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«Se si potesse descrivere una persona con una sola parola, Holden Caulfield sarebbe l'insofferenza.»

Holden Caulfield è la personificazione dell’insofferenza: verso la propria condizione; verso la propria età e i propri coetanei; verso la famiglia e le istituzioni; verso la società.

E’ giovane, ma, forse, soltanto nel titolo di questo suo stralcio di racconto autobiografico. Di sicuro, nell’aspetto, è un ragazzotto con i capelli bianchi sul lato destro della testa, quasi un avvertimento, per tutti gli altri, circa il disallineamento rispetto a tutti i coetanei. Una sorta di voglia, da ostentare, anche per legittimare una maggiore maturità, anche rispetto alla plasticità del dato anagrafico.

E’ insofferente, in primis verso la sua stessa famiglia. Difatti, è dal girovagare senza meta, in una notte newyorkese, per sottrarsi all’asfissiante tetto famigliare, che origina questo racconto breve. La perdita, tragica e  precoce, di uno dei fratelli rappresenta un dolore troppo tagliente da tacitare, nonché un ingombrante passato che si ripropone nel presente. Il fratello, l’altro, è un creativo, che ha disatteso le sue aspettative, snaturando le sue capacità narrative. I genitori sono una presenza severa e pretensiva. Specialmente il padre, avvocato, che come professione non sarebbe neppure tanto male, “se vanno in giro tutto il tempo a salvare persone innocenti”, ma, in realtà, accumulano soldi, giocano a golf, a bridge, comprano automobili, bevono martini e sono tronfi come fenomeni. 

E’ insofferente con la scuola, l’istituzione principale con cui è destinato, suo malgrado a interfacciarsi, in una serie interminabile di incomprensioni, che si traducono in espulsioni e allontanamenti. La scuola, come i docenti all’interno, è troppo irregimentata, nei suoi costumi e nei suoi meccanismi; stronca la creatività, l’andare oltre, anche fuori tema, che, spesso, rappresenta qualcosa di più interessante dell’ordinario. Al punto che anche il Professore Antolini, l’ultimo porto sicuro, in una nottata caotica e accelerata, si dissolve sotto il peso di una equivoca attenzione e di disattese aspettative. 

E’ insofferente verso il tempo e verso il suo, inesorabile, trascorrere. Dovrebbe essere circolare e non lineare; attardarsi in un momento felice o, meglio ancora, freezarlo, in eterno. Così come, è insofferente verso la morte e verso la sua imperscrutabilità, verso quella cesura col mondo dei vivi, che si ostinano a riproporre la ritualità della sepoltura. 

Se è vero che “Ciò che contraddistingue l’uomo immaturo è che vuole morire nobilmente per una causa, mentre ciò che contraddistingue l’uomo maturo è che vuole vivere umilmente per essa”, nella bailamme di spettacoli di varietà, drink, insolite compagnie, consumismo, alcolici e sigarette, frivole conoscenze, Holden trova la causa per cui vivere nella sorellina Phoebe, nel suo pianto sincero per una separazione annunciata e che sarà destinata a restare tale.

La storia del giovane Holden è il racconto di un tentativo, difettoso, di fuga, da una realtà troppo stretta e che si risolve, alla fine, nella descrizione delle persone, ciascuna a modo suo, più importanti nella sua vita. 

E quando si racconta di qualcuno, sale una irrefrenabile nostalgia. E la voglia di tornare a casa.  

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