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Nota a Trib. Isernia, 9 settembre 2025, n. 222.

Massima redazionale

Gli obblighi informativi devono essere assolti non solo mediante l’esposizione nei propri locali aperti al pubblico di un avviso sulle condizioni praticate, ma, nel caso di buoni postali rappresentati da documento cartaceo, anche mediante la consegna del Foglio Informativo Analitico. Tale onere risulta preordinato sia a garantire la trasparenza dell’attività, sia, soprattutto, a tutelare il sottoscrittore, il quale deve essere posto nelle condizioni di comprendere correttamente – e ciò a prescindere dal grado di istruzione e/o da pregresse esperienze in analoghi investimenti – quali siano le caratteristiche del buono acquistato, tra cui, in particolare, la sua scadenza. Il F.I.A., consegnato al risparmiatore, garantisce, infatti, l’informazione effettiva e completa, in ordine all’emittente, al collocatore, alla disciplina di riferimento, alla tipologia, al prezzo di emissione e alla scadenza, nonché in ordine al rimborso anticipato, al rendimento, alle modalità di calcolo degli interessi, alle spese e commissioni, al regime fiscale e al termine di prescrizione, e non può essere certo supplito dall’avviso al pubblico che, sempre a norma di legge, ed in particolare, in base all’art. 6 del D.M. 19 dicembre 2000, deve essere affisso nei locali delle poste, in quanto lo stesso si rivolge, in modo generalizzato e indistinto, ai risparmiatori che accedono agli Uffici Postali.

Si rileva, a tale proposito, che la Corte d’Appello di Milano[1] ha chiarito che “il coordinamento tra tali due disposizioni (art. 3 e art. 6 del DM del 19.12.2000) non può che essere inteso nel senso che l’affissione in luogo pubblico delle condizioni economiche praticate si pone come onere aggiuntivo e non sostitutivo dell’obbligo di consegna del F.I.A.”. Orbene, posto che in ambito civile l’onere della prova è disciplinato dall’art. 2697 c.c., in forza del quale “chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento; chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda”, nel caso di specie, parte appellata, depositando i buoni fruttiferi, ha provato i fatti costitutivi del proprio diritto, mentre parte appellante non ha in alcun modo provato l’inefficacia di tali fatti, né la modifica o estinzione del diritto. Difatti, non ha fornito adeguata prova documentale atta a dimostrare l’avvenuta consegna del Foglio Informativo Analitico e, dunque, il corretto assolvimento del dovere di informazione su di essa incombente. Inoltre, non si ritiene che a tale adempimento possa supplire o ritenersi equipollente la sola pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto Ministeriale che ha disciplinato la serie di riferimento, e ciò in quanto la consegna del Foglio Informativo Analitico e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale assolvono a funzioni diverse[2].

In tema di buoni postali fruttiferi – così come in altri ambiti caratterizzati da un certo grado di tecnicismo e che hanno ad oggetto la raccolta del risparmio fra il pubblico – si è, infatti, previsto l’obbligo di informazione mediante la consegna di un Foglio Informativo, atto ad indicare, al momento dell’insorgenza del vincolo e in modo completo, i contenuti fondamentali e, tra gli altri, la scadenza del buono e la prescrizione del diritto al rimborso. Tale interpretazione, da un punto di vista sistematico, consente di garantire un giusto “punto di bilanciamento” tra due importanti principi di rilevanza costituzionale quali la tutela del risparmio (art. 47) e le esigenze di bilancio dello Stato (art. 81). Si ritiene, pertanto, che l’ampia diffusione dei Buoni Fruttiferi Postali presso i risparmiatori (che sono, per lo più, modesti risparmiatori e che perseguono la finalità di gestione del risparmio in un’ottica tipicamente conservativa, spesso avendo un grado di “istruzione finanziaria” piuttosto modesto) non possa prescindere dal rispetto della disciplina legale sopra indicata.

