Nota a Trib. Bologna, Sez. IV, 30 gennaio 2024.
IL CASO.
Il provvedimento che qui si commenta è stato reso dal Tribunale di Bologna all’esito del procedimento di opposizione, promosso da taluni creditori non aderenti, avverso la domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione ex art. 57 CCII, con efficacia estesa ai sensi dell’art. 61 CCII, promossa dalla Società ricorrente nell’ambito di una procedura di composizione negoziata ex artt. 12 ss. CCII
Si tratta di una società quotata in borsa, in condizioni di squilibrio economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza, che accede alla procedura di composizione negoziata della crisi, chiedendo l’applicazione di misure protettive del patrimonio.
Nel corso della procedura la Società, oltre a domandare al Tribunale la conferma delle misure protettive, deposita anche l’istanza per ottenere l’autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili d’urgenza ai sensi dell’art. 22 CCII. Con separati provvedimenti, il Tribunale di Bologna accoglie la domanda di conferma delle misure protettive per il periodo di 120 giorni dalla data della richiesta (poi ulteriormente prorogate, ai sensi dell’art. 19, comma 5 CCII per altri 120 giorni), ma rigetta l’autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili. Sennonché, la richiesta di tale ultima autorizzazione viene riproposta dalla Società e, questa volta, accolta dal Tribunale in ragione dell’avanzamento delle trattative con il ceto creditorio, previa nomina di un ausiliario.
La società ricorrente, posta la complessità delle trattative con i creditori e la scadenza del termine di 180 giorni previsto dall’art. 17 comma 7 CCII, chiede formalmente all’esperto la proroga dell’incarico previsto dalla medesima norma appena menzionata, ritenendo integrata nel caso di specie l’ipotesi contemplata nel secondo periodo della norma in questione, e ne ottiene dall’esperto risposta affermativa.
All’esito delle trattative, a seguito della dichiarazione della società e dei creditori bancari di aver raggiunto un accordo, l’esperto redige la relazione finale ai sensi dell’art. 17, comma 8 C.C.I.I., dando atto della conclusione positiva della composizione negoziata tramite la definizione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 57 C.C.I.I., basato su un piano che prevede la prosecuzione diretta dell’attività d’impresa.
Viene quindi depositata la domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione ai sensi del predetto art. 57 C.C.I.I., con efficacia estesa ai sensi dell’art. 61 CCII, alla luce della mancata adesione di parte degli obbligazionisti alla proposta destinata a tale categoria creditizia.
Alcuni degli obbligazionisti nei confronti dei quali è stata domandata l’estensione degli accordi formulano tuttavia opposizione volta a contrastare l’estensione degli effetti dell’accordo stesso ai creditori non aderenti.
Il Giudice ordina l’integrazione del contraddittorio e nomina un commissario giudiziale; all’esito del contraddittorio e alla luce del parere redatto dal Commissario Giudiziale, il Tribunale rigetta le opposizioni e omologa l’accordo di ristrutturazione dei debiti, condannando le parti opponenti alla refusione delle spese legali in solido tra loro.
IL CONTROLLO DEL TRIBUNALE IN SEDE DI OMOLOGAZIONE IN PRESENZA DI ACCORDI AD EFFICACIA ESTESA.
Preliminarmente, si ritiene opportuno esaminare il controllo esercitato dal Tribunale durante il processo di omologazione, in particolare in presenza di accordi ad efficacia estesa.
Nel caso in esame l’opposizione degli obbligazionisti non verte specificamente il rigetto dell’omologazione dell’accordo, ma mira ad evitare l’estensione degli effetti dell’accordo ai creditori non aderenti, circostanza, quest’ultima, che ha prestato il fianco all’eccezione di inammissibilità dell’opposizione medesima, sollevata in via preliminare da parte della Società opposta.
Il Tribunale, nel rigettare tale eccezione (ritenendola irrilevante ai fini della decisione) ha anzitutto ribadito il contenuto e la natura dell’indagine che il Tribunale è chiamato a svolgere in sede di omologazione, anche in assenza di opposizione. Si tratta di indagine che – evidenzia la sentenza in commento, richiamando l’orientamento della S.C. – involge la sussistenza di aspetti sia sostanziali sia formali della domanda, e che, anche in assenza di opposizione, “non deve essere meramente formale, ma sostanziale, attuato quindi quantomeno mediante attenta verifica della completezza, coerenza e ragionevolezza della relazione dell’attestatore”.
