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Nota a App. Milano, Sez. I, 4 giugno 2025.

La Corte d’Appello di Milano, in integrale riforma della sentenza di primo grado, dichiara la nullità di un contratto di linea di credito revolving promosso presso un rivenditore convenzionato. In adesione ad un recente principio di diritto della Cassazione (n. 12838/2025), la Corte meneghina osserva che la carta revolving non costituisce una mera carta di pagamento ai sensi della deroga prevista dal D.M. 485/2001, ma un vero e proprio finanziamento. Di conseguenza, la sua diffusione da parte di un soggetto non iscritto nell’elenco degli agenti (ex D.Lgs. n. 374/1999) viola una norma imperativa, cui ne consegue la nullità virtuale del contratto (art. 1418 c.c.). Il provvedimento del giudice del gravame rigetta inoltre le eccezioni di prescrizione dell’azione e di abusivo frazionamento della domanda.

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SOMMARIO: 1. La fattispecie: la nullità della carta revolving. – 2. La decisione di primo grado e i motivi d’appello. – 3. L’intervento della Cassazione (Sent. n. 12838/2025) e la natura della carta revolving. – 4. Conclusioni.

 

1. La fattispecie: la nullità della carta revolving.

La pronuncia che qui ci occupa tratta la questione della validità dei contratti di linea di credito revolving sottoscritti presso rivenditori di beni e servizi (c.d. “convenzionati”) in data antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. 141/2010. Nel caso di specie, un consumatore aveva sottoscritto, contestualmente all’acquisto di arredi nel 2004, un contratto di finanziamento che includeva la concessione di una carta di credito revolving. L’appellante ha promosso la causa chiedendo di accertare la nullità di tale linea di credito, lamentando, tra i vari motivi, la violazione dell’art. 3 del D.Lgs. 374/1999. Tale norma riservava l’esercizio professionale dell’attività di agenzia in attività finanziaria ai soli soggetti iscritti in un apposito elenco istituito presso l’Ufficio italiano dei cambi.

 

2. La decisione di primo grado e i motivi d’appello.

Il Tribunale di Milano, in primo grado, aveva rigettato la domanda. Il Giudice aveva ritenuto applicabile l’ipotesi derogatoria prevista dall’art. 2, comma 2, lett. a) del D.M. 485/2001 , la quale esclude dall’obbligo di iscrizione la mera distribuzione di carte di pagamento. L’appellante impugnava la decisione, sostenendo che la carta revolving non fosse una semplice carta di pagamento, bensì un’operazione di prestito complessa, e che la deroga fosse limitata ai soli finanziamenti finalizzati all’acquisto del bene specifico. L’intermediario finanziario proponeva appello incidentale, eccependo la prescrizione dell’azione di nullità e l’abuso del processo per frazionamento della domanda.

 

3. L’intervento della Cassazione (Sent. n. 12838/2025) e la natura della carta revolving.

Ancor prima di esaminare il merito, la Corte d’Appello rigetta gli appelli incidentali e conferma la correttezza della decisione di primo grado nel ritenere l’azione di nullità imprescrittibile (ex art. 1422 c.c.) nonché nell’escludere un abusivo frazionamento della domanda di mero accertamento. Nel merito dell’appello principale, la Corte ritiene il gravame fondato. La pronuncia poggia sull’adesione al principio di diritto enunciato nelle more del contenzioso dalla Corte di Cassazione, con sentenza n. 12838/2025. Il Supremo Collegio, citato dalla Corte meneghina, ha risolto il contrasto interpretativo sull’art. 2 del D.M. 485/2001 chiarendo che, sebbene la carta di credito sia uno strumento di pagamento, la carta revolving si differenzia nettamente dalla carta di pagamento (cui si riferisce la deroga) e dalla carta charge. Il tratto distintivo della revolving è la “funzione di finanziamento che le è propria”, data dalla facoltà del cliente di rateizzare i rimborsi pagando interessi. Per l’effetto, la promozione e conclusione di tale contratto non rientra nella deroga ed è soggetta alla riserva di attività prevista dall’art. 3, D.Lgs. 374/1999 essendo tale norma di natura imperativa, posta a tutela di interessi pubblici, la sua violazione comporta la nullità virtuale del contratto ai sensi dell’art. 1418, comma 1, c.c..

 

4. Conclusioni.

Con il provvedimento dell’appello, la Corte dichiara nullo il contratto. Per quanto sopra, ne discende la ripetizione dell’indebito conseguenti alla nullità, con l’obbligo in capo all’appellante di restituire alla finanziaria “soltanto le somme ricevute in prestito al tasso legale ai sensi dell’art. 1284, primo comma, c.c.“. Le spese di lite di entrambi i gradi vengono interamente compensate, stante il contrasto giurisprudenziale sulla materia, risolto solo di recente dalla Cassazione.

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