Dunque, come chiarito dalla già citata pronuncia della Corte d’Appello meneghina, la consegna del Foglio Informativo, essendo esso l’unico documento in cui vengono specificate le condizioni economiche e normative che regolano l’investimento, risulta essere “il nucleo essenziale del contratto sul quale deve determinarsi il consenso all’acquisto dell’investitore – risparmiatore; d’altronde, nella giurisprudenza di legittimità, è costante la qualificazione dei buoni fruttiferi come titoli di legittimazione caratterizzati da letteralità[3] ed è proprio in forza di tale natura giuridica che i buoni fruttiferi, al momento della loro emissione, devono essere accompagnati da un’informazione chiara e univoca circa le condizioni economiche, affinché il risparmiatore sia messo nella condizione di conoscere e comprendere la tipologia di investimento che sta sottoscrivendo ed il tempo a partire dal quale inizi a decorrere la prescrizione decennale.

Con specifico riferimento al caso concreto, i Buoni Fruttiferi Postali sottoscritti recavano unicamente l’indicazione della serie, della data di emissione e dell’importo. L’unica traccia delle condizioni di emissione era contenuta nella stampigliatura presente sul retro del buono, ove era possibile leggere: “Il buono fruttifero postale è garantito dallo Stato ed è emesso alle condizioni generali previste nella parte prima del decreto 19 dicembre 2000 del Ministro del Tesoro, del bilancio e della programmazione economica pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 27 dicembre 2000 e alle specifiche condizioni di emissione previste per la serie sottoscritta. Al momento del collocamento, il buono deve essere consegnato al sottoscrittore unitamente al Foglio Informativo Analitico (FIA), contenente la descrizione delle caratteristiche dell’investimento“. Ebbene, non appare sostenibile che tali indicazioni – così generiche – possano supplire a quelle che il Legislatore impone siano consegnate – in modo dettagliato – al momento di conclusione del contratto, individualmente e al singolo risparmiatore[4].

Ne discende che la violazione dei doveri informativi non ha posto la cliente nelle condizioni di potersi tempestivamente attivare per riscuotere i due buoni fruttiferi sottoscritti nel termine di prescrizione per gli stessi previsti. Dunque, considerato che l’art. 8 del DM del 19.12.2000 prevede espressamente che “I diritti dei titolari dei buoni fruttiferi postali si prescrivono a favore dell’emittente trascorsi dieci anni dalla data di scadenza del titolo per quanto riguarda il capitale e gli interessi”, è ovvio che l’obbligo di trasparenza risulta fondamentale per garantire che il sottoscrittore abbia ben chiara la scadenza del titolo e non incorra nella sua prescrizione. Per l’effetto, nel caso in cui i titolari dei buoni non vengano puntualmente informati in ordine alla scadenza degli stessi, hanno diritto al risarcimento dei danni patiti[5]. Alla luce di quanto sopra esposto, senza l’assolvimento dell’onere della prova dell’avvenuta consegna del Foglio Informativo, non è possibile desumere che parte appellante abbia adempiuto ai doveri di trasparenza e di informazione su di essa incombenti e, di conseguenza, il termine prescrizionale non può che decorrere dall’effettiva conoscenza dell’opportunità di operare il proprio diritto al rimborso. Sul punto, infatti, il Tribunale ritiene di condividere la tesi, sostenuta da autorevole giurisprudenza, secondo cui il termine prescrizionale per la responsabilità risarcitoria possa considerarsi decorrente solo dal momento in cui il sottoscrittore, non messo a conoscenza delle condizioni del prestito e, dunque, ignaro dell’esistenza di un termine per l’esercizio del proprio diritto al rimborso, prende cognizione del danno subito, vale a dire nel momento in cui egli riceve il diniego di rimborso per maturata prescrizione[6].

