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«Il passato aiuta a ricostruire ogni interazione che ci ha condotti fino a questo presente»

Alma, la protagonista, ormai adulta, torna a Trieste per ricevere in eredità qualcosa lasciatole da suo padre.
Trieste è la città della sua infanzia, dalla quale è fuggita per creare la sua vita, lontano da tutto quello che le apparteneva: la vita mondana dei nonni mitteleuropei, la casa sul Carso, sempre creativa e disordinata, dei suoi genitori e la convivenza con Vili, quel bambino smarrito e confuso comparso un giorno nella sua casa per volere del padre.
L’eredità consiste nella ricostruzione della sua vita, vista dall’esterno, come mai lei è riuscita a fare, nella irrequietezza delle sue fughe e dei silenzi di un padre tanto amato quanto poco decifrabile.

Ripercorrendo le fasi salienti della propria vita, dall’infanzia alla giovinezza e fino ai tumulti della guerra jugoslava che la segneranno per sempre, Alma riesce finalmente a comprendere che uomo fosse suo padre (la radice fondamentale che la lega alla vita) ed in che modo fosse legato a Vili, per lei da sempre “un fratello, un amico, un antagonista”.
Quando tutti i tasselli del grande puzzle di una vita sembrano finalmente riposizionati con ordine, Alma ritrova se stessa e per la prima volta sente vivo il desiderio di ripararsi nelle proprie radici familiari.

Un testo ricco di Storia e di storie nelle quali probabilmente in tanti potranno ritrovare una parte del proprio percorso; tutti i figli di una geografia e una Storia rimasta in bilico per lungo tempo, in cui il confine politico e il sentimento di appartenenza erano solcati da una profonda crisi identitaria, culturale e linguistica.

Un romanzo nostalgico e malinconico che, in alcuni passaggi, rallenta ed intristisce.
Un testo disgregato, che salta nello spazio e nel tempo, talvolta spezzando il filo rosso della narrazione e creando scompiglio, confusione e distacco.

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