Nota a Trib. Roma, 10 novembre 2021,Trib. Roma, 29 settembre 2021, Trib. Milano, 10 febbraio 2022, Trib. Milano, 7 giugno 2022.
Nella presente nota a sentenza si analizzerà brevemente la recente giurisprudenza che ha segnato un indirizzo innovativo circa l’esclusione del credito al consumo dalla sfera di operatività della mediazione obbligatoria.
Ai sensi dell’art. 5 comma I bis del D.lgs 28/2010[1], la mediazione è obbligatoria quando la controversia tra due o più parti ha ad oggetto:
- diritti reali (proprietà, usufrutto, usucapione, compravendite immobiliari ecc.)
- divisione e successioni ereditarie
- patti di famiglia
- locazione e comodato
- affitto di aziende
- risarcimento danni da responsabilità medica e sanitaria
- diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità
- contratti assicurativi, bancari e finanziari
- condominio
In tutti questi casi il tentativo di risolvere la controversia con la procedura di mediazione è obbligatorio in quanto è condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
Su questo elenco “tassativo” pertanto nulla quaestio.
Al contrario, negli ultimi anni si è andato affermando un nuovo orientamento giurisprudenziale che nel dettaglio, sostiene che i contratti rientranti nel genus del credito al consumo, come inquadrato dalla normativa di settore, non sono soggetti alla mediazione obbligatoria.
Il credito al consumo è un contratto in base al quale si concede un credito sotto forma di dilazione di pagamento (concesso dai venditori di beni), di finanziamento (accordato dalle banche) o di altra analoga facilitazione finanziaria, ad una persona fisica (consumatore) che opera per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta (acquisto di un bene o di un servizio ma anche generiche esigenze di liquidità).
Il credito al consumo comprende vari tipi di finanziamento.
Costituiscono esempi di credito al consumo:
- i prestiti personali, cioè forme di finanziamento che possono o meno essere finalizzate ad uno specifico scopo (si va dai prestiti per gli studenti, a quelli per la cui richiesta non deve essere data alcuna giustificazione), con versamento dell’importo finanziato direttamente al richiedente e per le quali vi è una scadenza fissa e un numero prestabilito di rate;
- i prestiti finalizzati, cioè i finanziamenti collegati ad un contratto di acquisto di un bene di consumo (auto, mobili, ecc…) o di un servizio (viaggio, ecc…). In questo caso il finanziatore paga direttamente al venditore, con il quale, di solito, ha una convenzione;
- le aperture di credito rotativo (revolving), spesso appoggiate ad una carta magnetica tramite le quali si ottiene una possibilità di credito che può variare dietro richiesta del consumatore;
- le operazioni di cessione del quinto dello stipendio. Si tratta di prestiti personali riservati ai dipendenti (pubblici e privati) con delega di pagamento di una quota dello stipendio di un quinto. Essi normalmente prevedono che il consumatore deleghi il proprio datore di lavoro a trattenere dallo stipendio l’importo corrispondente alla rata del prestito che la banca (o la finanziaria) ha concesso. Le rate vengono quindi pagate direttamente dal datore di lavoro, con trattenuta sulla busta paga.
Sul punto sono ormai molti i provvedimenti che escludono il credito al consumo dalla disciplina della mediazione obbligatoria, ciò sulla base di una motivazione sintetica ma efficace.
La motivazione di tale assunto, trova ragion d’essere nel fatto che il credito al consumo, seppur regolato all’interno del Testo Unico Bancario (D.lgs. 385/1993), è una materia autonoma del diritto che si distingue in modo netto dai contratti “bancari e finanziari” cui fa cenno l’art. 5 del D.lgs. 28/2010.
