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Struttura di formazione decentrata della Corte di Cassazione

 

IL PUNTO SU:

ABF e ACF: deflattori o interpreti tecnici?

“Giurisprudenze” a confronto

Roma, 4 aprile 2019 – Aula Magna della Corte di Cassazione

REPORT*[1]

a cura della dott.ssa Laura Albanese e del dott. Michael Lecci

 

PREMESSA

In data 4 aprile 2019, presso l’Aula Magna della Corte Suprema di cassazione, ha avuto luogo il convegno dal titolo “ABF e ACF: deflattori o interpreti tecnici? “Giurisprudenze” a confronto”, organizzato dalla Struttura di formazione decentrata della Corte di cassazione.

L’obiettivo del convegno è stato quello di creare un’occasione di incontro e di confronto, su regole e principi, tra gli approdi giurisprudenziali nell’ambito del diritto bancario e del diritto dell’intermediazione finanziaria, da una parte, e le decisioni assunte dall’Arbitro Bancario e Finanziario e dall’Arbitro per le Controversie Finanziarie, dall’altra, nell’ambito di un sistema complesso e composito, che cerca di porsi all’interno dell’orizzonte unificante dato dalle regole poste a protezione della clientela. Il punto di partenza per il confronto che si è inteso proporre è certamente costituito dalla pronuncia della Corte Costituzionale che ha negato i requisiti pregnanti della giurisdizione agli organi tecnici in discorso. Cionondimeno, non va sottaciuto che questi arbitri, quali parte del sistema, svolgono un ruolo di non scarso rilievo nel complessivo sistema di gestione delle controversie che vedono contrapporsi intermediari e clienti.

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L’incontro è stato introdotto dal Dott. Giovanni Giacalone, Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, magistrato formatore responsabile dell’incontro, il quale, previa analisi degli esiti negativi dell’istituto della mediazione nel componimento delle controversie bancarie e finanziarie, si è soffermato sui tratti comuni tra giurisdizione ordinaria e ABF/ACF evidenziando come gli stessi si estendano sul piano delle opportunità date al cliente e della tutela effettiva dei diritti. A tal riguardo, le “decisioni” adottate dagli Organismi rappresentano una valida alternativa per addivenire ad una pronuncia in grado di garantire la tutela dei diritti dei clienti, nel rispetto del principio di cui all’art. 24 della Costituzione.

Sotto altro aspetto, ha proseguito il Relatore, l’acronimo “Adr”, convenzionalmente richiamato nel suo significato originario di “Alternative Disputes Resolution”, potrebbe essere diversamente interpretato nel senso di “Appropriate Disputes Resolution”, ovvero “Alternative but also Appropriate”. L’obiettivo è quello di favorire la sinergia ed il confronto tra i sistemi alternativi di risoluzione delle controversie e la giurisdizione, con l’obiettivo comune di dare una risposta di giustizia alle istanze di tutela degli investitori.

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È dunque intervenuto il Dott. Riccardo Fuzio, Procuratore Generale della Corte Suprema di cassazione, il quale ha innanzitutto portato i saluti propri e del Primo Presidente della Corte di Cassazione, Dott. Giovanni Mammone, esprimendo l’interesse manifestato da quest’ultimo in ordine alle tematiche oggetto dell’incontro, sia a livello ordinamentale che con precipuo riferimento alle problematiche connesse alle controversie tra intermediari e clienti.

Il Dott. Fuzio ha da subito rilevato come anche le forme di risoluzione delle controversie rappresentate dall’Arbitro Bancario Finanziario e dall’Arbitro per le Controversie Finanziarie si inseriscano all’interno del vasto panorama delle ADRs e che se è vero – come rilevato dall’ampio dibattito insorto – che queste ultime non funzionano, in quanto non funziona la giurisdizione, essendovi sempre una parte che ha interesse a far naufragare il tentativo di conciliazione, accedendo alla giustizia ordinaria per dilatare i tempi in cui la controversia viene definita, è altresì vero il contrario: la giurisdizione non funziona anche perché non funzionano gli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie. Questi possono intendersi come forme di prevenzione del giudizio, sebbene frequentemente definite deflattive, perché aventi ad oggetto controversie bagatellari, quasi che ad interessarsene sia una giustizia di livello inferiore, quando invece sarebbe necessario creare un rapporto pieno tra giurisdizione ordinaria e ADRs. Un rapporto che, però, secondo il Dott. Riccardo Fuzio, non può prescindere da una maggiore considerazione di queste tematiche nell’ambito della formazione, anche universitaria, dei giuristi e da una più profonda sensibilizzazione degli avvocati verso queste forme di risoluzione delle controversie, che contribuiscono a garantire effettività all’art. 24 Cost.

Il Dott. Riccardo Fuzio ha evidenziato, poi, la necessità che la neo-istituita Commissione bicamerale di inchiesta sul sistema bancario e finanziario rappresenti un momento di valorizzazione del rapporto tra banche e clienti, al fine di implementare la reciproca fiducia, e che essa non si trasformi invece in uno strumento per sostituirsi ai controlli a tutti i livelli previsti (non solo di carattere giudiziario), anche nel rispetto delle previsioni costituzionali.

Infine, valorizzando l’importanza di incontri che – analogamente a quello de quo – affrontino tematiche riconducibili al rapporto tra la giurisdizione ordinaria e i sistemi di risoluzione alternativa delle controversie, il Dott. Fuzio ha ribadito la necessità che il funzionamento di questi ultimi venga coralmente sostenuto ed incentivato, anche attraverso la formazione di apposite professionalità.

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Concluso l’intervento del Dott. Riccardo Fuzio, il Dott. Giovanni Giacalone ha passato la parola alla dott.ssa Magda Bianco, dell’Ufficio tutela dei clienti e antiriciclaggio della Banca d’Italia, sollevando l’interrogativo circa la compatibilità della funzione relativa alla tutela del cliente e di quella relativa all’antiriciclaggio che risultano accorpate nello stesso Ufficio.

La dott.ssa Bianco, soffermandosi sul predetto quesito, ha evidenziato come il “Servizio” offerto da Banca d’Italia abbia la duplice funzione di tutela dei clienti nei confronti della Banca e di tutela della Banca nei confronti di alcune tipologie di clienti mediante l’adozione una metodologia pressoché simile per entrambe le attività, rendendo possibile la sinergia delle due funzioni all’interno dello stesso Ufficio. Ciò premesso, la dr.ssa Bianco si è soffermata sulla enucleazione delle principali caratteristiche dell’ABF: quest’ultimo nasce nel 2009 come strumento di tutela traendo le sue origini dalla Legge sul risparmio e si affianca agli altri strumenti di tutela assumendo le vesti di “consumer” ADR. Ha natura decisoria, pur non rivestendo la figura di Arbitrato, sulle controversie di piccole dimensioni presentate dai clienti ai Collegi distribuiti per il territorio italiano. Le decisioni dell’Arbitro non sono vincolanti ma è prevista una sanzione reputazionale a danno dell’intermediari espletata mediante la pubblicazione, sul portale dell’ABF e su due quotidiani nazionali, dell’inadempimento.

