Nota a App. Lecce, Sez. I, 17 novembre 2025, n. 855.
Segnalazione a cura dell'Avv. Giuseppe Dell'Anna Misurale.
Massima redazionale
Nella specie, la Banca censurava la sentenza di primo grado laddove aveva rigettato l’eccezione di compensazione proposta sul presupposto che il credito della Curatela, dovendosi accertare nell’ambito del presente giudizio, non fosse né certo, né liquido al momento della dichiarazione di fallimento. In tal senso, l’appellante evidenziava come il giudice di prime cure accedeva a un’erronea interpretazione della disciplina in materia di compensazione, ritendo che, nel caso di specie, all’applicazione dell’art. 56 legge fall. fosse ostativa la circostanza che, ai sensi dell’art. 1243 c.c., la compensazione si verifichi solo tra due debiti ugualmente liquidi ed esigibili. In particolare, secondo la Banca, l’art. 1243 c.c. si riferirebbe alla non liquidità del credito opposto in compensazione e non di quello rispetto al quale l’eccezione è proposta, e, di conseguenza, non impedirebbe la compensazione nel caso di specie, atteso che la certezza e la liquidità del credito si fonderebbero sulla sentenza resa nel giudizio di opposizione allo stato passivo.
Per il Collegio territoriale leccese il motivo, sì come formulato, è fondato. Invero, la Corte d’Appello, preliminarmente, rileva che, secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, ai fini dell’operatività della speciale compensazione tra crediti del fallito e crediti verso il fallito, prevista dall’art. 56 legge fall. (vigente ratione temporis, ora confluito nell’art. 155 CCII) quello che conta è che il fatto genetico dei reciproci crediti sia avvenuto prima dell’apertura della procedura, mentre è irrilevante il momento in cui il debito del terzo verso il fallito divenga esigibile[1]. Al riguardo, si è, altresì, chiarito che ai fini della compensabilità delle opposte posizioni di debito/credito non rileva il momento in cui l’effetto compensativo si produce[2], essendo necessaria la sola anteriorità al fallimento del fatto genetico della situazione giuridica estintiva delle obbligazioni contrapposte.
Orbene, deve ritenersi che, nella fattispecie, la preesistenza del fatto genetico dei reciproci crediti rispetto alla dichiarazione di fallimento sia pacifica, posto che si tratta di poste di credito/debito reciproche scaturenti da vari rapporti di conto corrente sorti anteriormente alla stessa. Circa i requisiti di liquidità ed esigibilità, richiesti dall’art. 1243 c.c. per entrambe le obbligazioni, si evidenzia che secondo l’orientamento della Suprema Corte[3] gli stessi devono ricorrere al momento della pronuncia giudiziale. Ebbene, la Corte li reputa sussistenti nel caso di specie. Difatti, il debito del fallito verso la banca – oltre ad essere esigibile dal momento del fallimento in quanto, ai sensi del precedente art. 55 legge fall. e dell’art. 1186 c.c., i debiti del fallito si considerano scaduti alla data del fallimento – va ritenuto accertato dalla sentenza, passata in giudicato, che ha definito il giudizio di opposizione allo stato passivo; di converso, il debito dell’istituto di credito deve ritenersi certo, esigile e liquido nella misura di cui appresso in virtù della presente pronuncia. Occorre, inoltre, osservare che, a favore della compensabilità dei due crediti depone altresì l’orientamento della Suprema Corte[4], secondo cui, nel giudizio come nella specie promosso dal curatore per il recupero di un credito del fallito, il convenuto ben può eccepire in compensazione, in via riconvenzionale, l’esistenza di un proprio controcredito verso il Fallimento, atteso che tale eccezione è diretta esclusivamente a neutralizzare la domanda attrice ottenendone il rigetto totale o parziale, e in tale ipotesi non opera il rito speciale per l’accertamento del passivo, previsto dagli artt. 93 ss. legge fall.
Va, infine, ritenuto privo di rilievo l’argomento (speso dalla difesa della curatela) circa un possibile effetto paralizzante l’eccezione di compensazione da parte della banca, per essere intervenuto il “giudicato” a causa della definitività dello stato passivo. A sostegno della tesi, viene citato un precedente[5], secondo cui «qualora il creditore del fallito abbia insinuato il suo credito al passivo, senza dedurre la compensazione, e il controcredito del fallito abbia costituito oggetto di accertamento innanzi al giudice competente, sul primo credito si è formata una preclusione endofallimentare e sul secondo una preclusione da giudicato, con la conseguenza che il creditore del fallito non può far valere la compensazione successivamente, con ricorso al giudice delegato, al di fuori del procedimento per l’insinuazione dei crediti al passivo». Orbene, il riferimento va considerato inconferente, atteso che, nel caso di cui si è occupata la prefata pronuncia, su entrambi i crediti che si sarebbero voluti opporre in compensazione si era formato il giudicato. Non è questo il caso di specie in cui, al contrario, il credito della curatela è ancora sub judice ed è in questo giudizio che la banca propone eccezione di compensazione. Pertanto, va accolta l’eccezione di compensazione sollevata dal convenuto e vanno dichiarati compensati i reciproci crediti tra le parti.
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[1] In tal senso, Cass. n. 3280/2008; Cass. n. 21784/2015; Cass. n. 42008/2021, che a loro volta si rifanno alle Cass., SS.UU., n. 775/1999.
[2] Cfr. Cass. n. 1047/2021.
[3] Cfr. Cass. n. 3280/2008.
[4] Cfr. Cass. n. 13345/2024.
[5] Cfr. Cass. n. 4097/2007.
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