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Nota a ACF, 5 settembre 2023, n. 6781.

di Antonio Zurlo

Studio Legale Greco Gigante & Partners

Nella specie, è circostanza incontroversa quella per cui le operazioni oggetto di contestazione fossero state eseguite mediante piattaforma online e nell’ambito della prestazione di servizi di investimento esecutivi, per cui era dovuta la sola valutazione di appropriatezza (che ha registrato nel caso in esame esito positivo). Più nello specifico, dalla prima profilatura, è dato ricavare che i cointestatari del rapporto dichiarassero un’esperienza in materia finanziaria acquisita mediante varie tipologie di investimenti posti in essere precedentemente, di tenersi aggiornati sull’andamento dei mercati finanziari e di avere una propensione agli investimenti in azioni, seppur per dimensioni contenute; dalle due successive profilature, emergeva che il ricorrente dichiarasse di aver conseguito diploma di laurea in materie economiche-giuridiche, di aver già investito in obbligazioni, titoli di stato, fondi comuni di investimento, azioni, prodotti finanziario-assicurativi, obbligazioni subordinate, obbligazioni strutturate, fondi chiusi, certificati, derivati, di aggiornarsi settimanalmente sull’andamento dei mercati finanziari e di operare abitualmente in autonomia; nella medesima occasione, egli dichiarava anche di avere un profilo di rischio bilanciato e di essere disposto ad accettare una media oscillazione del valore del capitale investito, con rendimento atteso e rischio di perdita significativi in un orizzonte di investimento di 60 mesi. Le informazioni contenute nei questionari, a giudizio del Collegio arbitrale, sono da ritenersi sostanzialmente coerenti con quanto emergente dall’analisi delle rendicontazioni del dossier titoli.

L’operatività dispiegata dall’odierno ricorrente, in ampio arco temporale, si è sostanziata in ripetuti e variegati acquisti e vendite, talvolta ravvicinati e con il realizzo in molti casi di profitti (ancorché modesti), che ha avuto a oggetto ETF anche non armonizzati, titoli obbligazionari, titoli di Stato e, a partire dal 2017, titoli azionari (europei e un titolo estero) di emittenti operanti in vari settori. Ancor più nello specifico, con particolare riguardo all’operatività su strumenti obbligazionari, già nel periodo tra il 2007 e il 2009, l’istante risultava aver effettuato diversi acquisti e vendite, tutti intraday, di titoli italiani ed esteri; dalla fine del 2011, si registravano investimenti su obbligazioni caratterizzate da rendimenti significativi che impegnano una discreta parte del capitale complessivamente investito. Dal luglio 2019 il portafoglio mostrava alcune vendite e contabilizzazioni di operazioni societarie, fino al trasferimento dei titoli detenuti, tra cui quelli derivanti dalla conversione delle obbligazioni contestate, su un altro dossier solo a lui intestato.

In definitiva, dalle informazioni emergenti dall’attività di profilatura condotta e dall’esame dell’operatività complessivamente dispiegata si evince il profilo di un investitore evoluto e con significativa attitudine ad operare in autonomia sui mercati finanziari, oltre che in grado di cogliere le specificità dei singoli strumenti finanziari oggetto d’investimento, il che induce questo Collegio a ritenere gli acquisti contestati appropriati al profilo del cliente.

Quanto all’adempimento degli obblighi informativi prescritti dalla normativa di settore, parte resistente ha fatto presente che la schermata dedicata all’inserimento ordini riportava le principali informazioni sul titolo oggetto dell’operazione, tra le quali i dati relativi ai volumi scambiati e all’andamento del titolo e l’indicazione del rating del titolo e dell’emittente, con ivi presente un link denominato “informativa titolo”, cliccando sul quale si veniva indirizzati ad una scheda informativa dettagliata. Non è dato evincere, tuttavia, se trattavasi di una funzionalità bloccante o meno, il che fa ritenere non esente da censure, sotto quest’unico profilo, l’operato del resistente, pur avendo egli prodotto il log relativo all’ordine per fornire evidenze in tal senso.

Con riguardo, poi, al contestato carattere complesso delle obbligazioni, deve osservarsi che esse, pur presentando un’opzione call (in favore dell’emittente) e un’opzione put (in favore dell’investitore), non possono dirsi presentare quel carattere di particolare complessità cui fa riferimento la Raccomandazione Consob del 22/12/2014, emanata nel rispetto degli orientamenti ESMA in materia. In tale documento, i titoli “a complessità molto elevata sono individuati (seppure a titolo esemplificativo e non esaustivo) in base alla ricorrenza di taluni specifici caratteri che non sembrano sussistere nel caso di specie; segnatamente:

  1. presenza di elementi opzionali (relativi ad uno o più fattori di rischio), condizioni e/o meccanismi di amplificazione dell’andamento del sottostante (effetto leva) nella formula di determinazione del pay-off del prodotto finanziario;
  2. limitata osservabilità del sottostante (ad esempio indici proprietari, portafogli di crediti cartolarizzati, asset non scambiati in mercati trasparenti) con conseguente difficoltà di valorizzazione dello strumento;
  • illiquidità (ad esempio strumento non negoziato su alcuna trading venue) o difficoltà di liquidabilità dell’investimento (ad esempio assenza di controparti istituzionali di mercato, alti costi di smobilizzo, barriere all’uscita).

Nel caso di specie, seppure le obbligazioni sono state emesse da un soggetto che si è successivamente trovato in situazione di crisi (al punto da chiedere l’ammissione al concordato preventivo), la componente opzionale riguarda il rimborso anticipato del titolo secondo importi predefiniti, in quanto tali non subordinati a condizioni non immediatamente prevedibili o comprensibili da parte dell’acquirente, né risulta che il titolo controverso fosse illiquido.

Peraltro, se è vero che l’esercizio dell’opzione da parte dell’emittente avrebbe potuto privare l’investitore del vantaggio dell’eventuale rialzo del prezzo del titolo e dei relativi flussi cedolari, è anche vero che ciò non avrebbe comportato un pregiudizio economico con riguardo al capitale investito, atteso che i titoli sono stati acquistati sotto la pari e sarebbero stati rimborsati al loro valore nominale.

In relazione, poi, all’adempimento degli obblighi informativi successivi all’investimento (c.d. obbligo di monitoraggio), è profilo che non assumere rilievo, alla luce dell’orientamento arbitrale ormai consolidato, nel senso che «non può ritenersi in via generale sussistente in capo all’intermediario, sulla base dell’articolo 21 TUF, un obbligo di monitoraggio continuo dell’andamento degli strumenti finanziari, che può derivare semmai da particolari caratteristiche del prodotto o discendere dalla tipologia di servizio di investimento prestato dall’intermediario (come nella gestione di portafogli e nella consulenza), laddove previsto dal contratto»[1].

In conclusione, pur ravvisandosi un operato complessivo dell’intermediario non esente da elementi di censurabilità, non può dirsi sussistente il necessario nesso di causalità rispetto al danno lamentato. L’operatività complessivamente dispiegata in un ampio arco temporale, il profilo di investitore evoluto emergente dalla documentazione in atti, la reiterata operatività posta in essere, in autonomia, sugli strumenti finanziari in lite, le modalità e la tempistica con cui essa è stata realizzata sono tutti elementi che, unitariamente considerati, danno il senso che si è trattato di operazioni d’investimento frutto di scelte autonome e consapevoli.

 

 

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[1] Cfr. ACF, 9 marzo 2023, n. 6393.

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