La dott.ssa Bianco ha poi segnalato che, in termini numerici, vi è stato un notevole incremento dei ricorsi presentati presso l’ABF con una prevalenza di decisioni adottate a favore dei clienti. Sebbene non vincolanti le decisioni sono state rispettate dagli intermediari in oltre l’80% dei casi. Il successivo ricorso alla giustizia ha riguardato un numero molto piccolo di casi, lo 0,6% di cui il relativo 70% delle pronunce è stato confermato.

La dott.ssa Bianco ha successivamente evidenziato i due punti di forza dell’Arbitro: la prima è la qualità delle pronunce, frutto della specializzazione dei Collegi composti da esperti, giuristi ed economisti, nel campo bancario e finanziario; il secondo punto di forza è l’unità degli orientamenti, annoverabile al lavoro svolto dal Collegio di Coordinamento che ha la funzione di temperare e conformare difformità interpretative, il tutto mantenendo autonomia e spazio di confronto; quest’ultima caratteristica, a sua volta, favorisce la prevedibilità delle decisioni. Il beneficio principale delle due citate caratteristiche è quello di ottenere un effetto conformativo, rectius, di adattamento, del comportamento degli intermediari che, a sua volta, produce effetti benefici su un ampio raggio di clientela. Al riguardo, si denota una riduzione dei ricorsi relativi alla cessione del quinto.

La Relatrice ha in seguito trattato delle debolezze dell’ABF soffermandosi sul problema legato alla lungaggine del procedimento per addivenire ad una pronuncia, che si protrae per circa 260 giorni, rappresentando la principale debolezza per un Alternative Dispute Resolution le cui tempistiche dovrebbero essere molto più celeri.

Approssimandosi alle conclusioni, la dott.ssa Bianco si è soffermata sulla domanda iniziale, ovvero sull’interrogativo circa la natura di “deflattore” o di “interprete tecnico” dell’ABF. In particolare, lungi dal qualificarlo sic et simpliciter quale uno strumento deflattivo, la Relatrice ha segnalato la differenza notevole nel valore medio delle domande presentate presso un organo di giustizia ordinaria rispetto a quelle presentate presso l’ABF, annoverandosi rispettivamente a circa 300.000,00 il primo, e a 2.000,00 il secondo.

Alla luce di ciò, la dott.ssa Bianco ha qualificato l’ABF quale strumento complementare, con natura di interprete tecnico, e la cui funzione “indirettamente” deflattiva deve intendersi in termini di effetto conformativo del comportamento degli intermediari.

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Concluso l’intervento della Dott.ssa Magda Bianco, il Dott. Giovanni Giacalone ha ringraziato il Prof. Bruno Inzitari, Professore di Diritto Privato nell’Università degli Studi Milano Bicocca, per aver accettato l’invito a moderare l’incontro, passandogli, dunque, la parola.

Il Prof. Bruno Inzitari ha esordito ringraziando gli organizzatori per l’occasione di partecipare al confronto su queste materie, che vedono l’esperienza dell’ABF e dell’ACF segnare una svolta rispetto alla concreta possibilità di risolvere controversie che, altrimenti, assai difficilmente sarebbero emerse dinanzi alla giurisdizione ordinaria, in quanto di ridotto valore, ponendo soluzione a problematiche connesse non solo ai costi di accesso alla giustizia, ma anche alla durata del giudizio e alla disponibilità dei legali di occuparsene. In questi sistemi, invece, il cliente è posto nella condizione di poter sostanzialmente appellare il reclamo non accolto, nulla togliendo alla giurisdizione ordinaria, aspirando ad una decisione resa da un organo caratterizzato da un elevato livello di specializzazione.

Il Prof. Bruno Inzitari ha proceduto, dunque, ad aprire la sessione di relazioni in programma.

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La prima relazione è stata affidata al Dott. Angelo Spirito, Presidente della III Sezione Civile della Corte di Cassazione, il quale ha esordito soffermandosi su considerazioni di carattere generale evidenziando come per la prima volta ci si sia soffermati sulla “identità” di questi organismi e del confronto con quella che viene storicamente considerata la “giustizia”.

Al riguardo, il Relatore ha evidenziato come in questo momento storico del Paese ci siano tante giurisdizioni e tante nomofiliachie, in quanto, al fianco della magistratura ordinaria, o originaria, che conosce dei diritti “originari”, vi sono altre giurisdizioni previste a livello Costituzionale, quale il Consiglio di Stato.

Ciò premesso, il Dott. Spirito ha puntualizzato come gli organismi quali l’ABF e l’ACF, che vivono un momento storico di grande successo, sottraggono alla magistratura un imponente carico di lavoro alleggerendo il già non lieve sovraccarico della magistratura ordinaria. 

Il Relatore si è successivamente soffermato sull’attenzione posta alla c.d. “giurisprudenza” dell’ABF le cui decisioni vengono richiamate dalla dottrina, vengono inserite nelle banche dati giuridiche e vengono richiamate nelle motivazioni degli organi giudiziari favorendo un appiattimento delle pronunce giurisdizionali, giustificato, quest’ultimo, dalla mancata formazione specifica dei magistrati sulle materie bancarie e finanziarie.

Il Relatore ha poi evidenziato la similitudine tra il Collegio di Coordinamento dell’ABF e le Sezioni Unite della Corte di Cassazione; ciò a supporto della tesi per cui questi Organismi facciano, ad oggi, “giurisprudenza”, con tutto ciò in tema di nomofiliachia. Al riguardo, Egli ha evidenziato che, per indiscussa previsione costituzionale, nonché ai sensi dell’art. 65 dell’ordinamento giudiziario, l’unico organo con funzioni nomofilattiche è la Corte Suprema di Cassazione nella sua massima espressione delle Sezioni Unite. Quest’oggi, tuttavia, si assiste un proliferare di “giurisdizioni” con funzioni nomofilattiche, quali il Consiglio di Stato e le Autorità Garanti, i cui poteri di rimessioni di questioni costituzionale è stato recentemente bloccato dalla Corte Costituzionale in quanto non giudici.

Il Dott. Spirito si è in seguito soffermato sullo scopo originario e sulla natura degli organismi ABF ed ACF. Essi, invero, concepiti con finalità deflattive a favore del giudice ordinario hanno poi – in parte – deviato le proprie funzioni nei termini sopra descritti. Pensati come Arbitri ma che, in sostanza, non lo sono, in quanto le loro decisioni non hanno l’efficacia giuridica del lodo e non sono impugnabili; in tal senso, la Corte Costituzionale ha recentemente escluso che queste strutture siano qualificabili quali “giudici”. Non è nemmeno un Arbitrato non essendovi un obbligo giuridico di dare esecuzione alle decisioni. 