La ragione sottesa a tale scelta interpretativa, che riconosce al Tribunale la possibilità di esercitare un vaglio di merito sull’idoneità dell’accordo a consentire il superamento della crisi e il pagamento dei crediti estranei alla ristrutturazione, risiede nell’esigenza di tutela e di garanzia dei creditori estranei e dei terzi rispetto agli effetti che si producono nei loro confronti (fra cui l’esenzione da revocatoria), tenuto conto dell’assenza negli accordi di ristrutturazione di una procedura che importi comunicazione effettiva agli stessi e della possibilità di esprimere un consenso informato. In questa prospettiva, si specifica nella sentenza de qua, il Tribunale deve verificare le concrete prospettive di attuabilità dell’accordo di ristrutturazione del debito con gli aderenti e con coloro cui comunque si estende l’effetto negoziale nonché, ancora più in generale, del piano per il superamento della crisi e, in particolare, la realizzabilità delle entrate previste e la loro idoneità a consentire il pagamento integrale dei creditori estranei nella tempistica indicata dalla norma.
REQUISITI PER IL “TRASCINAMENTO” DEI TERZI.
Altro aspetto di notevole interesse trattato dalla sentenza in commento, riguarda i requisiti necessari per l’estensione degli effetti dell’accordo ai creditori non aderenti, come previsto dall’art. 61 CCII.
Nel caso in esame, come detto, la Società domanda l’estensione degli effetti dell’accordo ai creditori estranei e ciò implica la necessità per il Tribunale di valutare la ricorrenza dei presupposti specificamente previsti dall’art. 61, comma 2, lett. a), b), c), d), e), e comma 5, CCII, in merito ai quali il provvedimento in esame offre rilevanti spunti.
A tal proposito, il Tribunale si è preliminarmente preoccupato di specificare le condizioni in presenza delle quali si realizza la omogeneità di “posizione giuridica” e di “interesse economico” e ciò ha fatto richiamando e facendo propria la giurisprudenza di legittimità, che ravvisa la prima allorquando la natura oggettiva della pretesa creditoria è la stessa e la seconda in relazione alla fonte e alla tipologia socio-economica del credito, all’entità di quest’ultimo rispetto all’indebitamento complessivo o, ancora, la presenza di garanzie collaterali.
Sulla base dei prefati criteri, il Tribunale, al fine di ritenere nella fattispecie la comunanza di posizione giuridica dei creditori appartenenti alla categoria degli obbligazionisti ha valorizzato l’origine del credito (che qui trae discende dalla sottoscrizione del POC), mentre, per valutare l’omogeneità degli interessi economici ha valorizzato la circostanza che detti creditori avevano dato seguito ad una operazione di investimento di rischio.
Ancora, appurata la natura non liquidatoria del piano di ristrutturazione approntato dalla Società (lett. b), il Tribunale ha verificato se siano stati soddisfatti i requisiti “informativi” previsti dall’art. 61, lett. a), CCII, giungendo a risposta positiva sulla base della documentazione versata in atti, rilevando, in particolare: che la Società: i) fin dalla domanda di accesso alla Procedura ha depositato relazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria, e il progetto di piano di risanamento, nel quale esplicitava di ritenere fattibile la possibilità di concludere un Accordo di ristrutturazione ex art. 57 CCII; ii) nel corso della procedura ha confermato e aggiornato tali indicazioni nell’ambito delle varie istanze ex artt- 19 e 21 CCII succedutesi; iii) ha rilasciato varie comunicazioni anche tramite comunicati stampa, circostanza particolarmente rilevante nel caso de quo, giacché il Regolamento POC prevede espressamente che tutte le comunicazioni ai titolari delle obbligazioni siano effettuate dalla Società e date per conosciute mediante comunicato stampa pubblicato sul sito internet dell’emittente; iv) ha tenuto specifici incontri con il Rappresentante comune nonché convocato anche gli obbligazionisti identificatisi come “minori”, pubblicando sul proprio sito internet comunicati relativi allo stato delle trattative e dando conto delle proposte della Società; v) all’assemblea degli obbligazionisti – alla quale partecipava anche l’Esperto e, in proprio o per delega, obbligazionisti rappresentanti i 67,16% dell’ammontare complessivo del POC – il legale rappresentante della Società ha illustrato le misure adottate dalla società finalizzato al risanamento economico, le modifiche alle condizioni del POC che intendeva proporre e di aver messo a disposizione degli obbligazionisti medesime, sul sito della società e in un incontro apposito, un documento informativo; vi) sul sito della Società vi era una pagina web appositamente dedicata agli obbligazionisti, ove, oltre a numerosi documenti riferiti al POC, altrettanti documenti relativi alla domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione debiti ex art. 57 CCII ai fini dell’estensione degli effetti agli obbligazionisti non aderenti ai sensi dell’art. 61 CCII.
