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Cass. Civ., Sez. I, 14 febbraio 2023, n. 4613.

di Beatrice Capoccia

Studio Legale Greco Gigante & Partners
In tema di procedura paraconcorsuale dell’accordo di composizione delle crisi da sovraindebitamento di cui agli artt. 10-12 della Legge n. 3/2012, la Cassazione ritiene che, al fine dell’accertamento del requisito di ammissibilità che al creditore ipotecario «sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione», di cui all’art. 7, comma 1, secondo periodo, della legge n. 3 del 2012, il confronto tra quanto offerto al creditore ipotecario con la proposta d’accordo e quanto da lui «realizzabile in caso di liquidazione» deve essere svolto tenendo conto anche del valore dei diritti che, seppure alienati dal debitore, potrebbero ancora essere aggrediti dal creditore ipotecario per soddisfare il suo credito, il quale perderebbe invece tale potere in caso di omologazione dell’accordo.
 
Nel caso di specie il giudice delegato negava l’omologa della proposta, ravvisando un ostacolo insormontabile nella donazione alle figlie del ricorrente della nuda proprietà di un immobile ad uso abitativo, in quanto considerato atto posto in essere in frode ai creditori.
 
Tale provvedimento veniva confermato in sede di omologa, ove si rilevava, tra le altre cose, quale «ulteriore riflesso sulla esistenza dei presupposti di ammissibilità della domanda», che era stato proposto per il creditore ipotecario un trattamento deteriore rispetto a quello che avrebbe potuto ottenere in caso di liquidazione del patrimonio.
 
Avverso tale decreto il ricorrente proponeva ricorso per cassazione, la quale, nella sostanza, ha fatto proprie le motivazioni dei giudici di prime cure, dichiarando, dunque, infondato il ricorso.
 
In particolare, la Cassazione ha confermato la violazione dell’art. 7, comma 1, della legge n. 3 del 2012 (in forza del quale «È possibile prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possono non essere soddisfatti integralmente, allorché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto  riguardo  al  valore  di  mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione, come attestato dagli organismi di composizione della crisi»), secondo un parametro di meritevolezza “oggettiva” (ovvero il pregiudizio per il creditore ipotecario rispetto all’alternativa liquidatoria), prescindendo, dunque, in questa sede, dalla qualificazione della donazione, sul piano dell’elemento soggettivo, come atto diretto a frodare i creditori (valutazione, questa,
prevista dalla legge sul sovraindebitamento per la procedura riservata al consumatore, il cd. piano del consumatore).
 
All’eventuale omologazione dell’accordo, infatti, sarebbe conseguita di diritto l’esdebitazione del ricorrente, con conseguente impossibilità per i creditori ipotecari di «ulteriormente agire (in via esecutiva) nei confronti delle terze proprietarie», che non sono coobbligate e nemmeno debitrici del creditore ipotecario, sicché non può valere, nei loro confronti, la conservazione dei diritti verso i coobbligati disposta dall’art. 11, comma 3, della legge n. 3 del 2012.

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