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Nota a Cass. Pen., Sez. II, 28 gennaio 2021, nn. 17852-17853.

di Donato Giovenzana

 

Con due sentenze di analogo contenuto, la Suprema Corte ha cassato i provvedimenti impugnati –  esclusione dal passivo decisa dal giudice delegato alla procedura di liquidazione – in quanto avevano affermato la mancata prova delle banche sulla loro buona fede, senza però avere valutato l’esistenza del nesso funzionale tra provvista e attività criminale, posta a fondamento della misura di prevenzione.

Per la Cassazione l’art. 52, comma 1, lett. b), decreto legislativo 159/2011 pretende anzitutto la dimostrazione della finalizzazione del credito all’esercizio dell’attività illecita che ha determinato la pronuncia della misura di sicurezza patrimoniale della confisca o, comunque, alle condotte immediatamente derivate da quest’ultima in termini di “frutto o reimpiego”.

Soltanto nel caso in cui sia stata fornita la dimostrazione di tale preliminare nesso funzionale, sarà onere del creditore provare la sua buona fede e cioè la sua incolpevole ignoranza circa l’esistenza del nesso strumentale in questione.

La necessità della prova liberatoria a carico del creditore è – dunque – solo eventuale, in quanto dovuta soltanto quando sia stato previamente provato il nesso di strumentalità di che trattasi, mentre non è necessaria quando questa preliminare dimostrazione manchi.

La verifica del credito ai fini dell’ammissione allo stato passivo, dunque, prevede due distinti requisiti, il primo dei quali, quello della strumentalità, risulta propedeutico alla verifica della sussistenza della buona fede. Soltanto quando sia stata dimostrata l’effettività e l’esistenza del nesso funzionale sarà possibile accedere al secondo momento del giudizio, nel cui ambito viene richiesta la prova della buona fede dell’Istituto di credito.

Mette conto rilevare che la necessità di rigorosa dimostrazione della esistenza del nesso funzionale nel periodo in cui si è manifestata la pericolosità sociale del debitore e, solo in subordine, di accertamento della c.d. buona fede del creditore è stata più volte affermata dalla giurisprudenza di legittimità, che ha espressamente ribadito i principi suddetti, anche in riferimento a soggetti privi di redditi leciti accertati (così, Cass. Sez. 6 del 02/03/2017 n. 25505; Cass. Sez. 6 del 16/6/2015 n. 32524; Cass. Sez. 6 del 16/6/2015 n. 32524).

 

 

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