Con particolare riferimento alla buona fede, anch’essa richiamata dalla lett. a), comma 2, dell’articolo in parola, il Tribunale precisa che ancorché il set informativo che il debitore mette a disposizione dei creditori deve essere completo ed a tutti i creditori deve essere data la possibilità di partecipare alle trattative e di negoziare, ciò non significa che ai creditori debba essere garantita parità di trattamento, né che le trattative debbano essere portate avanti contestualmente, potendo dunque essere ben possibile che il debitore inizi le trattative con i creditori ritenuti strategici ai fini della ristrutturazione, per poi avviare l’interlocuzione anche con altri.
Assai rilevante è che il Tribunale trovi conferma del rispetto del principio di buona fede nella circostanza che il trattamento riservato ai creditori non aderenti (in questo caso, gli obbligazionisti) non sia peggiore rispetto a quello concordato con coloro che hanno sottoscritto l’accordo.
Ulteriore requisito fissato dall’articolo in parola ai fini dell’estensione, come è noto, è che i creditori all’interno della stessa categoria non aderenti, ai quali vengono estesi gli effetti dell’accordo, non ricevano un trattamento peggiorativo rispetto alla alternativa liquidatoria (lett. d). Sotto tale profilo, prescindendo in questa sede dalla disamina delle specifiche questioni numeriche, meritevole di considerazione è la valorizzazione dell’elemento temporale operata dal Giudicante, che vede con assoluto favore le tempistiche di soddisfazione offerte dall’accordo e ciò non solo a fronte della mera comparazione delle tempistiche dell’accordo rispetto a quelle, certamente più lunghe, in cui potrebbe intervenire il pagamento dei creditori chirografari in sede di Liquidazione giudiziale, quanto piuttosto nella considerazione dell’elemento inflazionistico, il quale rende il fattore tempo di rilevanza assoluta per i creditori.
LE MODIFICHE DEL PIANO RILEVANTI AI SENSI DELL’ART. 58 COMMA 1, C.C.I.I.
Il provvedimento de quo affronta altresì il tema delle modifiche rilevanti ai sensi dell’art. 58, comma 1, CCII, ossia quelle, cd sostanziali, fondanti la necessità di una nuova attestazione e di una nuova manifestazione di consenso da parte dei creditori.
Nel caso sottoposto al Tribunale di Bologna, le modifiche apportate rispetto al piano originario sono di due ordini: la prima verteva l’anticipazione parziale dell’erogazione di nuova finanza, mentre la seconda discendeva dal superamento del termine pattuito con taluni creditori per il raggiungimento della (definitività della) omologa, al decorso del quale lo stesso avrebbe perso efficacia.
Sotto il profilo dell’anticipazione della finanza esterna, il Tribunale esclude che essa possa configurare una modifica sostanziale, ritenendo che il cambiamento non incida sul piano sottostante gli accordi, determinando solo un miglioramento, sotto il profilo temporale, della messa a disposizione di somme liquide al servizio del debito, a parità di condizioni di erogazione.
