzione all’organo di vertice interno al plesso giurisdizionale del controllo e della statuizione finale sulla correttezza in diritto ed in fatto di tutte le valutazioni che sono necessarie per decidere sulla controversia.[5]
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[1] Il riferimento è a Cass. S.U., 15.04.2020, n. 7839.
[2] Conformi: Cass. S.U., 08.04.2022, n. 11528, Cass. S.U. 26.09.22., n. 28021, Cass. S.U., 04.10.22, n. 28803, Cass. S.U. 09.11.2022, n. 22074. L’orientamento giurisprudenziale consolidato è che lo “stravolgimento”, seppur radicale, delle norme sostanziali e processuali, esula dall’ambito dell’eccesso di potere, poiché il vizio non è configurabile in relazione ad errores in procedendo o in iudicando, i quali non investono la sussistenza e i limiti esterni del potere giurisdizionale dei giudici speciali, bensì solo la legittimità dell’esercizio del potere medesimo.
[3] Il riferimento è a Cass. S.U. 23.09.2022, n. 27904.
[4] Il riferimento è a Corte Cost., 24.01.2018, n. 6 – La pronuncia della Corte Costituzionale ha ridimensionato la portata dell’indirizzo ermeneutico secondo cui, in sintesi, anche gli errores in procedendo e in iudicando, tradizionalmente sottratti al sindacato della Cassazione, potevano essere esaminati dalla Suprema Corte al ricorrere di talune rigide condizioni; sul punto la Corte ha suggerito un’interpretazione del dato normativo conforme al principio di unità funzionale delle giurisdizioni ed alla ratio avallata dall’Assemblea Costituente.
[5] Confronto: Cass. S.U., 6.06,.2017 n. 13976, Cass. S.U.,19.09.2017, n. 21617.
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