Nota a ABF, Collegio di Roma, 24 maggio 2023, n. 5112.
L’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) si pronuncia in tema di ricorso, che ha ad oggetto l’illegittimità di una serie articolata di condotte dell’intermediario nella gestione di una pratica della società ricorrente per la cessione del credito di imposta su lavorazioni a valere sul c.d. Superbonus 110%; condotte riguardanti sia le modalità di svolgimento dell’istruttoria precontrattuale, sia l’esecuzione del susseguente contratto di cessione concluso con l’intermediario.
La ricorrente, dopo aver inizialmente optato per la cessione abbinata al finanziamento, presentando una prima domanda, è stata costretta dall’intermediario a ripresentare una seconda domanda senza giustificazioni a partire da agosto 2022. Questa modifica avrebbe comportato lo stralcio di lavori non inclusi nel primo SAL, causando gravi problemi di liquidità e impossibilità di pagare forniture, tributi, debiti finanziari e salari ai dipendenti.
Inoltre, la summenzionata contestava la scorrettezza del comportamento dell’intermediario anche nell’esecuzione del contratto di cessione perfezionatosi con l’accettazione della Seconda Domanda e lamentava, in particolare, che alla data di presentazione del ricorso l’intermediario non avesse ancora erogato il corrispettivo relativo alla cessione del credito fiscale derivante dal Primo SAL, nonostante che il credito fosse presente nel cassetto fiscale della Società sin dal mese di agosto.
A tal uopo, occorre rilevare che il Collegio di Coordinamento considera insussistente nel nostro ordinamento “un diritto del cliente alla concessione del credito, data l’indubbia autonomia decisionale da riconoscersi all’intermediario in ordine alla relativa erogazione sulla base di proprie valutazioni” (Collegio Coordinamento, decisione n. 6182/2013). Viene esclusa per tale via la configurabilità di un generale obbligo a contrarre in capo all’intermediario, che oltre a non potersi ricavare dai principi generali, finirebbe addirittura per porsi in contrasto con gli stessi, ledendo la libertà di iniziativa economica costituzionalmente garantita dall’art. 41 Cost. (cfr. Collegio Roma, decisione n. 2364/2015; Collegio Roma, decisione n. 4996/2016).
In questa prospettiva, l’intermediario gode della libertà di iniziativa economica nella concessione del credito in tutti suoi aspetti, nell’ambito di una sorta di diritto/dovere (essendo tenuto a improntare la propria attività a principi di sana e prudente gestione) di valutare nel modo più opportuno il merito di credito del cliente. Può dunque darsi per acquisito che l’ABF non può “sostituirsi all’intermediario nella valutazione della convenienza di un’operazione creditizia, in quanto demandata alla discrezionalità di quest’ultimo” (v. ancora il Collegio Coordinamento, decisione n. 6182/2013).
È nondimeno altrettanto pacifico che la discrezionalità tecnica degli intermediari in sede di concessione del credito “non può che svolgersi all’interno del perimetro segnato dai limiti di correttezza, buona fede e specifico grado di professionalità che l’ordinamento loro richiede, il che rende certamente sindacabile, limitatamente a tali profili, la condotta degli stessi nello svolgimento di tale attività” (così Collegio Roma, decisione n. 2625/2012, richiamata da Collegio Coordinamento nella decisione n. 6182/2013).
Atteso che i presupposti per configurare una siffatta responsabilità precontrattuale dell’intermediario in caso di mancata concessione del credito consistono nel ragionevole affidamento creato in capo al cliente e nel recesso dell’intermediario dalle trattative esercitato arbitrariamente o comunque senza un giustificato motivo (cfr. Collegio Roma, decisioni n. 10009/2019 e n. 22354/2019; Collegio Milano, decisione n. 18953/2020), occorre verificarne la sussistenza nella fattispecie sottoposta all’esame del Collegio tenendo conto delle sue peculiarità.
Si tratta perciò di stabilire, anzi tutto, se l’intermediario resistente abbia ingenerato nella Società un ragionevole affidamento di poter ottenere la cessione composta; e, in caso affermativo, se l’intermediario abbia in un secondo momento arbitrariamente imposto una cessione secca. Ebbene, non sembra ravvisabile una violazione dei doveri informativi e di trasparenza sullo stesso gravanti, posto che l’intermediario ha dichiarato di aver tempestivamente informato il ricorrente delle notizie negative emerse nell’istruttoria della pratica di finanziamento.
Ne deriva che nessuna culpa in contrahendo può essere imputata all’intermediario in ragione della mancata accettazione della Prima Domanda. Con riferimento al secondo presunto inadempimento dell’intermediario nell’esecuzione del contratto di cessione, concernente la mancata accettazione del credito relativo al Secondo SAL in ragione della presunta illegittimità del carattere “monofasico” della cessione stand alone, tale inadempimento non trova il benché minimo riscontro, né nella documentazione contrattuale, né nell’interlocuzione precontrattuale, trattandosi a ogni buon conto di questione riconducibile alla discrezionalità riconosciuta all’intermediario nella concessione del credito, insindacabile in questa sede.
Il comportamento dell’intermediario risulta, quindi, legittimo e rispondente ai principi di diligenza e correttezza nell’esecuzione del rapporto contrattuale. In definitiva, alla luce delle decisioni summenzionate, il Collegio respinge il ricorso, poiché dall’analisi delle comunicazioni in piattaforma, non si ravvisano comportamenti illegittimi dell’intermediario resistente, nella fase delle trattative, che possano portare all’accoglimento delle richieste di parte ricorrente.
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Info sull'autore
Nel 2021 ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l’Università di Napoli "Federico II", discutendo una tesi in Logica ed Informatica Giuridica, titolata “Cyber-terrorismo e criminalità informatica ”. Ha svolto la pratica forense presso uno Studio specializzato in diritto bancario, sviluppando particolare attitudine per il diritto bancario e d’impresa, nello specifico la normativa del Decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (TUB) e tutela del consumatore (Dlgs n. 206/2005).