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Nota a Corte Cost., 11 marzo 2024, n. 40.

Massima redazionale

È costituzionalmente illegittimo, per violazione del principio di eguaglianza, l’art. 6, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 199, limitatamente alle parole «la guida in stato di ebbrezza costituente reato,» in quanto (disciplinando i requisiti per l’ammissione al corso per la promozione a finanziere mediante concorso) prevede tale ipotesi quale causa automatica di esclusione dall’arruolamento.

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La declaratoria di illegittimità costituzionale era pressoché scontata, infatti la guida in stato di ebbrezza costituente reato non opera, per l’accesso alle altre Forze di polizia diverse dal Corpo della Guardia di finanza, quale causa automatica di esclusione dal concorso, ma deve essere valutata dall’amministrazione caso per caso, quale elemento utile ad accertare il requisito dell’incensurabilità della condotta. Per effetto della sentenza viene meno il denunciato automatismo e ripristinata l’anzidetta discrezionalità valutativa, analogamente a quanto accade nella ipotesi addotte come tertia comparationis. Inoltre, quanto all’esigenza che la selezione per l’accesso alle Forze di polizia risponda a rigorosi requisiti soggettivi di qualità morali e di condotta, “non sussistono apprezzabili diversità tra la situazione di colui che aspira a far parte del Corpo della Guardia di finanza e quella di chi intende accedere alle altre Forze di polizia, con particolare riguardo alla Polizia di Stato e all’Arma dei carabinieri (ma analoghe considerazioni varrebbero anche per il Corpo di polizia penitenziaria).”

Una volta accertata la violazione dell’art 3 Cost. non è stato necessario ricorrere agli atri parametri costituzionali evocati.

Il punto di interesse della decisione, neppure consiste nella materia palesemente “di nicchia” e del tutto estranea alle tematiche di questa rivista. La sentenza si segnala per come essa supera i profili di inammissibilità, correttamente eccepiti dall’Avvocatura della Stato con considerazioni non prive di fondatezza. A fronte di una evidentissima disparità di trattamento, la Corte entra nel merito e  “viene in aiuto” al pur autorevole remittente Consiglio di Stato, che, in primo luogo, non indica espressamente il termine di raffronto, osservando come si possa ritenere che “il giudice a quo – a prescindere dall’imperfetta ricostruzione del testo previgente dell’art. 6, comma 1, lettera i), del d.lgs. n. 199 del 1995 ….assuma, almeno implicitamente, la norma di cui al citato art. 26 della legge n. 53 del 1989 a termine di raffronto rispetto al quale il legislatore avrebbe introdotto un più rigoroso trattamento speciale per l’accesso al Corpo della Guardia di finanza.”

In secondo luogo, a parere dell’Avvocatura,” il rimettente non avrebbe esposto le ragioni per le quali la disposizione censurata, in relazione al particolare trattamento sanzionatorio previsto dall’art. 186, comma 9-bis, cod. strada, finirebbe per contraddire la finalità rieducativa della pena garantita dall’art. 27, terzo comma, Cost.”. Ma, replica la Corte nel ritenere infondata l’eccezione: “Anche se con argomentazioni non sempre nitide, il giudice a quo afferma, in sostanza, che la disposizione censurata contrasta con il principio della finalità rieducativa della pena perché l’automatica esclusione dal concorso, senza alcuna possibilità per l’amministrazione di valutare diversamente la condotta del candidato sotto il profilo dell’incensurabilità, impedirebbe alla pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, applicata per quel reato, di esplicare in pieno la sua funzione rieducativa e risocializzante, depotenziandone gli effetti.

Una volta di più la lettura attenta delle eccezioni che la Presidenza del Consiglio propone può essere utile ad una esaustiva motivazione dell’ordinanza di remissione, attenuando il rischio di una declaratoria di inammissibilità, soprattutto allorché si prospettano dubbi di legittimità costituzionale manifestamente fondati.

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