È, infatti, vero che ai fini della decorrenza della prescrizione sono irrilevanti gli impedimenti cc.dd. soggettivi, in quanto la decorrenza si computa da quando il diritto può essere fatto valere, essendo irrilevante l’ignoranza dell’avente diritto, tuttavia laddove lo stato di ignoranza è stato cagionato da un inadempimento della parte che era tenuta a fornire al sottoscrittore gli elementi conoscitivi idonei a renderlo edotto delle condizioni dell’investimento e quindi anche della scadenza dei buoni – elemento che avrebbe permesso di desumere il termine prescrizionale, decorrente da tale scadenza -, tale circostanza diventa rilevante si sensi dell’art. 2935 c.c.[7]. Per l’effetto, posto che nel caso di specie il suddetto inadempimento ha impedito di conoscere quale fosse il termine di scadenza dei buoni acquistati e, conseguentemente, il dies a quo del decorso del termine di prescrizione, entro il quale poteva chiedersi il rimborso dei buoni, risulta pacifico che il decorso della prescrizione abbia inizio non dal momento in cui il diritto poteva essere fatto valere (scadenza dei buoni), ma dal momento in cui si è verificato il pregiudizio (ossia la conseguenza dannosa rappresentata dal mancato rimborso dei buoni)[8].

 

 

 

 

 

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[1] Il riferimento è a App. Milano, 16.10.2024.

[2] Il primo, infatti, è rilevante nel rapporto con il singolo risparmiatore e l’omessa consegna rileva sul piano della “condotta”, ponendosi, quindi, quale fonte di risarcimento del danno per violazione di un obbligo di comportamento che è tenuta a rispettare; il secondo, invece, opera sul piano della disciplina oggettivamente applicabile al buono ed esclude, stante l’eterointegrazione del titolo (art. 1339 c.c.), qualsivoglia profilo di nullità.

[3] Cfr. Cass. Civ., Sez. Un., n. 3963/2019.

[4] Sul punto, la Corte d’Appello di Milano, con la pronuncia del 16.10.2024, ha chiarito che: “L’esigenza di garantire un’informativa completa al risparmiatore-investitore deriva altresì dai principi di correttezza e buona fede che, in quanto clausole generali del contratto, devono caratterizzare il rapporto contrattuale tanto nella sua fase iniziale di sottoscrizione, quanto nella fase successiva esecutiva. In particolare, dal principio di buona fede discende in capo a un obbligo di lealtà e cooperazione specifico nei confronti del risparmiatore-investitore nonché contraente, che si esplica anche in un dovere di avviso e di informazione in ordine alle circostanze rilevanti per l’esecuzione del contratto”.

[5] Cfr. ABF, Collegio di Roma, 23.07.2021, n. 17569, per cui : “Quanto alla domanda di rimborso del solo capitale investito in conseguenza della mancata consegna del Parte_2 , vi è da rilevare come il Collegio di Coordinamento con decisione n. 17814 del 2019 abbia stabilito che la mancata consegna al sottoscrittore, al momento dell’acquisto dei buoni, del Parte_2 non impedisce all’intermediario di eccepire, allorché ne venga richiesto il pagamento, l’intervenuta prescrizione, ma legittima invece una domanda di risarcimento del danno per violazione della normativa di trasparenza e l’inottemperanza al dovere di informazione. In particolare, come da precedente di questo Collegio (Decisione n. 11045 del 2020) in ipotesi di mancata consegna del Foglio informativo all’atto della sottoscrizione di tali titoli, si deve ritenere che, qualora a seguito della loro scadenza l’emittente si rifiuti di rimborsarli a causa della prescrizione, si verifichi un danno ingiusto del sottoscrittore, il quale è cagionato dalla violazione di uno specifico dovere informativo dell’emittente. Il sottoscrittore ha pertanto diritto di essere risarcito e la domanda di rimborso del valore dei BPF sottoscritti può essere interpretata come una domanda di risarcimento del danno cagionato mediante la violazione del dovere di informazione di cui si è detto, sempreché il ricorrente abbia – come nel caso di specie – lamentato nel ricorso l’omessa ricezione del Foglio Informativo da parte dell’intermediario”.

[6] Cfr. App. Milano, 09.04.2025, n. 1128.

[7] Cfr. App. Napoli, n. 3179/2024.

[8] Cfr. Cass. n. 2066/2023 e Cass. n. 33596/2021, per cui: “In tema di intermediazione finanziaria, gli obblighi informativi gravanti sull’intermediario finanziario sono preordinati al fine di favorire scelte realmente consapevoli da parte dell’investitore, sussistendo pertanto una presunzione legale in ordine alla esistenza del nesso causale fra inadempimento informativo e pregiudizio all’investitore”.

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