Nota a Trib. Bari, Sez. IV, 29 luglio 2022.
Massima redazionale. Segnalazione a cura dell’Avv. Antonio Pinto (Studio Legale Omnia).
Con la recentissima sentenza in oggetto, il Tribunale di Bari, respingendo l’eccezione di carenza di legittimazione passiva della Banca convenuta, ha evidenziato come il D.L. n. 99/2017 (convertito con modificazioni con legge 31 luglio 2017, n. 121), con cui è stato disposto l’avvio della liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca S.p.A., per fronteggiare la gravissima crisi interessante ambedue gli Istituti di credito, non preveda, in nessuna disposizione, la sua applicazione anche ai rapporti giuridici facenti capo alle Banche partecipate dagli istituti di credito in l.c.a. (tra i quali figurava la Banca convenuta). Invero, gli artt. 1 e 2, comma 2, sono precisi nel restringere il campo applicativo della liquidazione e delle norme del decreto alle banche in liquidazione, ovverosia solo alle summenzionate Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca S.p.A.
Non può, del resto, ritenersi che l’intervenuto contratto di cessione di azienda abbia avuto l’effetto di trasferire singole attività o passività delle banche partecipate, che costituiscono persone giuridiche autonome, titolari di proprie situazioni giuridiche attive e passive, di cui possono disporre in esclusiva. In altri termini, le Banche in liquidazione non hanno alcun diritto sul patrimonio delle partecipate, essendo schermato dalla partecipazione, tanto più che, nel caso in esame, quest’ultima non era neppure totalitaria.
Ipotizzare un esonero da responsabilità per la commercializzazione delle azioni della allora Banca capogruppo, postulando una cessione del debito dalla partecipata alla controllante, senza il consenso del creditore equivarrebbe a frustrare il diritto di difesa della parte e si porrebbe in contrasto con gli artt. 24 e 47 Cost. (che, come noto, incoraggiano e tutelano il risparmio).
Ne consegue la legittimazione passiva della Banca convenuta.
Nel merito, l’Istituto non ha comprovato (né, tantomeno, allegato) la preventiva sottoscrizione del contratto-quadro per la prestazione dei servizi di investimento, mediante la produzione del relativo documento, sia pur monofirma. Ne discende la nullità degli ordini di acquisto dei titoli da parte della Società attrice e, consequenzialmente, l’insorgenza di un obbligo restitutorio, a carico della convenuta, del prezzo di acquisto versato dal cliente-investitore, previa restituzione da parte di quest’ultimo dei titoli azionari.
A tale riguardo, il giudice barese evidenzia, inoltre, come il prezzo di acquisto delle azioni de quibus non possa essere decurtato dell’ammontare di utili e/o dividendi riscossi, perché, nella specie, non documentati dalla stessa convenuta (che pure ha sollevato eccezione di compensazione).
Deve essere riconosciuto il diritto al risarcimento del danno allegato, in ordine al credito restitutorio; senza soluzione di continuità con quanto statuito dalla giurisprudenza di legittimità, «nel caso di ritardato adempimento di un’obbligazione di valuta, il maggior danno di cui all’art. 1224, secondo comma, c.c., può ritenersi esistente in via presuntiva in tutti i casi in cui, durante la mora, il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi sia stato superiore al saggio degli interessi legali; ove il creditore rivesta la qualità di imprenditore, è sufficiente dimostrare di avere, durante la mora del debitore, fatto ricorso al credito bancario (o ad altre forme di approvvigionamento di liquidità), sempre che il ricorso al credito, in relazione all’entità dello stesso ed alle dimensioni dell’impresa, sia stato effettiva conseguenza dell’inadempimento.»[1]. Nel caso di specie, in precipua considerazione dell’attività imprenditoriale svolta dalla Società e, al contempo, del documentato ricorso al credito, la domanda risarcitoria deve essere accolta.
[1] Cfr. Cass. Civ., Sez. VI, n. 22512/2021.
Seguici sui social:
Info sull'autore