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Nota a Trib. Oristano, 19 novembre 2024.

Segnalazione a cura dell'Avv. Maria Dina Tore.

di Veronica Valeria Loi

Avvocato

Con la sentenza del 19/11/2024 il Tribunale di Oristano, in composizione collegiale, ha rigettato la domanda principale di omologa del concordato minore liquidatorio, con conseguente revoca delle misure protettive accordate, ma, vista la domanda subordinata, ha dichiarato aperta la procedura di liquidazione controllata del patrimonio del debitore ricorrente.

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Il caso.

Nel dettaglio, con ricorso depositato presso il Tribunale di Oristano, un imprenditore minore sovraindebitato chiedeva l’ammissione alla procedura di concordato minore liquidatorio e, in via subordinata, l’apertura della liquidazione controllata del suo patrimonio.

Il Giudice delegato, letto il ricorso, aveva dichiarato ammissibile la proposta di concordato posto che:

– “il ricorrente non riveste la qualifica di consumatore, nella accezione di cui all’art. 2, c. 1, lett. e), CCII, dal momento che le obbligazioni inadempiute si riferiscono allo svolgimento di attività professionale/imprenditoriale”;

– “il ricorrente non presenta i requisiti soggettivi e oggettivi per la sottoposizione a liquidazione giudiziale, e che non è stato esdebitato nei cinque anni precedenti la domanda, né ha già beneficiato dell’esdebitazione per due volte”;

“non consta il compimento di atti in frode nel quinquennio precedente il deposito della domanda”.

Dichiarata aperta la procedura, è stato assegnato ai creditori il termine di trenta giorni entro il quale fare pervenire all’OCC la dichiarazione di adesione o di mancata adesione alla proposta di concordato e le eventuali contestazioni. 

È bene ricordare che, ai sensi dell’art. 79 CCII[1] «il concordato minore è approvato dai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto», percentuale che, come relazionato tempestivamente dal gestore al Giudice delegato, nel caso de quo, non è stata raggiunta.

Il Tribunale ha altresì rilevato che non risulta soddisfatta neanche la preliminare condizione di cui all’art. 74, comma 2. Infatti, “la proposta di concordato” in esame era “qualificata come liquidatoria”, ed è noto che, a norma del comma 2 della citata norma, il concordato minore liquidatoriopuò essere proposto esclusivamente quando è previsto l’apporto di risorse esterne che incrementino in misura apprezzabile l’attivo disponibile al momento della presentazione della domanda.

Nella fattispecie in parola “l’apporto di finanza esterna” era “reso possibile mediante la messa a disposizione di € 5.000 da parte di un familiare dietro la cessione della moto del valore di mercato di € 4.500.

La dazione della predetta somma di denaro da parte del congiunto del debitore “equivale quindi al corrispettivo della liquidazione della moto già di proprietà del debitore”.

Il suddetto apporto potrebbe (…) definirsi “esterno” solo in relazione all’eccedenza incassata rispetto al valore di mercato del bene, somma che non aumenterebbe di in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori come previsto dalla norma”.

Di conseguenza, visto l’art. 80, quinto comma, CCII[2], la domanda di omologazione del concordato minore è stata rigettata e sono state revocato le misure protettive precedentemente accordate.

Il Tribunale ha rilevato, però, “che in subordine, è stata chiesta la liquidazione controllata ex artt. 268-271 CCII”; e “che il soggetto ricorrente versa in stato di sovraindebitamento, inteso nella fattispecie come lo stato di crisi o di insolvenza dell’impresa minore ex art. 2, c. 1, lett. d), CCII”.

È stata quindi appurata la sussistenza dei “presupposti di cui all’art. 2, c. 1, lett. c), CCII, in quanto l’istante non risulta assoggettabile a liquidazione giudiziale ovvero ad altra procedura di regolazione della crisi o dell’insolvenza, avendo un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila negli ultimi tre esercizi, avendo generato, nei medesimi esercizi, ricavi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila ed avendo un ammontare di debiti inferiore ad euro cinquecentomila”.

