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Nota a ABF, Collegio di Roma, 29 luglio 2020, n. 13142.

di Donato Giovenzana

 

La questione giuridica essenziale, oggetto del presente ricorso, attiene alla sussistenza o meno di un diritto del richiedente l’emissione di un assegno circolare di richiederne la revoca, anche prima che sia decorso il termine triennale di prescrizione previsto dall’art. 84 L. Ass., e senza dover restituire contestualmente l’originale del titolo da revocare.

L’intermediario, dal canto suo, nega che le somme, portate dagli assegni circolari non riscossi, possano essere restituite prima del decorso del termine di prescrizione, salvo restituzione dei titoli in originale o denuncia del loro smarrimento, sottrazione o distruzione.

Il Collegio, con riferimento all’assegno circolare, osserva che l’art. 84 L. Ass. prevede unicamente che l’azione del possessore del titolo contro l’emittente si prescrive nel termine di tre anni dall’emissione. Infine, poiché l’art. 82 L. Ass. stabilisce che la provvista dell’assegno circolare sia precostituita sin dal momento dell’emissione del titolo, e che l’assegno sia pagabile a vista, sembrerebbe implicito che detta provvista debba essere mantenuta per l’intero periodo di validità dell’assegno.

L’Abf capitolino richiama la giurisprudenza di legittimità che, pronunciandosi sulla prescrizione del diritto alla restituzione delle somme portate da assegni circolari non riscossi, ha in più occasioni affermato che detto termine decorre dal momento in cui il diritto alla restituzione può essere fatto valere, e cioè dallo spirare del termine triennale di prescrizione di cui all’art. 84 L. Ass. In particolare, rinvia all’ ordinanza n. 11387/2019, in cui la Suprema Corte ha ritenuto che, “A differenza di quanto previsto con riguardo all’assegno bancario, nel caso in cui un assegno circolare non sia stato effettivamente riscosso dal beneficiario, il diritto al rimborso della provvista da parte del richiedente l’emissione del titolo si prescrive nell’ordinario termine decennale, che decorre dal momento in cui esso può essere fatto valere, cioè dalla scadenza del termine di tre anni previsto dall’art. 84 del R.D. n. 1736 del 1933, entro cui si prescrive l’azione del beneficiario dell’assegno contro l’istituto bancario emittente”.

Inoltre, con riguardo alla controversia in esame, il Collegio ritiene opportuno precisare che, nel caso di specie, si configura un mandato in rem propriam, ossia un mandato conferito anche nell’interesse del mandatario: l’interesse di quest’ultimo è assicurato da un rapporto sinallagmatico (fra mandante e mandatario) con contenuto bilaterale, che lo sottrae all’unilaterale disposizione del mandante stesso (Corte d’Appello Lecce Sez. I, Sent., 06.02.2020). Pertanto, ai sensi dell’art. 1723, co. 2 c.c., il mandato in rem propriam non può essere revocato da parte del mandante, salvo che sia diversamente stabilito dalle parti ovvero ricorra una giusta causa di revoca, la quale può ritenersi verificata quando sia dimostrata, nella fattispecie concreta, l’avvenuta realizzazione o l’impossibilità di realizzazione dell’interesse del mandatario, in relazione al sottostante rapporto giuridico (Cass. civile sez. I, 01/02/1983, n.857).

Tanto premesso, il Collegio non ritiene che la domanda di restituzione delle somme portate dagli assegni circolari revocati sia meritevole di accoglimento.

 

 

Qui la decisione.