Quindi, ha proseguito il Relatore, l’ABF pur non essendo un giudice o un Arbitro decide le controversie, non secondo equità, ma applicando le disposizioni di legge ed i regolamenti in materia, ovvero il diritto positivo. Quest’ultimo, tuttavia, è quello interpretato ed applicato nelle aule di giustizia dall’Autorità Giudiziaria che, ai sensi del citato art. 65 dell’ordinamento giudiziario, rientra nel novero delle funzioni della Corte di Cassazione. Se dunque l’ABF deve applicare la legge la cui interpretazione spetta all’Autorità Giudiziaria, ciò implica che la stessa si stia atteggiando come una giurisprudenza in ragione dei richiami ai propri precedenti “giurisprudenziali”. L’Abf, inoltre, non può assumere decisioni in contrasto con la Legge.

Relativamente all’applicazione della Legge 108 del 1996, il Relatore ha poi evidenziato come vi sia una granitica giurisprudenza secondo cui “è nullo il patto con cui si convengono interessi convenzionali moratori che, alla data della stipula, eccedano il tasso soglia di cui all’art. 2 della legge n. 108 del 1996, relativo al tipo di operazioni a cui accede il patto di interesse moratorio convenzionale, senza maggiorazioni e incrementi”. A fronte di tale orientamento risalente e consolidato, vi è un ABF di Milano che ha testualmente espresso: “innanzi a quanto affermato in più occasioni da questo Arbitro e dal suo Collegio di Coordinamento è da escludere, ai fini della verifica della usurarietà degli interessi, la sommatoria aritmetica dei tassi previsti per gli interessi corrispettivi e moratori, in ragione della loro funzione e natura” (ABF Collegio di Milano,20.12.2018). Tale pronuncia, osserva il Relatore, si pone in contrasto con il granitico orientamento giurisprudenza prima richiamato.

In ragione di ciò, puntualizza il Dott. Spirito, bisogna osservare attentamente le conseguenze sistemiche che potrebbero derivare dalle pronunce di un “non” Giudice che fa giurisprudenza, che non è incardinato nell’ordinamento ma ha nomofiliachia, che afferma princìpi cui interpreti e dottori assegnano importanza e significatività ma che non possono essere neanche più sindacati se non all’interno sistema ABF tramite il Collegio di Coordinamento.

Il Relatore ha, pertanto, evidenziato le possibili conseguenze negative di tale meccanismo, che sono individuabili in termini di coerenza dell’ordinamento e di prevedibilità delle decisioni giudiziarie. Dall’altro canto, il Dott. Spirito ha ribadito come non possa essere sottaciuto il parallelo fallimento della giurisprudenza che non riesce più ad essere predittiva e “regolatrice”.

Approssimandosi alle conclusioni, il Relatore ha puntualizzato che, laddove le pronunce dell’ABF si discostassero dal diritto vivente e/o dalle pronunce di legittimità, non vi sarebbe modo di reagire a queste decisioni se non riproponendo il caso all’Autorità Giudiziaria, ma ciò facendo salva la giurisprudenza dell’ABF, in quanto la capacità coercitive della Corte di Cassazione nei confronti dei giudici di merito non si estende agli organi ABF. Le decisioni ABF devono essere adempiute dalle Banche, a pena di instaurazione di procedimenti ispettivi. Si crea, in tal modo, un corto circuito tra la giurisprudenza dell’ABF e l’Autorità di Vigilanza: l’ABF fa il suo diritto; le Banche vi si uniformano per evitare le sanzioni e le Autorità di Vigilanza che si uniformano al diritto dell’ABF.

Detto ciò il Relatore ha concluso affermando come il descritto sistema abbia creato un soggetto che fa diritto, inedito nell’esperienza giuridica recente, al quale è stato surrettiziamente assegnato il compito di assicurare l’unità interpretativa del diritto. Ciò, ha proseguito il Presidente Spirito, difformemente a quanto statuito nell’art. 128-bis che richiedeva la costituzione di un “Sistema di risoluzione stragiudiziale delle controversie”, e non di un organo dotato di proprie “Sezioni Unite”, con propria giurisprudenza e con funzione nomofilattica.

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Cogliendo le sollecitazioni derivanti dall’intervento del Presidente Angelo Spirito, il Prof. Bruno Inzitari ha evidenziato come – contrariamente a quanto avvenuto all’atto dell’istituzione delle varie giurisdizioni speciali, in cui si puntava ad una maggiore specializzazione dei giudicanti – nell’ambito di queste forme di risoluzione alternativa delle controversie si persegue un’esigenza di giustizia ed efficienza. Giustizia non nel senso che la giurisdizione ordinaria non possa garantirla, ma in quanto risulta difficile dare giustizia per un volume di controversie così grande, per il loro valore ed il loro oggetto, in quanto necessitano di tempi brevi di risoluzione, che non possono essere assicurati nemmeno dalla giustizia più efficiente.

In secondo luogo, il Prof. Bruno Inzitari ha evidenziato come, una volta creati meccanismi di risoluzione alternativa delle controversie come l’ABF e l’ACF, sia inevitabile che questi creino degli orientamenti propri – che trovano fondamento principalmente nelle questioni fattuali proposte dalla singola controversia – che possono portare, dunque, anche a contrasti con gli orientamenti fatti propri dalla giurisprudenza. Ciò nonostante, il Prof. Inzitari ha rilevato la necessità che le sentenze, le decisioni, le interpretazioni si evolvano dinanzi ad orientamenti che si rivelano inappaganti.

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Ha, quindi, preso la parola il Prof. Andrea Zoppini, Professore di Diritto Privato nell’Università di Roma Tre, che ha affrontato il tema relativo alla “modellabilità” degli obblighi comportamentali, guardati dalla prospettiva dell’incidenza del quadro normativo sul comportamento degli investitori e mediante l’analisi del modello normativo sotteso alla tutela del consumatore che, in particolare, si realizza nei settori dell’ABF e dell’ACF. In particolare, l’effettività delle decisioni non vincolanti dell’ABF si esplica mediante la capacità conformativa superiore e più veloce rispetto alle decisioni degli altri giudici. Il Relatore ha altresì evidenziato come le decisioni dell’ABF abbiano una incidenza rilevante sul mercato delle professioni legali. 

Una prima domanda sollevata dal Prof. Zoppini è quella relativa alla tutela del consumatore. Al riguardo, il tema, conteso tra numerose istituzioni quali, giudici civili, Autorità indipendenti e Pubbliche Amministrazioni, è uno strumento di legittimazione politica in senso ampio.

Il Relatore si è poi soffermato su considerazioni relative ai benefici derivanti dell’attività regolatoria. A tal proposito, ha esposto i dati relativi al costo degli SMS ove sono rinvenibili una molteplicità di soggetti pubblici che intervengono sulla determinazione degli stessi. L’Italia, è l’ordinamento tra quelli europei che presenta il maggior costo per singolo sms. Il prof. Zoppini ha poi esposto che l’unico criterio atto a valutare l’effetto di un sistema regolatorio è la funzionalità dello stesso alla tutela effettiva del consumatore.

