1 min read

Nota a ACF, 5 giugno 2024, n. 7402.

di Emanuele Bray

Analyst Finance & Performance

La recentissima decisione in oggetto attiene alla richiesta di risarcimento danni elevata da parte di un cliente (parte ricorrente o investitore) nei confronti di un intermediario (parte convenuta o resistente) in merito ad una linea di gestione patrimoniale. Nello specifico, all’origine della controversia vi sarebbe l’asserita violazione degli obblighi informativi e della valutazione di adeguatezza degli investimenti effettuati.   

Nel merito, il ricorrente ha contestato la mancanza di una rendicontazione aggregata e complessiva in merito a costi e oneri afferenti ai prodotti acquistati dallo stesso; il cliente avrebbe sottoscritto, infatti, nel corso degli anni, un contratto quadro, un contratto di custodia e amministrazione titoli, un contratto di gestione di portafogli e infine una polizza assicurativa unit-linked. Il ricorrente lamentava l’assunto in base al quale, la mancata ricezione di una rendicontazione aggregata gli avrebbe impedito una visione omogenea delle scelte di​​ investimento e avrebbe agevolato, inter alia, l’insorgenza di una “moltiplicazione” dei costi con conseguente maggior onerosità degli investimenti realizzati.

Il cliente eccepiva, altresì, nell’ambito della gestione patrimoniale, la deviazione rispetto al benchmark di riferimento (indicato sul contratto quadro inizialmente sottoscritto) e lo scostamento dalla percentuale degli strumenti finanziari rispetto a quella pattuita contrattualmente.

Fra le principali contestazioni mosse da parte ricorrente vi è, inoltre, la nullità del contratto ai sensi dell’art. 30, comma 7, TUF per omessa informativa circa il diritto di recesso (ius poenitendi), alla luce di un rapporto consulenziale ultimatosi, quasi sempre, per via telefonica e/o tramite familiari​​ (facendo venir meno il contatto fisico e diretto con il cliente).

In ultimo, viene eccepita nei confronti dell’intermediario la mancata informativa in merito al potenziale conflitto di interessi, generatosi dalla sottoscrizione di fondi del medesimo gruppo di appartenenza della banca.

Alla luce di ciò il ricorrente chiedeva la restituzione delle somme addebitate sotto forma di oneri e commissioni nei dieci anni di gestione patrimoniale.

L’intermediario resistente ha richiesto il rigetto del riscorso sulla base delle controdeduzioni riportate di seguito. Nello specifico, in merito all’omessa informativa, l’intermediario ha dichiarato di aver trasmesso rendicontazioni periodiche che indicavano i risultati della gestione, commissioni, spese, imposte addebitate ed eventuali conflitti di interesse in ottemperanza a quanto indicato dalla normativa di settore pro tempore vigente, ovvero, il Regolamento Consob n.16190/2007 ed il Regolamento Consob n.20307/2018 (con il quale sono state recepite le disposizioni di cui alla normativa MIFID II). In merito alla nullità del contratto ex art. 30 del comma 7 del TUF, inoltre, ha evidenziato che il contratto di gestione era stato sottoscritto in filiale con annessa informativa circa il diritto di recesso (esercitabile, come rilevato in diritto dall’ ACF, entro 7 giorni)​​.

L’ACF ha rigettato il ricorso del ricorrente, sulla base delle seguenti considerazioni:

  • l’intermediario non ha violato la normativa di riferimento e ha adempiuto agli obblighi di informativa e trasparenza ​​, fornendo con adeguata periodicità la documentazione precipua alla comprensione di costi e rendimenti;
  • il ricorrente non ha fornito prove sufficienti a supporto delle sue accuse, e non ha dimostrato il nesso eziologico tra le presunte violazioni e il danno subito​​;
  • la richiesta di risarcimento elevata risultava priva di idoneo supporto probatorio​​; nello specifico, il ricorrente non avrebbe determinato in che misura la mancata ricezione dell’informativa avrebbe cagionato il menzionato danno.

Seguici sui social: