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«Una storia vera, fatta di bugie.»

Il 9 gennaio 1993 Jean-Claude Romand ha ucciso la moglie, i figlioletti e i genitori, poi ha tentato di suicidarsi, ma senza troppo impegno.

Il libro di Carrère riporta l’efferato caso di cronaca giudiziaria francese, cercando di ricostruire con metodo gli eventi, l’ambiente (sociale e culturale) in cui il falso dottor Romand si muoveva e tutto quanto può essere considerato il mondo interno e parallelo, sviluppato solo nella mente criminale e bugiarda del protagonista.

Scevro da moralismi e parteggiamenti, questo libro riesce a portare il lettore ad analizzare il lato più oscuro dell’essere umano, di se stessi.
Nel caso Romand gli eventi si sono spinti alle estreme conseguenze, ma osservando l’escalation di avvenimenti si comprende come anche le peggiori nefandezze possano scaturire da una banalità, un accomodamento della vita. In fin dei conti, il piccolo Jean-Claude era stato educato a dire la verità, salvo dover mentire sulle piccolezze per non far intristire la madre. Nel corso della vita, tuttavia, Jean-Claude ha perso la misura e le sciocchezze quotidiane hanno contribuito, man mano, a creare una falsa identità che si muoveva in un falso mondo, tutto inventato, nocivo prima per sé e poi anche per gli altri, visto il triste epilogo.

Carrère ha il dono di narrare, descrivere, raccontare senza mai rallentare, ma nemmeno spingendo sull’acceleratore. Il ritmo è sostenibile, gradevole e il registro “giornalistico”, nel senso che pur senza scadere in banalità e leggerezza, resta facilmente apprezzabile da un vasto pubblico.

Volendo, infine, esprimere un parere personale mi sembra doveroso soffermarmi su quanto sia stata immonda l’azione criminale di Romand, prima, durante e dopo gli eventi più tragici. Questo genere di letture lascia che mi immedesimi (forse troppo) nella vicenda e mi trascina verso commenti e analisi quando meno obiettive possibili. È questione di empatia: quella sensazione che viene acuita quando su un qualsiasi motore di ricerca si riesce ancora a trovare il visino ormai sbiadito in vecchie fotografie di due bambini uccisi dal padre.

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