Ha poi proseguito il Prof. Zoppini osservando come nel nostro ordinamento, al fianco del giudice civile, un ruolo fondamentale sia quello svolto dal giudice amministrativo nei cui confronti vengono impugnati i provvedimenti autorizzativi ed i cui tempi decisionali sono estremamente inferiori rispetto a quelli necessari per un giudizio civile.

Il Prof. Zoppini si è successivamente soffermato sulle peculiarità del Giudice amministrativo, il quale ha un’attitudine superiore rispetto al giudice civile ed ha trattato il tema del consumo e risparmio ben prima della giustizia civile.

D’altra parte, ha esposto il Relatore, uno dei vantaggi di una forma organizzata di composizione degli interessi, quale l’ABF, è quella di produrre un grande esternalità positiva per il mercato. Quanto alle modalità di tutela del consumatore, ha poi proseguito il Relatore, il nostro ordinamento presenta il maggior numero di sovrapposizioni tra tutele ex ante e tutele ex post; la sovrapposizione tra le tutele amministrative-burocratiche ex ante e le tutele giurisdizionali ex post è un ulteriore fattore patologico poiché le tutele, o sono ben costruite nella forma ex ante, o si realizzano nella forma ex post, non avendo senso il contrario. Al riguardo il Relatore ha fatto l’esempio delle regole emanate da parte di Banca di Italia poi ritenute inidonee in sede di pratiche commerciali scorrette.

Il Relatore si è poi soffermato sul problema della biforcazione concettuale che si pone tra la massima tutela del consumatore soggetto debole o la tutela del mercato. Il discorso teorico esposto dal Prof. Zoppini passa attraverso lo ius variandi sancito dall’art. 33 del Codice del Consumo e dalle altre regole, quale l’art. 70 comma 4 del Codice delle Comunicazioni. Invero, ha esposto il Relatore, chi si pone nella prospettiva della massima tutela del consumatore teorizza il concorso tra queste norme. Se, invece, si svolge un’analisi funzionale di mercato si deve giustificare la tutela di cui all’art. 70 comma 4 del Codice delle Comunicazioni, non potendosi propendere per la somma delle tutele che, contrariamente, produrrebbe l’effetto opposto.

Il Prof. Zoppini ha poi posto l’interrogativo circa la natura di “fine” o di “mezzo” della tutela del consumatore. In tal senso ha affermato che se l’obiettivo è porre rimedio alla debolezza del consumatore occorre parlare di fine; ove, invece, lo si consideri un mezzo esso garantisce l’integrità del mercato mediante il favoreggiamento di processi decisionali consapevoli. Da una prospettiva istituzionale occorre valutare l’idoneità del quadro informativo; la messa in discussione della razionalità dei processi decisionali, sostanzialmente gli stessi fallimenti cognitivi o vizi comportamentali dell’attore naturale sono limiti di mercato che necessitano di protezione.

Qual è il tipo di consumatore? Posto l’interrogativo, il Relatore ha esposto che le risposte, di natura esemplificativa, vanno ponderate a seconda del mercato di riferimento ove l’operatore si comporta diversamente in relazione al quantitativo di informazioni ricevute ed alla reattività alle stesse. Quindi, tanto più si tutela il consumatore tanto più si genera un concetto paradossale in quanto si tutelano i nuovi entrati nel mercato impedendo che si realizzi una dinamica concorrenziale che si genererà nei prodotti minori a tutela del consumatore.

Quanto al consumatore avveduto, il Relatore ha evidenziato il caso dell’Euribor negativo. Si pensi ad un mutuo stipulato da un consumatore e ad un mutuo stipulato dall’intermediario con un grande imprenditore aventi la medesima clausola, ossia di un tasso di interesse maggiorato dall’Euribor, i due contratti devono essere interpretati nello stesso modo? A fronte delle regole sulla trasparenza che devono considerarsi le medesime, se si reputa in-trasparente il contratto con il consumatore parimenti deve considerarsi tale quello con l’impresa.

Il Relatore ha poi puntualizzato come tale soluzione non possa considerarsi esatta in quanto i contratti dovrebbero essere interpretati in modo significativamente diverso. Pertanto, ha esposto il Prof. Zoppini innanzi ad un Euribor negativo le regole di correttezza e buona fede fanno si che quando un intermediario si confronta con un altro imprenditore sia difficile applicare i medesimi presìdi di tutela garantiti al consumatore; nell’esempio di specie, non sarebbe condivisibile l’idea per cui quello che è un contratto oneroso consentirebbe all’imprenditore di lucrare dallo stesso, ove si applicasse la normativa che si applicherebbe al consumatore.

Ha concluso il Prof. Zoppini evidenziando come le normative di stampo comunitario impongano ai giudici ed ai regolatori l’applicazione selettiva delle norme di tutela il cui fine ultimo non è quello di tutelare in maniera indefinita il consumatore ma realizzare un assetto concorrenziale coerente per tutti gli ordinamenti comunitari.

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Ha poi preso la parola il Dott. Aldo Angelo Dolmetta, Consigliere della I Sezione Civile della Corte di Cassazione, il quale, per ragioni di incompatibilità connesse alla pendenza di una Sua ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite, in tema di interessi dei buoni postali fruttiferi, si è soffermato su considerazioni di carattere generale relative all’ABF ed all’ACF. Al riguardo, ha messo in luce la duplice specificità gli Arbitri: la prima è quella connessa alla natura di “ADR” che lega entrambi gli Arbitri, nonché alla materia trattata, ovvero alla materia finanziaria, relativamente alla quale vi è la tutela costituzionalmente garantita dall’art. 47 che disciplina la tutela del risparmio.

L’altro aspetto evidenziato del Relatore è, invece, quello relativo alla nascita di queste strutture, ovvero alla Legge del risparmio del 2005 del governo Prodi; da tale prospettiva, ha ribadito il Dott. Dolmetta, esse nascevano dall’esigenza di garantire una maggiore tutela ai clienti/investitori. La legge del risparmio 2005 contemplava una struttura di ADR tanto per il settore bancario, quanto per il mercato finanziario che, tuttavia, venivano “pensate” con strutture diverse: l’ABF faceva riferimento ad un Arbitro decisionale in senso proprio; l’ACF, invece, nasceva sull’idea di una camera arbitrale. A fronte del fallimento della prima camera arbitrale CONSOB, che vedeva non più di 45 richieste all’anno, l’ABF, partito dal 2010, ha avuto un successo enorme al punto di indirizzare la CONSOB, negli anni 2015/2016, verso il modello ABF al punto di mettere a punto, l’anno successivo, l’Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF).

Ha osservato poi il Relatore che, in un dato momento storico non molto risalente, il 50% delle controversie pendenti presso l’ABF era quello relativo alla “cessione del quinto”; questione che non ha mai interessato la giustizia ordinaria. In realtà, quindi, le strutture ADR non erano nate con un intento deflattivo ma con la finalità di controllo diffuso e distribuito nel pubblico sull’operatività dell’intermediario nell’attività retail. Quindi, l’idea era “inflattiva”, e non deflattiva, e funzionale ad uno strumento che, ponendosi quale alternativa alla giustizia ordinaria, assurgeva alla funzione di controllo degli operatori bancari.

