1 min read

Nota a Cass. Civ., Sez. I, 26 gennaio 2021, n. 1602.

di Antonio Zurlo

 

 

 

 

La complessa articolazione della struttura organizzativa di una Banca (o di una società di investimenti) non può comportare l’esclusione o anche il semplice affievolimento del potere – dovere di controllo riconducibile a ciascuno dei componenti del collegio sindacale, i quali, in caso di accertate carenze delle procedure aziendali predisposte per la corretta gestione societaria, sono sanzionabili a titolo di concorso omissivo quoad functione, gravando sui sindaci, da un lato, l’obbligo di vigilanza (in funzione non soltanto della salvaguardia degli interessi degli azionisti nei confronti degli atti di abuso gestionali degli amministratori, ma anche della verifica dell’adeguatezza delle metodologie finalizzate al controllo interno della società di investimenti, secondo parametri procedimentali dettati dalla normativa regolamentare Consob, a garanzia degli investitori) e, dall’altro, l’obbligo legale di denuncia immediata alla Banca d’Italia e alla Consob[1].

Non si tratta, dunque, di imputare ai sindaci (e al Presidente del Consiglio Sindacale) una responsabilità per il sospetto del compimento di operazioni irregolari o illecite da parte di altri, né, tantomeno, di sottoporre gli organi amministrativi a un controllo sul merito delle scelte gestionali, ma, invero, di pretendere l’esercizio tempestivo dei poteri ispettivi che la legge pone a carico dei sindaci, ex artt. 150 e 151 TUF e 2403bis c.c., anche mediante tempestive comunicazioni alla Consob (ex art. 149, comma 3, TUF, che, nella specie, i giudici di merito hanno accertato essere state parziali e tardive).

 

Qui la pronuncia.


[1] Cfr. Cass. Civ., Sez. Un., n. 20934/2009.