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di Andrea Gerardi

Dottore Commercialista e Gestore della Crisi

Il saggio propone una lettura integrata della rigenerazione urbana e della rigenerazione sociale, evidenziando come la qualità dello spazio costruito, la coesione comunitaria e l’inclusione finanziaria si sostengano a vicenda. Per consolidare i risultati degli interventi urbani, occorre affiancare alle opere fisiche misure continuative di prevenzione dell’indebitamento, gestione delle crisi e reinserimento economico di famiglie e microimprese. In chiave interdisciplinare, si delineano pratiche e indicatori per una governance “a doppia elica” (spazi + persone), capace di proteggere il risparmio, ridurre la morosità, rafforzare la reputazione dei quartieri e creare valore durevole.

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Sommario: 1. Premessa. – 2. Perché la rigenerazione è anche sociale. – 3. Dalla vulnerabilità finanziaria alla tutela del risparmio. – 4.  Governance “a doppia elica”: spazi + persone. – 5. Strumenti operativi: prevenzione, gestione, reinserimento. – 6. Misurare l’impatto e consolidare il valore. – 7. Conclusioni.

 

1. Premessa.

La rigenerazione urbana non è più (solo) un tema edilizio: è una politica pubblica che intreccia ambiente, servizi, mobilità, sicurezza, innovazione e, soprattutto, coesione sociale. All’interno di questo quadro, la condizione economico-finanziaria delle famiglie e delle microimprese locali incide in modo decisivo sulla tenuta dei progetti: morosità diffuse, turnover abitativo o chiusure commerciali riducono la qualità percepita dei quartieri e ne comprimono i valori immobiliari. Ne discende una tesi semplice: rigenerare gli spazi funziona se, insieme, si rigenerano le persone. Per farlo, occorre un linguaggio comune tra diritto, economia urbana e politiche sociali, e una governance capace di rendere contrattualizzabili e misurabili gli obiettivi sociali.

 

2. Perché la rigenerazione è anche sociale.

La trasformazione fisica di un’area genera effetti moltiplicativi solo se la domanda locale è stabile e capace di sostenerla nel tempo. Interventi su spazi pubblici, residenze, funzioni di prossimità e mobilità soft attirano investimenti e popolazione, ma rischiano di produrre benefici fragili se convivono con vulnerabilità economiche irrisolte: famiglie in affanno con mutui o canoni, microimprese sotto-capitalizzate, lavoratori intermittenti. La conseguenza pratica è un aumento degli insoluti e un deterioramento del tessuto commerciale. Inserire, fin dalla fase di programmazione, misure di prevenzione dell’indebitamento e sostegni alla gestione delle crisi stabilizza i flussi, protegge il risparmio e riduce il rischio reputazionale dei quartieri.

 

3. Dalla vulnerabilità finanziaria alla tutela del risparmio.

La tutela del risparmio non è una formula astratta: discende da relazioni contrattuali sane e continuative (mutui, locazioni, forniture), dalle quali dipende anche la maturazione del valore immobiliare. La vulnerabilità finanziaria, se trascurata, si manifesta in una spirale di ritardi, contenziosi, esecuzioni, che impoverisce famiglie, proprietari e operatori, e grava sulla finanza pubblica locale. In risposta, il nostro ordinamento ha sviluppato una cassetta degli attrezzi più organica rispetto al passato per la gestione del sovraindebitamento delle persone e dei piccoli operatori economici (si pensi al percorso dalla L. 3/2012 al riordino nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, con il rafforzamento degli Organismi di Composizione della Crisi e di soluzioni omologabili e sostenibili). Senza indugiare al tecnicismo normativo, l’indicazione operativa è chiara: anticipare i segnali di stress e semplificare l’accesso a percorsi di rientro proporzionati, così da contenere l’erosione di capitale economico e sociale.