Il Consigliere Dolmetta ha pertanto evidenziato come non vi possa essere una contrapposizione tra queste strutture e la Cassazione. Non possono, invero, riscontrarsi conflitti tra organi giurisdizionali e le strutture giudicanti ma dovrebbe parlarsi, semmai, di comunicazione da una parte all’altra.

Ha proseguito poi il Relatore soffermandosi sull’ACF, istituto del 2017; al riguardo, ha evidenziato, in via preliminare, il tema del fallimento delle Banche Venete e delle quattro banche del centro italiane. In tal senso, l’ACF ha giudicato in merito alle banche cessionarie (delle Banche Venete), quali incorporanti, emanando dei provvedimenti di condanna che, per la maggior parte, non sono stati rispettati dalle Banche. Ciò, pertanto, crea un problema di credibilità in quanto non può ritenersi sufficiente e conforme al fine originariamente pensato, una sanzione meramente reputazionale consistente nella pubblicazione sul sito, e su due quotidiani, dell’inadempimento dell’intermediario. Sarebbe piuttosto opportuno prevedere un obbligo gravante sull’intermediario di pagare con riserva di agire innanzi ad un giudice civile. Non vi è peraltro, alcuna attività da parte della CONSOB di sanzione nei confronti degli intermediari inadempienti.

Il secondo aspetto relativo all’ACF analizzato dal Relatore, è quello relativo alla competenza dello stesso a giudicare del misselling delle Banche per le domande presentate entro il 19 luglio 2017, data in cui è stata revocata l’autorizzazione a far credito alle Banche Venete. Contemporaneamente, l’ACF ha legato la legittimazione passiva sub specie per le Banche cessionarie. Ciò comporta che per il periodo compreso tra il 2015 ed il 2017 l’unica tutela garantita al correntista è quella innanzi al giudice civile.

Un’ulteriore questione affrontata dal Relatore è quella relativa all’esplosione dell’ABF, con particolare riferimento alla cessione del credito. A tal proposito, ha proseguito il dr. Dolmetta, quanto alla mole della cessione del quinto, avente ad oggetto operazioni molte piccole, non è rinvenibile una giurisprudenza di merito.

Il Relatore, ha poi osservato che l’ABF, lungi dal ricercare l’uniformità di orientamento, che ha conseguenze negative in termini di “precedente vincolante”, dovrebbe stimolare la dialettica in modo da garantire un pedissequo adattamento delle pronunce al mutamento del mondo circostante. La dialettica è, invero, un fattore di progresso; in tal senso, il dr. Dolmetta ha evidenziato come la nomofilachia si alimenti dal dibattito delle sezioni semplici.

Ha infine concluso il dr. Dolmetta evidenziando come l’ABF sia nato come strumento di controllo retail dell’operatività dell’intermediario e sia stato dotato di una serie di poteri rilevanti, quali quelli di cui 53 TUB (sanzioni amministrative) e di cui all’art. 128 ter. Pertanto, ha proseguito il Relatore, una delle funzioni dell’ABF dovrebbe essere quella statistica, ovvero, più precisamente, ravvisato un determinato numero di decisioni o di ricorsi avverso un determinato intermediario, che per un certo prodotto ha violato la normativa, la struttura ABF dovrebbe formare una base solida affinché si possa intervenire con gli artt. 53 ed 128 ter al fine di porre un adeguato rimedio al “prodotto” offerto, che si pone in contrasto con la rispettiva normativa.

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Ringraziato il Consigliere Dolmetta per l’intervento, il Prof. Bruno Inzitari ha introdotto il Prof. Avv. Fernando Greco, Professore di Diritto Privato presso l’Università del Salento e membro del Collegio di Roma dell’Arbitro Bancario Finanziario.

Il Relatore, cogliendo le sollecitazioni provenienti dai precedenti interventi, ha voluto evidenziare, innanzitutto, come l’ABF intenda fare parte del sistema, come già chiaramente emerso in una recente decisione del Collegio di Coordinamento dell’ABF, resa in tema di interessi usurari, nell’ambito della quale – componendo i contrastanti orientamenti espressi dai vari Collegi territoriali dell’Arbitro – si è fatta propria l’interpretazione accolta dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione. Una scelta significativa del fatto che, nonostante l’insopprimibile necessità di confronto sulle tematiche di competenza dell’ABF, che determina talvolta anche l’insorgenza di differenti orientamenti, non possa venir meno il perseguimento di un’uniformità, che si realizza anche attraverso il recepimento delle decisioni dei giudici di legittimità.

Convergendo sulla tematica oggetto della relazione, il Prof. Greco ha evidenziato come la peculiarità propria del settore bancario e dell’intermediazione finanziaria, rispetto al diritto dei consumatori, attenga prevalentemente alla struttura e all’oggetto dell’operazione, che determina l’accentuarsi di una condizione di asimmetria dell’investitore-risparmiatore rispetto alla posizione dell’intermediario, che prescinde dalla circostanza che il cliente rientri nella definizione dell’art. 3 cod. cons. Ciò nonostante, la disciplina – tanto primaria, quanto secondaria – si è spesso rivelata carente sotto il profilo rimediale, laddove pur prevedendo in capo agli intermediari una serie di obblighi, più o meno, stringenti, si è omesso di disciplinare adeguatamente i rimedi e i meccanismi sanzionatori da azionare in ipotesi di violazione di tali previsioni. Si tratta di un rilevante vulnus del sistema, cui si deve evidentemente sopperire in via interpretativa, anche tramite l’ausilio – come sostenuto dal Relatore – di organi tecnici come l’ABF o l’ACF, in considerazione della magmaticità che contraddistingue la materia, le cui peculiarità manifestano profondi profili di divergenza, anche a livello sistematico, rispetto alla disciplina generale del contratto e alla presunzione di parità dei contraenti.

La stessa nullità ne sarebbe un esempio, secondo quanto argomentato dal Prof. Fernando Greco, non potendosi sovrapporre quella ex art. 1418 cod. civ. alle nullità di protezione, in considerazione dell’esclusione della legittimazione attiva dell’intermediario e dei limiti alla rilevabilità officiosa da parte del giudice. Proprio a tale ultimo riguardo, è stato posto in evidenza come il Regolamento ACF espressamente preveda che il Collegio, quando rileva una causa di nullità contrattuale, inviti le parti ad esporre le proprie osservazioni, anche al fine di verificare se l’investitore intenda effettivamente valersene. Il Prof. Fernando Greco ha rilevato inoltre come, nel tempo, stanti i margini di dissimiglianza tra la nullità codicistica e quella dettata nelle discipline di settore, gli interpreti si siano lungamente intrattenuti sulla possibilità di sanzionare comportamenti contrari alle disposizioni normative, ma non espressamente puniti con la nullità. Nell’ampio dibattito che ha visto contrapporsi la nullità testuale alla c.d. nullità virtuale, dirimente (almeno in linea generale) è risultato l’intervento della Corte di Cassazione (rif. Cass. Civ., sez. un., 19 dicembre 2007, nn. 26724 e 26725), con cui si è inteso escludere che, in mancanza di un’esplicita previsione normativa, la violazione dei doveri di comportamento posti in capo all’intermediario possa essere sanzionata con la nullità, al più rilevando sotto il profilo risarcitorio.