Quanto al superamento del termine per l’omologa, la problematica investe tre categorie di creditori e la soluzione offerta dal Tribunale è diversa a seconda delle categorie (fornitori, obbligazionisti e banche, i cui accordi erano condizionati alla definitività dell’omologa).
In primo luogo, si è negata la rilevanza della modifica temporale incidente sui fornitori, trattandosi di importi non significativi ai fini dell’omologa e della risoluzione dell’accordo complessivamente considerato, né ai fini del rispetto del piano (circostanze già emerse all’esito delle verifiche compiute dal Commissario Giudiziale).
Con riferimento alla categoria degli obbligazionisti, il Tribunale rileva come l’assemblea degli obbligazionisti avesse invero approvato e ratificato tale modifica, fermo comunque restando che dalla disamina degli accordi sottoscritti con tale categoria non ricorresse alcuna condizione sospensiva per l’efficacia dell’accordo ancorata alla definitività dell’omologa entro un determinato termine, dovendosi pertanto ritenersi perfezionato l’accordo sin dalla sua sottoscrizione.
Infine, in ordine ai creditori finanziari, il Tribunale osserva che, ancorché l’accordo con tale categoria prevedesse un termine entro il quale lo stesso avrebbe cessato di avere valore tra le parti (31.12.2023), la successiva modifica di tale pattuizione ha evitato l’inefficacia per mancato avveramento della condizione entro la data inizialmente prevista, dovendosi infatti ritenere che la variazione della condizione sospensiva del solo termine ultimo di avveramento non rappresenta una modifica sostanziale dell’accordo, trattandosi di un “intervento rispetto ad un atto negoziale già perfetto che ne posticipa solo l’efficacia”.
Di interesse appare la conclusione del Tribunale, che nell’individuare l’evento condizionante pattuito dalle parti nell’esito definitivamente favorevole del giudizio di omologazione, esclude qualsivoglia rilevanza al solo dato temporale: ciò in quanto il differimento del termine non incide sul contenuto della condizione sospensiva stessa (i.e. definitività del provvedimento di omologa), che rimane comunque inalterata indipendentemente dall’elemento temporale, che viene modificato in forza di una evoluzione necessitata del giudizio di omologazione, protrattasi oltre a quanto originariamente preventivato.
DURATA DELLE TRATTATIVE E PROROGA DELLA COMPOSIZIONE NEGOZIATA.
La sentenza esplora infine la durata delle trattative e la possibilità di proroga della composizione negoziata, in conformità con l’art. 23 com. 2 lett. b) C.C.I.I.
Nell’esaminare la questione il Tribunale, in adesione a quanto osservato dal commissario giudiziale, ritiene che nell’art. 23 com. 2 lett. b) C.C.I.I. siano previste due modalità differenti che consentono la prosecuzione delle trattative oltre il termine di 180 giorni: nella prima, che richiede il consenso di tutte le parti e dell’esperto, la proroga risulta essere nella disponibilità delle parti, mentre nella seconda, che prevede il ricorso dell’imprenditore al tribunale ai sensi degli artt. 19 e 22 C.C.I.I., la proroga è sottratta alla disponibilità delle parti, essendo una conseguenza ex lege che trova giustificazione dall’inserimento in uno strumento stragiudiziale, qual è la composizione negoziata, di una parentesi di natura giudiziale.
Data questa premessa, il Tribunale delinea la scansione temporale delle varie attività succedutesi, per individuare la validità della proroga e la scadenza ultima del termine dell’incarico dell’esperto. Il calcolo del primo termine di 180 giorni decorre dalla data di accettazione dell’incarico da parte dell’esperto nominato dal tribunale; successivamente la società ha chiesto e ottenuto dal tribunale la proroga delle misure protettive e l’autorizzazione a contrarre finanza prededucibile, nella pendenza del primo termine di 180 giorni.
Da tali circostanze il Tribunale ritiene che si sia verificata la proroga ex lege di cui all’art. 17, com. 7 C.C.I.I., con la legittima prosecuzione dell’incarico dell’esperto fino al deposito della relazione finale, avvenuto prima del decorso del termine massimo di 360 giorni.
