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«Ci sono cronache di vita in grado di regalare l'immortalità a quei comuni mortali, che per taluni sono stati essenza stessa di vita e amore.»

Non riesco a leggere, da madre, il lutto per la perdita di una figlia ancora piccolissima.
Non voglio immaginare, da madre, il vuoto che può lasciare nei figli la morte di un genitore. Se tornassi indietro non leggerei questo libro.

La narrazione è magistrale, come sempre, e nulla si può rimproverare all’autore, che reputo un artista del suo tempo, ma il racconto è troppo crudo e duro, anche per il lettore più distaccato.
Ci sono disgrazie alle quali non si riesce a credere, che non si vorrebbero leggere sui giornali, né – tanto meno – in un libro.

Carrère si trova, per caso, a trascorrere le proprie vacanze di Natale 2004 lì dove lo tsunami distrugge ogni cosa, intere famiglie, case, villaggi, logorando la felicità di chi credeva di avere tutto e forse un attimo prima della catastrofe lo aveva veramente.

Incontra una famiglia di connazionali che ha perso la propria bambina, risucchiata dall’onda mortale e che peregrina a lungo prima di poter ritrovare il corpo esanime e dare un ultimo, dignitoso, saluto alla vita che si è spezzata.
Al ritorno dalla vacanza, nel giro di pochi mesi, la cognata dell’autore muore di cancro. È giovane e ha tre figlie piccole.

La descrizione precisa e puntuale della malattia, così cruda e reale, fa male al cuore, all’anima, alla voglia di vivere in un mondo edulcorato, sperando che non ci tocchi mai troppo da vicino.
Una giovane madre che muore è un abisso in cui possono sprofondare delle piccolissime bambine, ancora impreparate alla vita senza quel morbido e caldo rifugio in cui ognuno ha bisogno di trovare riparo nel mezzo del temporale che imperversa nella propria vita: la mamma.

Le vite, spezzate e in qualche modo ricucite, degli altri. Qualcosa (qui, di catastrofico) che ti sfiora appena, ma che lascia un segno indelebile.

Il compito di uno scrittore, in questi casi, è proprio quello di rendere immortale e indimenticabile la vita di chi, pur nel suo breve passaggio, ha donato tanto di sé, cambiando per sempre il corso delle vite che con essa si sono incrociate. Figlie, madri, compagne, mogli.

È un libro stupendo, ma che può “reggere” solo il lettore che riesce a creare un distacco tra sé, le proprie emozioni e le storie che legge su una carta stampata chissà dove ma che sembra tatuarsi nell’anima, pagina dopo pagina.

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