Secondo la prospettiva assunta da Prof. Fernando Greco, guardando al dibattito intervenuto in merito alla nullità di protezione, rileverebbero quattro essenziali elementi, quali: i) l’ampio riscontro trovato dalla nullità virtuale, anche in sede giudiziale, prima dell’intervento delle Sezioni Unite; ii) il contributo della normativa europea nella definizione dell’attuale assetto delle discipline di settore; iii) l’evoluzione giurisprudenziale intervenuta; iv) i ripensamenti legislativi originatisi dall’elaborazione intervenuta, anche grazie ad organi tecnici come l’ABF e l’ACF, espressione della necessità di una modifica della disciplina, anche in chiave di futura evoluzione.  A tale riguardo il Prof. Fernando Greco ha inteso richiamare l’attenzione sul disposto dell’art. 125-bis TUB, in tema erronea indicazione del TAEG nei contratti di prestito personale. Sul punto è di recente intervenuto il Collegio di Coordinamento dell’ABF, che ha sostanzialmente rilevato l’impossibilità di distaccarsi dal dettato normativo, con la conseguenza che deve considerarsi nulla la clausola relativa al costo in sé considerata, onde nulla è dovuto per tale titolo, così come nulla è la clausola relativa al TAEG che non ha previsto quel costo; non si è, dunque, inteso valorizzare la sproporzione tra la violazione e la sanzione comminata quasi in chiave punitiva, disattendendo l’orientamento del Collegio rimettente che aveva rilevato come quest’ultima dovesse risultare effettiva, proporzionata e dissuasiva.

Rilevante rispetto all’approfondimento del modo di atteggiarsi della nullità nelle materie in questione è risultato anche il richiamo operato dal Prof. Greco al diffuso ricorso, in sede contenziosa, all’accertamento della causa in concreto; ciò è avvenuto, ad esempio, con riferimento all’interest rate swap, in ordine al quale la giurisprudenza ha ritenuto che, laddove il contratto non fosse originariamente idoneo a garantire la copertura del rischio di tasso d’interesse derivante dall’esposizione debitoria dell’investitore, dovrebbe ritenersi mancante la causa concreta, con conseguente nullità del contratto per difetto di uno dei requisiti essenziali. Si tratta evidentemente, secondo la prospettiva del Relatore, di un terreno scivoloso, anche in considerazione della sempre maggiore rilevanza assunta dall’obiettivo dell’investimento in tema di intermediazione finanziaria. D’altra parte, però, la dichiarazione di nullità potrebbe anche derivare da un’espressa pattuizione intercorsa tra le parti, come la Suprema Corte ha ritenuto laddove la forma scritta dei singoli ordini di acquisto sia imposta dal contratto-quadro; in questo caso il rimedio della nullità non deriverebbe da ragioni di protezione imposte a livello normativo, ma piuttosto dalle disposizioni che regolano il contratto in generale, con conseguente riespansione delle regole codicistiche.

Il Prof. Fernando Greco ha concluso il suo intervento rilevando come, alla luce dei profili di divergenza enucleati, il più grave errore che si possa fare sia quello di pensare in termini di continuità rispetto alla disciplina sul contratto in generale; al contrario, analogamente a quanto avvenuto per la trasparenza, deve riconoscersi la certa predicabilità di un «prima» e di un «dopo», che tuttavia risente della disomogeneità del quadro rimediale. In questa prospettiva, per il Prof. Fernando Greco, l’ABF e l’ACF rappresenterebbero un punto di riferimento, non in funzione sostitutiva della giurisprudenza, ma con un ruolo di specificazione della complessa attività di interpretazione e forse anche come deflattori del contenzioso, in considerazione della capacità conformativa delle loro decisioni, rispetto al comportamento degli intermediari.

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All’esito dell’intervento, il Prof. Bruno Inzitari ha invitato a relazionare, in tema di “Nesso di causa tra inadempimento e danno”, il Prof. Giuseppe Guizzi, Professore di Diritto commerciale presso l’Università Federico II di Napoli e componente dell’Arbitro per le Controversie Finanziarie.

Il Prof. Giuseppe Guizzi, cogliendo le sollecitazioni provenienti dalle relazioni del Presidente Angelo Spirito e del Consigliere Aldo Angelo Dolmetta, ha innanzitutto osservato come la rilevata frammentazione della giurisdizione in una pluralità di organi non rappresenti necessariamente un vulnus del sistema e non sia estranea alla nostra esperienza giuridica, con particolare riferimento a quella pre-illuminista; in secondo luogo, il Relatore ha evidenziato come l’autoreferenzialità percepita nelle decisioni dell’ABF e dell’ACF, dove spesso vengono citati precedenti del medesimo Collegio, si sarebbe potuta limitare rispondendo positivamente al tentativo di porsi nell’alveo dell’ordinamento, condotto in occasione della pronuncia con cui il Collegio ABF di Napoli ha sollevato innanzi alla Corte Costituzionale una questione di legittimità; questa implicitamente si fondava sul presupposto che, dovendo l’Arbitro giudicare secondo diritto, non fosse possibile sottrarsi all’applicazione di una norma dell’ordinamento e, perciò, fosse legittimo accertare la sua conformità alla Costituzione.

Partendo dall’esperienza maturata quale componente dell’ACF, il Prof. Guizzi ha, dunque, fornito dati significativi sull’esperienza dell’organo, operativo dall’8 gennaio 2017, evidenziando come il valore medio delle controversie e delle condanne rispetto a quello dell’ABF, sulla base dei dati forniti dalla Dott.ssa Magda Bianco, lo abbia collocato all’interno della fascia di controversie non escluse dalla cognizione del giudice ordinario, rendendo così più forte il contrasto con gli orientamenti giurisprudenziali. Inoltre, proprio il valore delle condanne emesse all’esito dei procedimenti innanzi all’ACF rileva anche in ordine al più contenuto numero di adempimenti spontanei delle decisioni da parte degli intermediari, laddove invece l’esiguo importo delle condanne pronunciate dall’ABF ha costituito motivo di un più pronto adeguamento alle pronunce.

Concluse tali riflessioni, il Prof. Giuseppe Guizzi ha proceduto alla trattazione dell’argomento del proprio intervento, preliminarmente evidenziando come il problema della causalità si ponga a monte dei tipi di responsabilità che possono essere ascritti agli intermediari nella prestazione dei servizi di investimento. Rilevando la falsa contrattualità della responsabilità degli intermediari, il Relatore ha evidenziato come la violazione delle regole di condotta su questi gravanti sia certamente produttiva di danni tipicamente di natura aquiliana; e ciò anche accettando la diversità delle funzioni demandate alla responsabilità contrattuale e a quella extracontrattuale, dove la prima è chiamata a surrogare una mancata attribuzione di valore, mentre la seconda  a reintegrare un valore già presente nella sfera giuridica di un soggetto, leso da un comportamento altrui.

