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«Un'esistenza ovattata, dal silenzio assordante dell'assenza di chi riempiva tutte le giornate.»

Seymour Tecumseh Baumgartner vive in quell’infinito presente di indefinito stordimento, nel quale, suo malgrado, si è trovato catapultato con la morte, inaspettata e tranciante, di sua moglie Anna, dopo una vita assieme, di reciproche intese e concessioni, di un amore ideale, di un equilibrio di coppia, mai sfociato in una progenie.

Si ritrova a vivere un’esistenza ovattata dall’assenza di chi riempiva le sue giornate, ne cadenzava tempi e ritmi e che, ora, per un destino cinico, non c’è più. Il suo è un presente di frammenti passati, di ricordi, di abitudini che si attardano, pur non avendo più motivo di reiterarsi, di reviviscenze di suoni, gesti, immagini, percorsi. Ha cura di quel passato, perché è l’unica certezza che può riempirgli un presente vuoto e silenzioso; come la sua casa quando inserisce la chiave nella toppa; come le mattine, quando si sveglia, senza il ticchettio della macchina da scrivere di sua moglie, alla buonora a lavoro.

La vita, in fondo, è un po’ come guidare un’automobile, nella perspicace filosofia di S. T. Baumgartner: è tutta questione di non sbagliare svolte, evitare le buche, non correre troppo, non provocare collissioni, anche mortali. Un carosello di auto, di scelte, di incroci, di decisioni.

E per non inciampare sempre nella malinconia sarà soccorso dall’amata Moglie, dapprima in una apparizione onirica, e, in seguito, come musa ispiratrice di una giovane donna, studiosa, indipendente, cocciuta e tenace; quasi la figlia che non hanno mai avuto; il presente, che avrebbe potuto esserci e non c’è stato, tornato per sollevarlo dall’amato passato.

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