Collegio di Coordinamento ABF n. 2625 del 19/12/2019
di Pierpaolo Verri
Il Collegio di Coordinamento dell’Arbitro Bancario Finanziario si è espresso sulla questione relativa alla riduzione del costo del credito a seguito dell’estinzione anticipata del finanziamento, sollevatasi con la c.d. sentenza “Lexitor” della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
La sentenza “Lexitor”, ha affermato che l’art. 16 della Direttiva 2008/48 deve interpretarsi nel senso che tutti i costi del credito, correlati o non alla durata residua del contratto, ad eccezione delle spese del notaio (la cui scelta compete al consumatore), sono riducibili in caso di estinzione anticipata del finanziamento.
Alla luce di tale interpretazione, poiché le sentenze interpretative della CGUE hanno natura vincolante per il giudice nazionale (non solo per il giudice del rinvio, ma anche per tutti quelli dei Paesi membri della Unione, e pertanto anche per gli Arbitri chiamati ad applicare le norme di diritto), il Collegio di Coordinamento ritiene che tale interpretazione sia ineludibile anche nel caso posto alla sua attenzione, poiché attiene sia all’art. 121, comma 1 lettera e) del TUB, che indica la nozione di costo totale del credito in piena aderenza all’art. 3 della Direttiva, sia all’art. 125 sexies TUB che, dal punto di vista letterale, appare a sua volta fedelmente riproduttivo dell’art. 16 par. 1 della stessa Direttiva.
Rileva il Collegio, infatti, che l’art. 125 sexies, secondo cui in caso di estinzione anticipata del finanziamento il consumatore ha diritto a una riduzione del costo totale del credito, “pari” all’importo degli interessi e “dei costi dovuti per la vita residuale del contratto”, non sembra affatto diverso rispetto alla disposizione della Direttiva, secondo cui il consumatore ha diritto a una riduzione del costo totale del credito, che “comprende gli interessi e i costi dovuti per la restante durata del contratto”, giacché non può ragionevolmente attribuirsi alcun significativo rilievo distintivo alla differenza lessicale tra la riduzione del costo del credito che è “pari” a tutte le voci che compongono il costo totale del credito e la riduzione del costo totale del credito che “comprende” esattamente le medesime voci.
Ne discende che l’art. 125 sexies TUB, integrando la esatta e completa attuazione dell’art. 6 della Direttiva, come questa va letto e applicato nel senso indicato dalla CGUE, come se dicesse cioè che il diritto alla riduzione del costo del credito in caso di anticipata estinzione del finanziamento coinvolge anche i costi up front, al di là di ogni differenza nominalistica o sostanziale, pur esistente, con gli altri costi.
Ai fini della soluzione del tema controverso, il Collegio opera poi delle ulteriori notazioni riguardo al valore del criterio pro rata temporis, spesso impropriamente evocato come se fosse l’unico metodo possibile di riduzione di tutti i costi del finanziamento. Tuttavia, il fatto che a seguito della sentenza Lexitor anche i costi up front siano soggetti a riduzione, non comporta necessariamente che il criterio pro rata temporis debba essere senz’altro applicato per la retrocessione di tutti i costi del finanziamento, attraverso una meccanica estensione oggettuale della pregressa giurisprudenza formatasi rispetto ai costi recurring.
A tal riguardo, la Corte Europea non ne ha imposto l’applicazione, anche perché l’art. 16 della Direttiva 2008/48/CE “non stabilisce il metodo di calcolo da utilizzare”, lasciando quindi agli Stati membri “un certo margine di manovra in materia”. Ed in effetti, la Corte, attraverso la propria opzione ermeneutica dell’art. 16 della Direttiva 2008/48/CE, si è limitata a indicare che la necessità che il criterio di riduzione di tutte le componenti del costo totale del credito sia comunque basato su una regola di proporzionalità.