Approcciandosi al tema del nesso di causalità tra l’inadempimento dell’intermediario e il danno, il Prof. Guizzi ha rilevato come non vi sia un vero contrasto di orientamenti tra la giurisprudenza della Corte di Cassazione e le decisioni dell’ACF, stante la volontà di quest’ultimo di porsi nel solco dell’interpretazione fornita dalle Sezioni Unite della Corte. In merito, i giudici di legittimità hanno consolidato un orientamento secondo cui, in caso di violazione degli obblighi di astensione, il nesso di causalità sarebbe in re ipsa (da ultimo Cass. civ., sez. I, ord. 25 ottobre 2017, n. 25335), essendo l’obbligo in questione funzionale a prevenire un pericolo che si concretizza quando il soggetto non si astiene. Al contrario, in ipotesi di violazione di un dovere di informazione il nesso causale deve essere accertato dal giudice, che è tenuto a verificare quale sarebbe stata la scelta dell’investitore se l’intermediario avesse tenuto il comportamento dovuto. Tale onere ricadrebbe sul cliente, secondo le regole generali della responsabilità extracontrattuale, chiamato a provare il nesso con ogni mezzo e, dunque, anche tramite presunzioni. Ciò nonostante, la stessa Corte di legittimità ha espresso per quest’ultima ipotesi orientamenti differenti, facendo leva su una presunzione relativa della sussistenza del nesso di causalità – giustificata sulla base del disorientamento indotto nell’investitore dalla mancata informazione – con conseguente spostamento dell’onere probatorio in capo all’intermediario. L’intento di garantire una tutela più pregnante all’investitore, sotteso a quest’ultimo orientamento giurisprudenziale, sarebbe del tutto evidente nella prospettiva accolta dal Relatore; eppure esso occulterebbe il vero problema della protezione da assicurare all’investitore, giacché la tutela più efficiente non è quella risarcitoria, ma quella restitutoria. Lo stesso concetto di disorientamento, d’altra parte, secondo il Prof. Giuseppe Guizzi, dovrebbe essere utilizzato nell’ambito di un giudizio di annullamento del contratto, in cui, guardando a quali informazioni ha ricevuto l’investitore, se riteniamo che la sua volontà non si sia correttamente formata, non avremo bisogno di accertare la ricorrenza del nesso causale.

In verità, anche l’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione in merito agli obblighi di astensione non può considerarsi, secondo il Prof. Guizzi, esente da censure, in quanto considerare che l’astensione serva a scongiurare un pericolo che si concretizza se il soggetto non si astiene, implica l’accettazione di un’eccessiva semplificazione che non si attaglia al settore dell’intermediazione finanziaria. Nell’ambito della valutazione di adeguatezza cui è chiamato l’intermediario non sussiste un obbligo insuperabile di astensione, ma questa si atteggia come un richiamo all’informazione, affinché si pervenga ad una decisione più ponderata. Traguardando in questa prospettiva agli obblighi di astensione, il Prof. Giuseppe Guizzi ha rilevato come risulti come risulti difficile immaginare un nesso di causalità in re ipsa, essendo ugualmente necessario un giudizio controfattuale, che impone di provare che cosa sarebbe accaduto nello scenario alternativo, rilevando il profilo del cliente e la sua storia di investimento, che consente di rintracciare l’attitudine al rischio e di condurre un giudizio in ordine alle scelte che avrebbe compiuto.

Connesso a questo aspetto è quello relativo al danno, che il Prof.  Giuseppe Guizzi considera il punto di maggiore difficoltà di questa materia. Innanzitutto, richiamando l’impostazione accolta dal Prof. Giuseppe Jr. Ferri, l’investimento dovrebbe intendersi come un’operazione che non si può definire senza considerare il suo momento finale: il disinvestimento. In secondo luogo, sul valore dell’investimento e sulla determinazione del danno incidono due elementi, quali il tempo e l’andamento dell’attività dell’impresa cui il titolo è collegato. Ne è disceso nell’argomentare del Relatore che l’investimento ha per sua natura un andamento variabile, eppure se non si disinveste risulta difficile sostenere la ricorrenza di un danno, giacché il valore del titolo potrebbe tornare a crescere.

Questo discorso andrebbe a saldarsi a quello relativo ai fattori interruttivi del nesso di causalità, rispetto cui il Prof. Giuseppe Guizzi ha registrato un maggiore scostamento tra le decisioni dell’ACF e gli orientamenti giurisprudenziali. Tra i fattori interruttivi del nesso eziologico andrebbe posto il comportamento dell’investitore, in merito al quale si è osservato un orientamento oscillante della Suprema Corte. Secondo l’indirizzo fatto proprio in Cass. civ., ord. 31 agosto 2015, n. 17333, nell’ambito di un rapporto di consulenza, la mancata condivisione da parte dell’investitore dei suggerimenti forniti dopo la conclusione dell’ordine di acquisto, non implica l’esposizione volontaria ad un rischio, con la conseguenza che l’intermediario, che sia rimasto inadempiente agli specifichi obblighi informativi, non potrà invocare l’attenuazione della sua responsabilità, ex art. 1227 cod. civ. Per questa via si potrebbe rischiare, tuttavia, di indurre il cliente a ritenere erroneamente che, una volta compiuto l’investimento, il relativo rischio viene traslato sull’intermediario. Al contrario, l’investimento, quale operazione che si protrae nel tempo, non permette all’investitore di disinteressarsene. In questo senso, il Prof. Guizzi ha richiamato un altro orientamento espresso dai giudici di legittimità (rif. Cass. civ., 29 dicembre 2011, n. 29864) – successivamente condiviso anche dall’ACF – che, seppur con qualche contraddizione, hanno ritenuto che, in presenza di informazioni pubbliche circa l’andamento di un titolo, l’investitore diligente non poteva ignorarne la rilevanza e il danno eventualmente prodottosi si cristallizza alla data in cui il cliente ha avuto la disponibilità di quelle informazioni e poteva, dunque, di conseguenza determinarsi circa il proprio investimento.

In considerazione dei difformi orientamenti giurisprudenziali emersi, il Prof. Giuseppe Guizzi ha concluso il proprio intervento auspicando un chiarificatorio intervento delle Sezioni Unite.

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Terminato l’intervento del Prof. Giuseppe Guizzi, ha preso la parola il Prof. Bruno Inzitari per rassegnare le conclusioni dell’incontro svoltosi, sulla base delle suggestioni emerse dalle relazioni degli intervenuti.

Innanzitutto, il Prof. Inzitari ha evidenziato come se le giurisdizioni semplicemente si moltiplicassero, in ragione delle peculiarità dei soggetti, per assicurare loro un favore, un vantaggio, allora ciò determinerebbe il crollo dello Stato di diritto; laddove, però, la giurisdizione viene ad articolarsi – come avvenuto a seguito dell’introduzione di organi tecnici come l’ABF e l’ACF – manifestando maggiore specializzazione e capacità di intervento, questa deve essere riconosciuta alla stregua di una vittoria della giustizia, anche in termini di effettività della risposta.

