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«Ognuno, almeno una volta nella vita, si è lasciato andare al fiume in piena di pensieri apparentemente slegati e suscitati solo da una impercettibile sensazione nemmeno troppo verificabile o veritiera.»

Un libro originale, singolare, assolutamente consigliato.

Non è tanto e solo per il pregio dei racconti editi che credo sia un bene leggere questo libro, anche perché alcuni passi lasciano molto a desiderare, sfociando in una deriva non-sense difficilmente gestibile, ma per ciò che il libro evoca.

Questa lettura evoca viaggi mentali cui ognuno di noi si lascia andare in un qualsiasi momento della giornata, nel momento meno propizio e meno sperato, quel tipo di filo il-logico che per congiungere il punto “x” al punto “y” fa infinite giravolte prima di raggiungere la meta. Come quando, bloccati in fila al semaforo rosso, si inizia a fantasticare sui pensieri e sulla vita personale e professionale, le abitudini e i malumori di un ignaro autista di un ncc intento a… vabbè, intento a riflettere sul colore del semaforo.

Murakami parla di sé, si sveste della propria maschera e si mette a nudo, con i ricordi di un giovane studente degli anni sessanta e di un uomo di mezza età che ancora riesce a sperimentare l’ignoto.

Intriga, coinvolge, forse in alcuni passi annoia un po’ per quanto la narrazione riesce a spingersi oltre: oltre l’immaginazione, oltre l’irreale, oltre il consueto.

È come se, improvvisamente, il pensiero deragliasse, balzando fuori dai binari dell’ordinario per precipitare in un burrone emozionale dal quale difficilmente ci si riprende.

La cosa sorprendente è che ognuno riesce, può e deve ritrovarsi nei racconti di Murakami perché ognuno, almeno una volta nella vita, si è lasciato andare al fiume in piena di pensieri apparentemente slegati e suscitati solo da una impercettibile sensazione nemmeno troppo verificabile o veritiera.

Degli otto racconti narrati “With the Beatles” mi ha colpita profondamente per la sensibilità e la dolcezza delle riflessioni a margine cui si presta quasi automaticamente, mentre “Carnaval” mi ha riportata sulla terra ferma, con i piedi ben piantati nella certezza dell’incontenibile incertezza della vita.

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