Pertanto, “rilevato che al ricorso è stata allegata la documentazione depositata oltre che compiutamente illustrata la situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società come previsto dall’art. 269, c. 2, CCII” e considerato “che l’apertura della liquidazione controllata comporta in capo al debitore, in analogia con quanto previsto per la liquidazione giudiziale, lo spossessamento dei beni, ovvero la perdita del potere di amministrare e disporre del patrimonio liquidabile, che viene attribuito al liquidatore”, visti gli artt. 40 ss. e 268 ss. CCII, è stata dichiarata aperta la procedura di liquidazione controllata del patrimonio del debitore in qualità di legale rappresentante della ditta ed è stato nominato Liquidatore il già Gestore della Crisi.

Infine,in considerazione della composizione del nucleo famigliare del ricorrente e delle spese necessarie al mantenimento”, il Tribunale ha disposto che sia “lasciata nella disponibilità del ricorrente, ai sensi dell’art. 268, c. 4, lett. b)[3], la somma mensile di euro € 1.572,00, per il mantenimento suo e della sua famiglia, mentre i redditi ulteriori, oltre ad eventuali beni sopravvenuti, dovranno essere posti a disposizione dei creditori, fatta salva ogni eventuale successiva determinazione del giudice delegato.

 

 

 

 

 

 

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[1] A norma dell’Art. 79 CCII, rubricato “«Maggioranza per l’approvazione del concordato minore» prevede: «1. Il concordato minore è approvato dai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Quando un unico creditore è titolare di crediti in misura superiore alla maggioranza dei crediti ammessi al voto, il concordato minore è approvato se, oltre alla maggioranza di cui al periodo precedente, ha riportato la maggioranza per teste dei voti espressi dai creditori ammessi al voto. Quando sono previste diverse classi di creditori, il concordato minore è approvato se la maggioranza dei crediti ammessi al voto è raggiunta anche nel maggior numero di classi. I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, dei quali la proposta prevede l’integrale pagamento, non sono computati ai fini del raggiungimento della maggioranza e non hanno diritto di esprimersi sulla proposta, salvo che non rinuncino in tutto o in parte al diritto di prelazione. I creditori soddisfatti parzialmente ai sensi dell’articolo 74, comma 3, sono equiparati ai chirografari per la parte residua del credito. 2. Non sono ammessi al voto e non sono computati ai fini del raggiungimento delle maggioranze il coniuge, la parte dell’unione civile e il convivente di fatto del debitore di cui alla legge 20 maggio 2016, n. 76, i parenti e gli affini del debitore fino al quarto grado, la società che controlla la società debitrice, le società da questa controllate e quelle sottoposte a comune controllo, nonché’ i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno prima della domanda. Sono inoltre esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze i creditori in conflitto d’interessi. 3. In mancanza di comunicazione all’OCC nel termine assegnato, si intende che i creditori abbiano prestato consenso alla proposta nei termini in cui è stata loro trasmessa.4. Salvo patto contrario, il concordato minore della società produce i suoi effetti anche per i soci illimitatamente responsabili. 5. Il concordato minore non pregiudica i diritti dei creditori nei confronti dei coobbligati, fideiussori del debitore e obbligati in via di regresso, salvo che sia diversamente previsto».

[2] Secondo l’art. 80 CCII, comma 5: «Il giudice, se rigetta la domanda di omologa, dichiara con decreto motivato l’inefficacia delle misure protettive accordate e, su istanza del debitore, dichiara aperta la procedura di liquidazione controllata ai sensi degli articoli 268 e seguenti».

[3] Ai sensi dell’art. 268, comma 4, CCII «Non sono compresi nella liquidazione: a) i crediti impignorabili ai sensi dell’articolo 545 del codice di procedura civile; b) i crediti aventi carattere alimentare e di mantenimento, gli stipendi, le pensioni, i salari e ciò che il debitore guadagna con la sua attività nei limiti, indicati dal giudice, di quanto occorre al mantenimento suo e della sua famiglia; c) i frutti derivanti dall’usufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo quanto disposto dall’articolo 170 del codice civile; d) le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge».

Si ricorda, inoltre, che il comma 5 della norma in parola dispone che «Il deposito della domanda sospende, ai soli effetti del concorso, il corso degli interessi convenzionali o legali fino alla chiusura della liquidazione, a meno che i crediti non siano garantiti da ipotecapegno o privilegio e salvo quanto previsto dagli articoli 27492788 e 2855, secondo e terzo comma, del codice civile».

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