 

4. Governance “a doppia elica”: spazi + persone.

L’architettura istituzionale è decisiva. Accanto alla pianificazione urbanistica e agli strumenti di attuazione, è opportuno che i progetti di rigenerazione includano una governance sociale con attori esplicitamente incaricati di prevenzione, gestione delle crisi e reinserimento. In tale perimetro rientrano amministrazioni locali, soggetti attuatori, investitori immobiliari, banche, fondazioni, terzo settore, università. Il principio è quello del partenariato: obiettivi comuni, responsabilità chiare, indicatori verificabili e rendicontazione periodica. Nei partenariati pubblico–privati, gli indicatori sociali possono entrare a pieno titolo tra gli obiettivi di progetto, connessi – ad esempio – alla riduzione della morosità, alla stabilità insediativa e alla sopravvivenza delle microimprese nei primi anni.

 

5. Strumenti operativi: prevenzione, gestione, reinserimento.

Tre linee d’azione, coordinate tra loro, compongono il “toolkit” operativo.

a) Prevenzione
La prevenzione riduce la probabilità di crisi e il loro costo sociale. Nei quartieri oggetto di intervento è utile attivare programmi di educazione finanziaria permanenti, modulati per famiglie, giovani e microimprese: budgetting, uso consapevole del credito, gestione di mutui e canoni, tutela del risparmio. I programmi possono essere integrati in sportelli di prossimità presso centri civici o spazi rigenerati, sfruttando la prossimità fisica per abbattere le barriere all’accesso.

b) Gestione delle crisi
Quando la crisi si manifesta, il fattore tempo è decisivo. Sportelli integrati che orientino rapidamente verso soluzioni di composizione (rinegoziazioni assistite, piani sostenibili, gestione delle posizioni esposte) riducono inadempimenti e contenziosi. Nei casi compatibili, la salvaguardia dell’abitazione principale – nel rispetto della sostenibilità e dell’equa soddisfazione dei creditori – preserva la continuità comunitaria, riducendo gli effetti collaterali su scuole, servizi e reti di prossimità.

c) Reinserimento
La stabilità di medio periodo dipende dalla capacità di rientrare in circuiti lavorativi e produttivi. Per le microimprese, sono utili percorsi di tutoraggio economico-finanziario (check-up periodici, micro-anticipazioni puntuali e trasparenti, accompagnamento alla digitalizzazione); per le famiglie, percorsi di capacity building su gestione del bilancio e transizioni lavorative. Queste misure “soft” costano poco rispetto alle opere fisiche e hanno un impatto elevato sulla resilienza del progetto.

 

6. Misurare l’impatto e consolidare il valore.

Ciò che non si misura non si governa. Accanto ai tradizionali KPI ambientali (efficienza energetica, riduzione emissioni) e fisici (superfici riqualificate, dotazioni), è necessario introdurre KPI sociali e finanziari. A titolo esemplificativo:

  • Tasso di morosità (prima/dopo intervento), su locazioni e utenze;
  • Turnover abitativo e permanenza media dei nuclei;
  • Numero e tasso di successo dei percorsi di rientro da posizioni a rischio;
  • Sopravvivenza delle microimprese a 12/24 mesi;
  • Partecipazione a programmi Edufin e variazione della capacità di risparmio.

Questi indicatori possono essere contrattualizzati nei partenariati e alimentare una rendicontazione di impatto annuale, utile per la trasparenza verso cittadini e investitori. La reputazione di un quartiere – e dunque il suo valore immobiliare – è sensibile alla qualità del vivere quotidiano: continuità nei pagamenti, servizi di prossimità vitali, fiducia tra attori. La misurazione rende visibile (e bancabile) questa qualità.

 

7. Conclusioni.

Rigenerare spazi senza rigenerare persone significa costruire fondamenta deboli. L’integrazione tra interventi fisici e misure sociali-finanziarie non è un “di più” etico, ma un fattore di successo economico: tutela il risparmio, riduce i rischi, consolida il valore nel tempo. La strada operativa è chiara: governance integrata, sportelli di prossimità, prevenzione continua, procedure di rientro efficaci, indicatori misurabili e rendicontazione pubblica. In questa prospettiva, il diritto non è mero apparato regolatorio: è infrastruttura che consente di tradurre obiettivi sociali in impegni verificabili, trasformando la rigenerazione urbana in sviluppo sostenibile nel senso pieno del termine.

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