Con sentenza n. 3/2023 la Corte di Appello di Lecce si è soffermata sulla non ammissibilità del concordato preventivo nell’ipotesi di sussistenza di atti di frode posti in essere dalla società nei confronti dei creditori.
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Una società chiedeva ex art. 161 l. fall. al Tribunale di Lecce di essere ammessa al concordato preventivo in continuità. A seguito di accoglimento della domanda da parte del Tribunale e del deposito della documentazione, la proposta concordataria era approvata da alcuni creditori, ma non dalla Agenzie delle Entrate e dall’Inps. Sentite le parti e il Procuratore della Repubblica, il Tribunale revocava il provvedimento di ammissione al concordato preventivo e dichiarava il fallimento della stessa, avendo ravvisato la configurabilità di atti di frode in alcune irregolari registrazioni contabili nei bilanci.
Avverso detto provvedimento, la società proponeva reclamo innanzi alla Corte di Appello di Lecce.
La Corte distrettuale ha preliminarmente rammentato che l’art. 173 l. fall., relativo alle ipotesi di revoca per atti di frode, è configurabile anche nelle fattispecie in cui le informazioni rese dal debitore ai creditori chiamati ad esprimersi sulla proposta concordataria abbiano una valenza anche solo potenzialmente decettiva. Inoltre, la disposizione trova applicazione anche nelle ipotesi di consapevole volontarietà della condotta del debitore. Gli atti di frode rappresentano una categoria aperta e sono verificabili dal commissario giudiziario. La disposizione mira a neutralizzare il valore decettivo delle omissioni, alterazioni e incompletezze delle informazioni fornite ai creditori con la proposta di concordato.
Applicati i principi al caso in esame, la Corte di Appello di Lecce ha accertato come la società non avesse chiarito ai creditori né nella proposta concordataria né in altra scrittura contabile né al commissario giudiziale la natura di alcune voci di costo straordinarie.
Il quadro contabile è stato quindi ritenuto opaco e potenzialmente distorsivo.
Anche le ulteriori operazioni relative a rilevanti e numerosi trasferimenti di asset aziendali eseguiti dalla società ad altri soggetti giuridici sono state ricondotte nell’alveo degli atti di frode. La radicale trasformazione aziendale non è stata portata a conoscenza dei creditori nella proposta di concordato, con impossibilità per gli stessi di esprimere un consenso consapevole.
Per tutte le ragioni esposte, la Corte di Appello di Lecce ha rigettato il reclamo e confermato il provvedimento del Tribunale.