5 min read

Commento alla recente sentenza del Tribunale di Verona, n. 33576 del 16/09/2025 – Est. D’Amore

*****

Con la recentissima sentenza n. 33576 pubblicata in data 16/09/2025, il Tribunale di Verona ha accertato la responsabilità della Banca che – pur non essendo direttamente parte del contratto di compravendita di diamanti da investimento – aveva svolto un ruolo determinante nella loro commercializzazione, per aver diffuso informazioni ingannevoli sulla natura, sulla redditività e sulla sicurezza del prodotto, omettendo di informare adeguatamente il Cliente circa gli effettivi rischi dell’investimento.

 

1. Il caso.

Con atto di citazione notificato nell’anno 2021, gli attori avevano convenuto in giudizio la loro Banca per sentirne accertare e dichiarare la responsabilità in relazione agli acquisti di diamanti effettuati da una Società terza e conseguentemente, sentirla condannare al risarcimento dei danni patiti a fronte dell’operazione di investimento. A fondamento della propria domanda, gli attori avevano dedotto che la Banca convenuta aveva insistentemente proposto loro l’acquisto di diamanti da investimento, fornendo informazioni ingannevoli in merito alle caratteristiche dell’investimento, al valore dei diamanti e alla convenienza economica dell’acquisto. Ed in particolare, che la Banca aveva fornito loro una serie di informazioni devianti, tra cui, «non esiste investimento più sicuro e vantaggioso dei diamanti», e «si tratta di un’operazione redditizia e priva di rischi»; ed ancora, che il diamante è «il bene rifugio per eccellenza», non sottoposto a influenze politico – valutarie, la cui quotazione era destinata ad aumentare a causa della riduzione della produzione; ed infine, che i diamanti della società in questione appartenevano alla fascia più elevata della classificazione internazionale.

La Banca, nel costituirsi in giudizio, aveva eccepito in via preliminare la carenza di legittimazione passiva per non esser stata parte del contratto di vendita dei diamanti nonché, l’improcedibilità della domanda di risarcimento atteso che, i diamanti si trovavano ancora nella disponibilità degli attori.

Nel merito invece, contestava di non aver svolto alcuna attività promozionale o di sollecitazione all’investimento, essendosi piuttosto limitata a segnalare al Cliente la possibilità di acquistare i diamanti dalla società terza, mettendo a disposizione nei propri locali il materiale divulgativo.

Veniva infatti specificatamente contestato che gli attori avevano proceduto autonomamente all’acquisto dei diamanti e che alcuna pratica scorretta poteva imputarsi alla Banca per l’operazione finanziaria.

Durante la fase istruttoria tuttavia, i funzionari della Banca convenuta avevano confermato i fatti dedotti da parte attrice avvalorando che, ai Clienti – tra i tanti investimenti – era solito proporsi proprio quello dei diamanti, rappresentati come «bene rifugio» per eccellenza, dichiarando altresì che la filiale rilasciava ai suoi Clienti una brochure informativa, nella quale informava della possibilità di monitorare il valore dei diamanti direttamente dal sito del quotidiano “Il sole 24 Ore”.

Tutte informazioni poi rivelatisi inesatte e fuorvianti, come dimostrato anche dall’espletata CTU dalle cui risultanze era emersa la rilevante differenza tra il prezzo pagato dagli attori per l’acquisto dei diamanti e il valore commerciale delle pietre ed il valore di realizzo, nettamente inferiore.

 

2. Gli obblighi di informazione e protezione della Banca.

Com’è noto, il Cliente ripone nella propria Banca un legittimo affidamento che trova corrispondenza nell’obbligo di informazione e protezione che grava sull’Istituto di credito che, pertanto, è tenuto a segnalare ogni tipologia e rischio di investimento, non potendosi limitare ad una mera attività promozionale. Ed invero, come affermato dalla Corte di Cassazione, il banchiere è tenuto ad un elevato livello di diligenza professionale con riferimento a tutte le attività poste in essere nell’esercizio dell’impresa bancaria (S.U. 14712/2017), con conseguente possibile profilo di responsabilità per tutte quelle condotte, anche non strettamente correlabili all’esercizio del credito in senso proprio, che si ricollegano all’attività imprenditoriale, svolta anche nel “segnalare” nei propri locali delle forme di investimento alternative proposte da altri operatori. Ne consegue che, la Banca ha una responsabilità di tipo contrattuale (derivante dal rapporto in essere con il Cliente), per la violazione degli obblighi di correttezza e buona fede, derivanti dal rapporto di fiducia che i Clienti ripongono nella Banca (Cfr. Tribunale di Milano, Sent. 8.06.2021, Tribunale di Genova, Sent. 29.03.2021) e/o dagli obblighi di informazione e comunicazione che questa assume quale mediatore qualificato ex art. 1759 c.c.

Nel caso di specie, trattandosi di diamanti, gli obblighi di protezione avrebbero dovuto indurre la Banca a vagliare attentamente la serietà della proposta di investimento oggetto della Convenzione stipulata tra quest’ultima e la società venditrice, ed informare adeguatamente il Cliente della tipologia di investimento proposta e delle caratteristiche dei diamanti acquistati. Va infatti osservato che ove correttamente informati del valore delle pietre e della scarsa possibilità della loro liquidabilità, gli attori non avrebbero proceduto all’acquisto dei diamanti come forme di investimento, non ravvisando alcuna convenienza economica nell’operazione tanto più che, in Italia, la vendita dei diamanti da parte di un privato è di difficile attuazione.

A ciò si aggiunga che la Banca, dalla sottoscrizione dei contratti di investimento, ha avuto un ritorno economico derivante dalla convenzione in essere con la società venditrice, per l’attività di promozione svoltasi all’interno dei locali della filiale. A tal proposito, il Giudice nel motivare la propria decisione, ha richiamato espressamente la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo cui “l’obbligo di diligenza richiede che il soggetto che consegue comunque un vantaggio, come il titolare del punto commerciale ove sono effettuate le vendite e vengono sottoscritti i contratti di finanziamento, si attivi concretamente e ponga in essere tutte le misure idonee per comprendere appieno le modalità e il contenuto delle operazioni proposte ai consumatori” (Consiglio di Stato, sez. IV, Sent. 38/2016).

Sulla questione, in ogni caso, era già intervenuta l’AGCOM che, nel rilevare la sussistenza di pratiche scorrette, aveva affermato che il materiale illustrativo diffuso attraverso il canale bancario, nonché attraverso le quotazioni su Il Sole 24 Ore, integra la violazione degli artt. 20 e 21 comma 1 e 23 del Codice del Consumo, allorquando la condotta contraria alla diligenza professionale del bancario, induce in errore il Cliente – Consumatore relativamente al prezzo di vendita, all’andamento di mercato, alla competitività del prodotto con l’inflazione di altri investimenti, ed infine, alla rapidità e alla certezza del disinvestimento (cfr. Adunanza del 20.09.2017).

 

3. Conclusione.

In virtù dei fatti di causa, benché la Banca convenuta non fosse il soggetto offerente dei diamanti, il Giudice ha condannato l’Istituto di credito a risarcire gli attori del danno subito, quantificato nella differenza tra il prezzo di acquisto dei diamanti e la limitata utilità effettivamente conseguita, per aver diffuso informazioni decettive che hanno agevolato la conclusione del contratto poi rivelatosi pregiudizievole.

www.lexant.it

Seguici sui social: