La Rimessione in termini nelle esecuzioni immobiliari: l’applicazione del principio di inesigibilità della prestazione per causa non imputabile al debitore nell’ordinanza del 04/02/2025, Tribunale di Brindisi – G.E. Dott. Antonio Ivan Natali – n. R.G.E. 76/2021.
Il Giudice dell’Esecuzione (GE) del Tribunale di Brindisi ha recentemente emesso un provvedimento di notevole interesse ermeneutico, ponendo in luce la sempre attuale necessità di un’interpretazione evolutiva delle norme processuali in ossequio ai principi costituzionali e convenzionali. La statuizione trae origine dall’esigenza di pronunciarsi su un’istanza di rimessione nei termini per il pagamento, presentata dal debitore in pendenza di conversione del pignoramento, istanza motivata dal sopravvenuto ulteriore pignoramento ad opera di un terzo e dal grave e documentato peggioramento delle condizioni di salute del debitore stesso.
*****
Il quadro ermeneutico e i principi fondamentali.
Nella decisione in parola, il GE ha premesso che, pur in assenza di una specifica previsione codicistica relativa a un potere di rimodulazione d’ufficio o su istanza di parte dei modi e dei tempi della conversione del pignoramento, l’ordinamento processuale non può esimersi da una lettura costituzionalmente e convenzionalmente orientata delle norme civilistiche e processual-civilistiche in tema di rimessione in termini ed esecuzioni immobiliari. Tale approccio esegetico impone quindi di conformare le disposizioni in materia di esecuzioni ai principi personalistico e solidaristico sanciti dall’Art. 2 della Costituzione, nonché agli effetti conformativi derivanti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).
In questo contesto interpretativo, si afferma quindi il principio di inesigibilità temporanea della prestazione del debitore pignorato, derivante da una causa di forza maggiore. Tale principio trova, in primis, il suo fondamento implicito negli Articoli 1175 (correttezza) e 1375 (esecuzione secondo buona fede) del Codice Civile, alla luce dei quali l’adempimento di un’obbligazione, inclusa quella pecuniaria, può considerarsi contrario al canone della buona fede oggettiva qualora intervengano nella sfera personale del debitore circostanze transeunti, oggettive e verificabili che rendano l’esecuzione irragionevole. A titolo esemplificativo, il provvedimento menziona la perdita temporanea dello stato occupazionale,uno stato di malattia parzialmente invalidante o un pignoramento in proprio danno.
La forza maggiore: un paradigma in evoluzione.
La pronuncia del GE evidenzia l’evoluzione del concetto di forza maggiore, richiamando in particolare la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. La sentenza C-314/06 (Société Pipeline Méditerranée et Rhône c. Amministrazione delle dogane) ha esteso la nozione di forza maggiore oltre l’impossibilità assoluta, ricomprendendovi “circostanze anormali e imprevedibili, indipendenti dall’operatore, le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate malgrado l’adozione di tutte le precauzioni del caso”. Ciò postula la coesistenza di un “elemento oggettivo (circostanze esogene e abnormi) e un elemento soggettivo (l’onere dell’interessato di adottare misure appropriate senza incorrere in sacrifici sproporzionati)”.
Analogamente, osservando altre branche del diritto domestico, la giurisprudenza di legittimità penale italiana, seppur con pronunce talvolta isolate, ha manifestato un’apertura verso una concezione più ampia della forza maggiore. Si richiama, in tal senso, la Cass. Pen., n. 5905 del 07.02.2014, la quale ha riconosciuto la configurabilità della forza maggiore anche in un’imprevista e imprevedibile indisponibilità di liquidità, purché non correlata alla condotta gestionale dell’imprenditore. Questo indirizzo segna un significativo superamento rispetto agli orientamenti precedenti, maggiormente restrittivi, che escludevano tout court le difficoltà economiche dal perimetro della forza maggiore (cfr. Cass. pen., Sez. III, 04/12/2007, n. 4529).
Inesigibilità e criteri di imputazione della responsabilità: una delicata intersezione.