Recentemente si sono espressi in materia sia il Tribunale di Milano che il Tribunale di Roma come di seguito (si riporta pedissequamente quanto sancito dai giudicanti):
- “Parimenti infondata è l’eccezione di improcedibilità della domanda per non essere stata preceduta dall’esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione, considerato come il D.L.vo 28/2010 abbia previsto tale condizione con riferimento alle controversie rientranti in alcune materie tassativamente indicate, fra le quali non è riconducibile la causa in esame, vertente su un rapporto di finanziamento al consumo. In particolare va ricordato come i contratti di finanziamento non siano riconducibili alle controversie finanziarie, per le quali, invece, è prevista la condizione di procedibilità in esame, considerato come queste ultime riguardino solo il contenzioso intercorrente con intermediari finanziari in relazione a operazioni negoziali che trovano la loro disciplina nel Testo Unico Finanziario (D.L.vo 58/1998)” (cfr. Tribunale di Milano, 10.02.2022);
- “Rileva come la controversia, vertendo su un finanziamento al consumo, non ricada nelle materie per le quale è prevista la condizione di procedibilità della mediazione obbligatoria” (cfr. Tribunale di Milano, ord. 7.06.2022);
- “la materia dei contratti di finanziamento non rientra tra quelle soggette alla mediazione obbligatoria ex art. 5 d.lgs. n. 28/10”; (cfr. Tribunale di Roma, ord. 10.11.2021);
- “la materia dei contratti di finanziamento non rientra tra quelle per le quali è prevista la mediazione obbligatoria” (cfr. Tribunale di Roma, ord. 29.09.2021);
In argomento[2], è il caso di precisare che i contratti di prestito al consumo seppur rientranti nel genus dei rapporti creditizi non devono essere confusi con i contratti “finanziari” disciplinati Testo Unico della Finanza (D.lgs. 58/1998), che riguardano i servizi di investimento.
Allo stesso modo è innegabile che il credito al consumo, seppur prossimo ai contratti bancari, vive di una disciplina del tutto peculiare rispetto al diritto bancario tradizionale, in quanto permeato sulla tutela del consumatore imposta dal diritto comunitario.
Posta la vicenda in tale contesto, pare che la linea dettata dalla giurisprudenza sopra richiamata sia meritevole di accoglimento poiché, correttamente, distingue in maniera netta i contratti finanziari e bancari da quelli di finanziamento e, di conseguenza, separa la disciplina degli uni dagli altri.
Ulteriormente in questa direzione, per valorizzare ulteriormente questa tesi, non sembra azzardato ricordare che la nostra giurisprudenza ha già escluso da tempo l’applicabilità della mediazione obbligatoria ai contratti leasing, affermando che la locazione finanziaria non è soggetta a tale istituto poiché il leasing è un contratto autonomo ed estraneo alla categoria dei contratti “bancari e finanziari”[3].
L’indirizzo di cui si tratta, inaugura un nuovo panorama giurisprudenziale in cui il credito al consumo acquisisce maggiore autonomia anche sotto il profilo processuale e, così, viene valorizzato come una branca del diritto che necessita di una regolazione specifica anche in sede giudiziale.
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[1] “Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dallacircolazione di veicoli e natanti, da responsabilita’ medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo dipubblicita’, contratti assicurativi, bancari e finanziari, e’ tenutopreliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi delpresente decreto” (cfr. art. 5 D.lgs 28/2010).
[2] Si veda https://iusletter.com/dalla-redazione/processo-esecuzione-mediazione/mediazione-bancaria/il-credito-al-consumo-non-e-soggetto-alla-mediazione-obbligatoria/; link dal quale è stato estratto il testo.
[3] Sul punto, si richiamano le note ordinanze dalla Suprema Corte: i) “In questa cornice normativa, come accenna anche il pubblico ministero nella sua requisitoria scritta, non è possibile estendere l’area della condizione di procedibilità alla diversa ipotesi di leasing immobiliare anche se, nelle varie forme, allo stesso sono coessenziali finalità di finanziamento specificatamente funzionali, però, all’acquisto ovvero all’utilizzazione di quello specifico bene coinvolto” (cfr. Cass., ord., 12.06.2018, n. 15200); ii)“Invero, in tema di condizione di procedibilità relativa all’esperimento della mediazione D.Lgs. n. 28 del 2010, ex art. 5, il riferimento della norma ai contratti “bancari e finanziari” contiene un chiaro richiamo, non altrimenti alterabile, alla disciplina dei contratti bancari contenuta nel codice civile e nel TUB (D.Lgs. n. 385 del 1993), nonchè alla contrattualistica involgente gli strumenti finanziari di cui al TUF (D.Lgs. n. 58 del 1998), sicchè non è estensibile alla diversa ipotesi del leasing immobiliare, anche se, nelle varie forme, allo stesso sono coessenziali finalità di finanziamento, specificamente funzionali, però, all’acquisto ovvero alla utilizzazione dello specifico bene coinvolto (Cass. 15200/2018)” (cfr. Cass., 22.11.2019, n. 30520).
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