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Nota a Cass. Civ., Sez. II, 12 giugno 2024, n. 16332.

Il mutuo va annoverato tra i contratti reali, il cui perfezionamento avviene, cioè, con la consegna del denaro o delle  altre cose fungibili che ne sono oggetto; ne consegue che la prova della materiale messa a disposizione dell’uno o delle altre in favore del mutuatario e del titolo giuridico da cui derivi l’obbligo della vantata restituzione costituisce condizione dell’azione, la cui dimostrazione ricade necessariamente sulla parte che la res oggetto
del contratto di mutuo chiede in restituzione (Cass., Sez. II, 22 novembre 2021, n. 35959).

L’attore che chiede la restituzione di somme date a mutuo è tenuto a provare, ai sensi del primo comma dell’art. 2697 cod. civ., gli elementi costitutivi della domanda, e quindi non solo la consegna, ma anche il titolo della stessa, dal quale derivi l’obbligo della reclamata restituzione, senza che la contestazione del convenuto – il quale, riconoscendo di aver ricevuto la somma, deduca una diversa ragione della dazione di essa – si tramuti in eccezione in senso sostanziale, sì da invertire l’onere della prova (Cass., Sez. II, 29 novembre 2018, n. 30944; Cass., Sez. III, 13 marzo 2013, n. 6295; Cass., Sez. III, 19 agosto 2003, n. 12119).

Nella specie, vi è da osservare che la Corte ha fornito una puntuale motivazione delle ragioni che l’hanno indotta a negare l’esistenza di un contratto di mutuo (scarsa attendibilità delle dichiarazioni a fronte delle risultanze documentali, assenza di prova dell’entità della somma ritenuta oggetto del mutuo; assenza di
ragioni idonee a spiegare la mancanza della prova documentale), per cui la doglianza mira a una inammissibile rivalutazione delle risultanze istruttorie, preclusa in sede di legittimità.

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