Il Prof. Inzitari ha rilevato come dai lavori siano emersi spunti interessanti, non solo in ordine allo stato dell’arte, ma anche con riferimento ai mezzi di valutazione e di intervento, al contempo ringraziando il Dott. Giovanni Giacalone e la Dott.ssa Marilena Gorgoni per l’occasione di confronto che ha costituito l’incontro. È stato, dunque, rilevato come sia emersa dal confronto tra l’ABF e l’ACF, anche alla luce degli interventi dei Relatori, non solo una maggiore esperienza del primo rispetto al secondo, ma una loro differente natura. In questa prospettiva, il Prof. Inzitari ha rilevato come l’ABF si trovi dinanzi ad un cliente che ha visto trattenersi dalla banca qualcosa del suo patrimonio e che chiede una tutela restitutoria. Sfuggono a quest’organo, invece, le controversie che vedono l’intermediario agire nei confronti del risparmiatore, pur se più numerose, lasciate alla giurisdizione ordinaria. Al contrario, l’ACF si trova dinanzi ad operazioni economiche differenti, che riguardano soprattutto l’investimento effettuato dal cliente, in un quadro normativo in evoluzione assai più frenetica. Le stesse controversie, ha ritenuto il Prof. Bruno Inzitari, presentano momenti di criticità maggiori rispetto a quelle dell’ABF, giacché quest’ultimo decide generalmente questioni su cui si è consolidata una pluriennale elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, riferendosi ad un impianto normativo meno articolato rispetto a quello proprio dell’intermediazione finanziaria. Rilevante, al riguardo, si è manifestato il problema – sottoposto alla cognizione dell’ACF – relativo alle quattro banche risolte e dalle due banche venete, che ha posto seri problemi in ordine alla posizione da assumere per tutelare i risparmiatori, anche in considerazione dell’applicazione del d.lgs. 16 novembre 2015, n. 180 – con cui è stata recepita la Direttiva europea BRRD (“Bank Recovery and Resolution Directive”, direttiva n. 2014/59/EU) – solo a distanza di una settimana dalla sua entrata in vigore. Inoltre, è stato messo in rilievo come ulteriore scelta demandata all’ACF sia stata quella di riconoscere processabili, o meno, le controversie che vedevano coinvolte le banche poste in liquidazione coatta amministrativa. L’Arbitro sul punto si è risolto in senso positivo, per le sole controversie sorte prima del provvedimento di liquidazione, sul presupposto che non essendo le proprie decisioni vincolanti per le parti, non si dovesse sottostate alle regole di accertamento del credito in sede fallimentare.

Il Prof. Inzitari ha evidenziato, dunque, come si addensino una serie di questioni scivolose intorno all’operato dell’ACF, che si è sempre rivelato molto attento nel valutare in concreto la condotta dell’intermediario, al di là degli elementi formali che avrebbero potuto apparentemente indurre a ritenere correttamente adempiuta la valutazione di adeguatezza.

Il Prof. Bruno Inzitari ha individuato come ulteriore tema rilevante, emerso diffusamente anche in altri interventi, quello legato alla cessione del quinto, ritenuto espressione di un universo in espansione, che pone una pluralità di problemi, afferenti alla sua diffusione, all’assenza di interventi giurisprudenziali e dottrinali, cui si è contrapposta l’ampia produzione dell’ABF. Problemi che risultano ulteriormente acuiti da tecniche di ristrutturazione del debito che si basano, essenzialmente, su una rinnovazione del prestito all’infinito. Ha rilevato il Prof. Inzitari, dunque, come tali questioni potranno assumere una diversa rilevanza al momento dell’entrata in vigore dell’ormai approvato Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, nell’ambito del quale viene presa in considerazione la falcidia e la ristrutturazione delle esposizioni debitorie derivanti da contratti con cessione del quinto dello stipendio. Tale previsione, in verità, pone rilevanti ulteriori rilevanti criticità, in quanto un bene futuro, derivante dallo stipendio o dalla pensione, di cui l’intermediario cessionario si ritiene titolare, viene ad essere oggetto di una ristrutturazione messa al servizio della platea dei creditori, in tutto o in parte. Inoltre, come evidenziato dal Prof. Inzitari, in queste procedure il debitore di diritto comune viene valutato sotto il profilo della diligenza con cui si è esposto all’indebitamento, ma viene altresì verificata la correttezza della valutazione sul merito creditizio compiuta ab origine dall’intermediario; verifica cui astrattamente potrebbe essere chiamato ad esprimersi lo stesso ABF. La delicatezza dei temi in questione, potrebbe richiedere un apposito intervento normativo in tema di cessione del quinto.

Il Prof. Bruno Inzitari è passato, poi, ad esaminare un ulteriore questione rilevante nell’ambito del dibattito avutosi nel corso dei lavori, osservando come la mediazione si sia rivelata uno strumento inadeguato, soprattutto nell’ambito dei rapporti tra intermediario e cliente. Le procedure di mediazione, infatti, generalmente dilatano i tempi del contenzioso, non vedono l’adesione degli intermediari, senza che ciò rilevi nella valutazione del giudice. In considerazione di tali criticità, il Prof. Inziatari ha proposto la necessità di addivenire ad un diverso approccio, che veicoli la mediazione in sede giudiziale, affidandola al giudice investito della controversia.

Dunque, tirando le fila dell’incontro e guardando alle prospettive che potrebbero interessare l’attività dell’ABF e dell’ACF, soprattutto nel loro rapporto con la giurisprudenza, il Prof. Inzitari ha sostenuto la necessità di incentivare l’esperienza di questi organi tecnici, per la specializzazione dimostrata e per le loro modalità di funzionamento, che hanno indotto all’insorgenza di una concorrenzialità di valutazioni; ciò nonostante, il sistema sembrerebbe essere suscettibile di qualche miglioria, anche alla luce del mutamento degli scenari normativi in cui operano tali organi.

Il Prof. Bruno Inzitari ha concluso, dunque, evidenziando come il cammino dell’interpretazione della giustizia sia lungo e si debba essere, perciò, tenaci.


* Il presente report intende riassumere i punti salienti degli interventi svolti dai relatori. Esso si basa su note e appunti degli Autori, cui sono dunque unicamente imputabili lacune, omissioni o imprecisioni. Il testo non è stato rivisto dai relatori che hanno partecipato al convegno.

Gli interventi del Dott. Riccardo Fuzio, del Prof. Bruno Inzitari, del Prof. Fernando Greco e del Prof. Giuseppe Guizzi sono stati curati dalla dott.ssa Laura Albanese; gli interventi del Dott. Giovanni Giacalone, del Dott. Angelo Spirito, del Dott. Aldo Angelo Dolmetta, della Dott.ssa Magda Bianco e del Prof. Andrea Zoppini sono stati curati dal dott. Michael Lecci.

 

Qui il documento formato pdf: Report – 4 aprile 2019 ADR ABF ACF