Il Collegio di Coordinamento opera una serie di passaggi logico giuridici per individuare il criterio di riduzione applicabile ai costi up front:
- In primo luogo occorre depurare il contratto dalla inserzione della clausola che, sia pure in modo implicito, abbia escluso la ripetibilità dei costi riferiti ad attività preliminari, in quanto contraria a norma imperativa e perciò affetta da nullità rilevabile d’ufficio. La clausola nulla deve intendersi automaticamente sostituita ex art. 1419 comma 2, c.c. con la norma imperativa che, già al momento di conclusione del contratto (per effetto della natura dichiarativa della sentenza Lexitor), imponeva la retrocessione anche dei costi up front;
- In secondo luogo, poiché la legge non indica al riguardo un particolare criterio di rimborso, si è in presenza di una lacuna del regolamento contrattuale;
- In terzo luogo, la CGUE non ha imposto un criterio di riduzione comune e unico per tutte le componenti del costo del finanziamento.
Dovendo ricorrersi necessariamente a una fonte eteronoma per la costruzione del regolamento contrattuale lacunoso e non potendo rinvenirsi al momento una utile disposizione normativa suppletiva, il Collegio ricorre all’integrazione “giudiziale” secondo equità (art. 1374 c.c.) per determinare l’effetto imposto dalla rilettura dell’art. 125 sexies TUB, con riguardo ai costi up front. Poiché la equità integrativa è la giustizia del caso concreto, ogni valutazione al riguardo spetterà ai Collegi territoriali, tenendo conto della particolarità della fattispecie, essendo il Collegio di Coordinamento privo di poteri paranormativi.
Il Collegio di Coordinamento, tuttavia, chiamato a decidere nel merito riguardo al ricorso sottoposto al suo esame, ritiene che il criterio preferibile per quantificare la quota di costi up front ripetibile sia analogo a quello che le parti hanno previsto per il conteggio degli interessi corrispettivi, costituendo essi la principale voce del costo totale del credito espressamente disciplinata in via negoziale. Ciò significa che la riduzione dei costi up front può effettuarsi secondo lo stesso metodo di riduzione progressiva utilizzato per gli interessi corrispettivi (c.d. curva degli interessi) come desumibile dal piano di ammortamento.
Il Collegio di Coordinamento ha svolto poi alcune considerazioni in merito alla ricevibilità dei ricorsi, precisando che se il cliente ha a suo tempo domandato la retrocessione di tutti i costi, compresi quelli up front e il Collegio gli ha riconosciuto soltanto la retrocessione dei costi recurring, la pretesa afferente ai costi up front non può essere riproposta in virtù del principio ne bis in idem. Parimenti sarà inammissibile un nuovo ricorso successivo ad un precedente ricorso nel quale il cliente ha chiesto soltanto il rimborso di costi recurring. Nulla quaestio, invece, rispetto ai nuovi ricorsi.
In conclusione, il Collegio di Coordinamento dirime la questione esplicando il seguente articolato principio di diritto:
“A seguito della sentenza 11 settembre 2019 della Corte di Giustizia Europea, immediatamente applicabile anche ai ricorsi non ancora decisi, l’art.125 sexies TUB deve essere interpretato nel senso che, in caso di estinzione anticipata del finanziamento, il consumatore ha diritto alla riduzione di tutte le componenti del costo totale del credito, compresi i costi up front”.
“Il criterio applicabile per la riduzione dei costi istantanei, in mancanza di una diversa previsione pattizia che sia comunque basata su un principio di proporzionalità, deve essere determinato in via integrativa dal Collegio decidente secondo equità, mentre per i costi recurring e gli oneri assicurativi continuano ad applicarsi gli orientamenti consolidati dell’ABF”.
“La ripetibilità dei costi up front opera rispetto ai nuovi ricorsi e ai ricorsi pendenti, purché preceduti da conforme reclamo, con il limite della domanda”.
“Non è ammissibile la proposizione di un ricorso per il rimborso dei costi up front dopo una decisione che abbia statuito sulla richiesta di retrocessione di costi recurring”.
“Non è ammissibile la proposizione di un ricorso finalizzato alla retrocessione dei costi up front in pendenza di un precedente ricorso proposto per il rimborso dei costi recurring” .
Questo il testo della pronuncia: Collegio di Coordinamento n. 2625/2019
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