Nota a Trib. Bergamo, 19 luglio 2023, n. 1583.
La controversia all’esame del Tribunale di Bergamo ha ad oggetto la richiesta da parte degli attori alla condanna al risarcimento dei danni per inadempimento di una società venditrice di diamanti o, in subordine, a titolo extracontrattuale nei confronti di un istituto di credito in virtù dell’attività di promozione alla compravendita di diamanti da quest’ultimo effettuata, e derivante da un negozio giuridico qualificabile quale “mediazione atipica” e, dunque, come mandato intercorrente tra la Banca stessa e la società venditrice di diamanti. Il giudice di prima cure ha ritenuto qualificare il negozio come tale in quanto le obbligazioni negoziali assunte dall’istituto di credito di informare la propria clientela circa la possibilità di acquistar diamanti dalla venditrice, di mettere a disposizione materiale pubblicitario di tale venditrice e di contattare quest’ultima dopo aver segnalato il potenziale cliente e, infine, di rimettere a tale controparte negoziale le disposizioni di acquisto sottoscritte dall’acquirente medesimo, evocano la giurisprudenza di legittimità in materia di mediazione atipica e, così, di mandato, laddove richiama il “mandato a reperire possibili contraenti”[1] nonché il “mediatore” cui “sia affidato l’incarico unilaterale di attivarsi per la ricerca del partner commerciale” o in generale, del paciscente. Così qualificato il rapporto tra società venditrice dei diamanti e la Banca, il Tribunale precisa che a prescindere dalla validità o meno di tale negozio, considerata la rilevanza del solo atteggiarsi dell’istituto di credito nel rapporto con i clienti, la Banca stessa deve essere ritenuta, per la ragione più liquida, responsabile ai sensi dell’art. 1759 c.c. da cui ne discende la responsabilità del mediatore, nei confronti degli attori, disposizione che legittima questi ultimi alla tutela risarcitoria ex art. 1218 c.c., e così ricordando come, secondo la giurisprudenza più coerente con il rapporto di prossimità con il mediatore e con la natura professionale/imprenditoriale dell’attività di quest’ultimo, “se prima facie, la responsabilità del mediatore non mandatario appare agevole te di natura extracontrattuale, risulta preferibile, riguardando la stessa una figura professionale, applicare la più recente previsione giurisprudenziale di legittimità della responsabilità da contatto sociale”[2].
Per quanto attiene al titolo della responsabilità contrattuale il Tribunale evidenzia, anzitutto, che la vicenda descritta dagli attori non è suscettibile di dar luogo all’applicazione della disciplina di cui al Testo Unico Finanziario in materia di investimento finanziario, in quanto ciò che dovrebbe caratterizzare un investimento finanziario, con la conseguente applicazione delle norme del TUF, non può essere il mero fine soggettivo che l’investitore si propone, bensì è la natura dello strumento per il quale conferisce denaro o altre utilità, che deve essere intrinsecamente finanziaria ossia relativa al senato e ai titoli, vedendo prevalere la funzione di credito fruttifero su ogni altra. Ciò considerato, nel caso di specie, invece, non è configurato alcun credito fruttifero e neppure funzione di garanzia, ma una vera e propria vendita. Nondimeno, quanto esposto, non esclude nel caso di specie una responsabilità ai sensi dell’art. 1218 c.c. di parte convenuta, essendo state allegate una attività di mediazione della Banca e la responsabilità di quest’ultima ex art. 1759 c.c..
Da quanto assunto agli atti, se ne è desunto che la Banca avesse incautamente rappresentato agli attori informazioni sulle caratteristiche dell’investimento in diamanti, da un lato, assenti e non verificate dall’istituto di credito, nonché, dall’altro, presuntivamente dirimenti ex art. 1223 c.c. nel portare gli attori ad acquistare i diamanti, considerato come non solo non è stata neanche allegata una eccezionale propensione al rischio di tali clienti, ma anche come la spiegazione del funzionario sia stata indispensabile per superare l’iniziale ritrosia del padre degli attori per il proprio investimento, risultato antecedente e necessario per la fiducia in quelli successivi delle parti del giudizio.
In merito alla quantificazione dell’importo capitale dei danni patiti dagli attori e risarcibili, il Tribunale sostiene doversi considerare la differenza tra le prestazioni pecuniarie corrispondenti all’ammontare capitale del prezzo di acquisto dei diamanti e il valore di realizzo dei medesimi alla data odierna e inoltre, considerata la natura privata degli attori e la loro estraneità al mercato delle gemme, dirimente è l’osservazione che la proprietà delle stesse debba essere stimata riguardo alla effettiva possibilità di vendita di detti soggetti.
Per quanto attiene al perfezionamento dei danni risarcibili, si rileva non osti la circostanza che l’effettivo pagamento del prezzo dei diamanti sia stato seguito, tramite bonifico, dal conto corrente bancario del padre degli attori. Infatti secondo la giurisprudenza, l’intestazione del conto corrente bancario da luogo ad una sola presunzione semplice di spettanza del relativo saldo all’intestatario, e così la non contestazione della Banca convenuta e, anzi, l’espressa indicazione dell’istituto di credito della riferibilità di tali esborsi agli attori, smentisce la presunzione richiamata dalla citata giurisprudenza di legittimità. Il giudice di prima cure precisa, inoltre che, in senso opposto alle condanne risarcitorie nemmeno può rilevare l’alternativa ricostruzione della dinamica dei fatti, da parte della banca convenuta, laddove quest’ultima ha rilevato come l’intento di diversificare gli investimenti fosse già insito negli attori, considerato come tale circostanza non ha attitudine né a smentire, né ad inficiare la successiva responsabilità della Banca ex art. 1759 c.c., la quale, tramite il proprio funzionario, ha prospettato insussistenti e non verificate caratteristiche di tale tipologia di investimento. Nemmeno osta ai risarcimenti l’asserita natura potenziale dei danni subiti, attesa l’oscillazione in re ipsa del valore dei diamanti. Sicché a prescindere da come tale deduzione concorre a determinare l’an della responsabilità ex art. 1759 c.c. della banca, dandosi atto di una peculiarità dei diamanti ben contraria alla prospettata natura sicura e stabile dell’investimento negli stessi, in ogni caso, la variabilità dei valori cui avere riguardo per la stima del risarcimento è insita in ogni fattispecie in cui quest’ultimo si parametri ad un bene materiale diverso dal nudo denaro.
Da ultimo il Tribunale ha affermato che nemmeno può assumersi che i danni ritenuti risarcibili non si siano perfezionati, in quanto gli attori non sono pervenuti alla effettiva rivendita dei diamanti; di fatto, come da copiosa giurisprudenza in materia di responsabilità precontrattuale per l’occasione di affare perduta, non è necessario che sia stata completata una nuova operazione negoziale del genere di cui si lamenti il mancato perfezionamento per assumere l’interazione dei danni.
Sulla base di tali affermazioni il Tribunale di Bergamo ha accertato e dichiarato l’inadempimento ad opera della Banca convenuta alle obbligazioni originate dall’art. 1759 c.c. condannando la la stessa al risarcimento in favore degli attori.
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[1] Così, Cass., Sez. V, 11 novembre 2018, n. 29287.
[2] Così, ex multis, Cass., Sez III, n. 16382/2009.
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