Il Tribunale si sofferma anche sull’interpretazione da dare all’espressione “tutte le parti” utilizzata nell’ipotesi di richiesta di proroga su base volontaria e con il consenso dell’esperto, per ritenere che tale espressione non possa essere intesa come “tutti i creditori”. Per il Tribunale le parti la cui volontà di prorogare l’incarico e la procedura è necessaria sono solo i creditori effettivamente impegnati nelle trattative al momento della richiesta di proroga, essendo irrilevante il consenso sia di quelli con i quali è già stato raggiunto un accordo, sia di quelli che hanno già espresso la volontà di non aderire ad alcuna ipotesi di risoluzione negoziale della crisi.
L’espressione “tutte le parti” insomma deve essere correttamente riferita ai creditori con i quali le trattative sono ancora in corso, per i quali ha ancora rilevanza la prosecuzione dell’incarico e delle trattative, diversamente da quelli già accordati o che sono contrari, per i quali la prosecuzione risulta superflua e dai quali sarebbe illogico fa dipendere la proroga.
Da tali considerazioni il Tribunale perviene alla conclusione che la composizione negoziata sia validamente proseguita fino al deposito della relazione finale dell’esperto, e che quindi la maggioranza rilevante ai fini dell’estensione degli accordi sia quella del 60% prevista dall’art. 23 com. 2 lett. b) C.C.I.I., che nel caso di specie è stata raggiunta.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE.
Alla sentenza qui commentata, relativa ad una procedura di composizione negoziata caratterizzata da una notevole grado di complessità, va senz’altro riconosciuto il merito di aver fatto emergere alcuni “principi”, fatti propri dal Tribunale di Bologna, assai utili e preziosi ai fini dell’interpretazione delle norme, non sempre di immediata percezione, che il CCII dedica all’istituto della Composizione Negoziata.
Si è infatti visto come il controllo esercitato dal Tribunale in sede di omologazione degli accordi ad efficacia estesa sia cruciale per garantire la tutela dei creditori non aderenti e dei terzi. Ne discende pertanto l’indiscussa importanza di un’indagine sostanziale alla quale è chiamato da subito il Tribunale, volta a verificare la completezza, coerenza e ragionevolezza della relazione dell’attestatore, nonché la concreta attuabilità dell’accordo di ristrutturazione. Questo approccio interpretativo assicura che l’accordo sia idoneo a superare la crisi e a garantire il pagamento integrale dei creditori estranei, tutelandone così i diritti in assenza di una procedura che permetta loro un consenso informato.
La sentenza analizzata, inoltre, offre un’interpretazione chiara e dettagliata dei requisiti necessari per l’estensione degli effetti dell’accordo ai creditori non aderenti, come previsto dall’art. 61 CCII. A tal proposito il Tribunale ha evidenziato l’importanza della verifica della comunanza di posizione giuridica e di interesse economico tra i creditori, della natura non liquidatoria del piano di ristrutturazione e della completezza delle informazioni fornite ai creditori. Inoltre, il rispetto del principio di buona fede e l’assenza di trattamento peggiorativo rispetto all’alternativa liquidatoria sono stati ritenuti fondamentali ai fini della decisione di estendere gli effetti dell’accordo.
Il Tribunale di Bologna ha pure chiarito che le modifiche apportate al piano di ristrutturazione, riguardanti l’anticipazione della nuova finanza e il superamento del termine per l’omologa, non configurano modifiche sostanziali ai sensi dell’art. 58, comma 1, CCII. L’anticipazione della finanza esterna, infatti, migliora semplicemente la disponibilità di liquidità senza alterare il piano sottostante, mentre il differimento del termine per l’omologa non incide sul contenuto della condizione sospensiva, data dalla definitività di tale omologazione.
Infine, la sentenza chiarisce che la durata delle trattative e la possibilità di proroga della composizione negoziata, in conformità con l’art. 23 com. 2 lett. b) CCII, possono essere gestite sia attraverso il consenso delle parti coinvolte che mediante ricorso al Tribunale. Il Tribunale di Bologna ha confermato che la proroga può essere legittimamente estesa fino al termine massimo di 360 giorni e ha precisato che l’espressione “tutte le parti” si riferisce solo ai creditori ancora impegnati nelle trattative.
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