Il provvedimento in commento opera una distinzione cruciale, offrendo un’interpretazione gradata del concetto di forza maggiore in relazione all’inadempimento nell’applicazione delle norme civilistiche.
Difatti, mentre il principio della forza maggiore tende a conservare la sua assolutezza in ambito di responsabilità penale dell’imprenditore (in considerazione del rischio d’impresa connaturato all’attività economica), la sua applicazione tout court in altri contesti – come un’esecuzione immobiliare – potrebbe condurre a nefaste conseguenze; per questo motivo, in tale contesto, acquista particolare rilevanza il concetto di inesigibilità della prestazione legata alla forza maggiore.
Difatti, allorquando si prospetti la perdita del “bene-casa”, la cui tutela rientra nell’ampia sfera di protezione della proprietà privata garantita anche dalla CEDU come diritto fondamentale della persona – elevando il diritto di proprietà al di là della sua precedente veste di diritto funzionalizzato all’utilità sociale, come delineato dalla Costituzione italiana, riconoscendogli invece un intrinseco valore personalistico, è necessario a maggior ragione addivenire ad un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme civilistiche e processual-civilistiche in tema di esecuzione forzata.
La rimessione in termini quale strumento di tutela sostanziale.
Sul piano dei rimedi processuali, l’attuale assetto codicistico consente l’applicazione dell’istituto della rimessione in termini. L’art. 153, comma 2, c.p.c., nella sua formulazione novellata, subordina la rimessione alla dimostrazione da parte dell’interessato che la decadenza sia intervenuta per “causa ad essa non imputabile”.
La giurisprudenza di legittimità ha progressivamente interpretato la “causa non imputabile” in senso non strettamente limitativo all’impossibilità oggettiva assoluta, estendendola all’impossibilità di tipo soggettivo. Tale orientamento, ampiamente sostenuto dalla dottrina civilistica moderna, consente di liberare il debitore qualora l’esecuzione della prestazione implichi pericoli eccessivi per la propria incolumità o sacrifici economici insuperabili, pur in assenza di una oggettiva impossibilità materiale.
È richiesto, tuttavia, che l’impedimento sia dotato di oggettività (nel senso di estraneità alla sfera di controllo del soggetto) e imprevedibilità/ingovernabilità. L’inesigibilità della prestazione, pur persistendo la sua possibilità giuridica e materiale, si configura qualora “sopravvenienze non patrimoniali impongano, in conformità ai principi costituzionali, che queste prevalgano sugli interessi patrimoniali sottesi all’esatto adempimento”. In siffatte evenienze, il creditore è onerato di tollerare, entro i limiti della correttezza e della buona fede, una prestazione differente o di astenersi dall’esigerla.
La decisione del Tribunale di Brindisi: un precedente significativo.
Nel caso de quo, il Giudice dell’Esecuzione ha acclarato che il sopravvenuto pignoramento e la mutata condizione di salute del debitore hanno concorso a determinare un apprezzabile aggravamento della sua situazione economica. Per tali ragioni, è stata accordata la rimessione in termini all’esecutato rispetto ai pagamenti precedentemente concordati in sede di conversione di pignoramento.
Questa soluzione non solo previene la perdita del bene-casa – esito altrimenti ineludibile stante il divieto di riproporre l’istanza di conversione – ma consente altresì al debitore di riprendere regolarmente i pagamenti una volta cessato l’impedimento transitorio. Tale statuizione si configura come un’applicazione virtuosa e concreta della necessità di armonizzare il “micro-sistema” delle esecuzioni immobiliari con le istanze solidaristiche declinate dall’Art. 2 Cost., dimostrando che il principio di inesigibilità può operare efficacemente in ipotesi di impossibilità soggettiva temporanea o di transitoria inesigibilità, senza peraltro confliggere con il principio di inestinguibilità delle obbligazioni pecuniari.

www.lexant.it
Seguici sui social:
Info sull'autore
Società Benefit tra Avvocati MILANO, Via Pietro Cossa n. 2 +39 02 36709728 www.lexant.it