Nota a ABF, Collegio di Bari, 6 febbraio 2024, n. 1566.
«Ma chi le ha viste mai [seicento mila lire]?
No, dico chi le ha viste mai in contanti,
perché noi usiamo gli chèque, e lui lo sa:
ogni chèque è così [ne mima le cospicue dimensioni,
ponendo la mano sinistra di taglio all’altezza circa della metà dell’avambraccio destro].»
(Principe Antonio De Curtis in arte Totò, “Miseria e Nobiltà”, versione cinematografica dell’omonima commedia teatrale di Eduardo Scarpetta)
Si sa: i nobili son gente complicata. Sofisticata, verrebbe da dire[1]. E se loro pagano (o pagavano) con gli “chèque”, di tutta evidenza, lo strumento deve avere una sua complessità. Stiamo, come ovvio, discorrendo di assegni e non può non tornare alla mente (essendo gli assegni species del più ampio genus dei titoli di credito) quanto un Maestro del diritto ebbe a dire riguardo alla sottigliezza concettuale che vi era sottesa: «I titoli di credito sono materia di alta precisione concettuale; sollecitano l’impiego di una tecnica giuridica quanto mai affinata; evocano, se ci si vuole avvalere di una metafora, l’immagine di una meccanica di precisione. Vi si sono cimentati grandi maestri del passato: da Cesare Vinante a Francesco Carnelutti; da Tullio Ascarelli a Walter Bigiavi; e sono tuttora illuminanti le lezioni consegnate alle stampe da Alberto Asquini. È facile comprendere come una così ardua materia – “enigmistica del diritto” l’aveva definita Carnelutti – possa aver dato luogo a forti divergenze di opinioni e come la teoria del titolo di credito abbia potuto raggiungere un grado di complessità che non ha pari in altri settori della letteratura giuridica»[2]. E aggiungeremmo che tale ampia letteratura giuridica comprende, altresì, una sterminata giurisprudenza. Tale nota ha ad oggetto una di tali pronunce. Nella specie, la Decisione n. 1566 del 6 febbraio 2024 del Collegio di Bari dell’Arbitro Bancario Finanziario.
«La domanda proposta dal ricorrente – sottolinea il Collegio arbitrale – è relativa all’accertamento della responsabilità (pari al 50% dell’importo portato dal titolo) della banca negoziatrice di un assegno, successivamente rilevatosi falso in seguito ad una truffa perpetrata in data 27/07/2020 a causa della quale gli veniva addebitato l’importo di euro 16.800,00». Le doglianze del ricorrente risultano relative alla condotta asseritamente negligente della banca presso i cui sportelli il titolo falso era stato posto all’incasso. L’assegno avrebbe presentato, per come assunto dal ricorrente, irregolarità tali, attesa anche la vigente normativa in materia di negoziazione degli assegni (cosiddetta CIT, “Check Image Truncation”), da dover essere rilevati all’atto della negoziazione. Di contrario avviso la banca negoziatrice, e resistente nel ricorso, la quale assume che «l’operatore di sportello, nell’effettuare le operazioni di pagamento degli assegni, deve attenersi alla diligenza richiesta per l’esercizio delle operazioni bancarie che riguardano nello specifico un controllo della correttezza e presenza di tutti i requisiti essenziali previsti dalla legge relativamente agli assegni, nonché un controllo (non tecnico) della regolarità formale del titolo. In tale ottica, nel merito del caso in disamina, precisava che la negoziazione del titolo in contestazione fosse avvenuta nell’assoluto rispetto della normativa vigente, adottando la diligenza qualificata di cui all’art. 1176, secondo comma, codice civile e “tenendo conto delle cautele e degli accorgimenti che le circostanze del caso concreto suggeriscono”, come rilevato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. Civ., n. 20543/2009)»[3].
Il Collegio arbitrale inizia la propria analisi della questione rammentando che la materia della presentazione al pagamento degli assegni bancari risulta attualmente normata dalla cosiddetta procedura CIT (acronimo di Check Image Truncation). La relativa riforma legislativa del 2011[4], pur non operando radicali modifiche al R.D. 1736/1933[5] (cosiddetta Legge Assegni), difatti, va a incidere su un aspetto di fondamentale rilievo nella disciplina normativa degli assegni bancari e circolari: la presentazione al pagamento. Ricapitolando – per la parte di solo interesse ai fini della presente trattazione – con l’ausilio della Circolare ABI Serie Tecnica n. 5 del 22 marzo 2016[6], «l’art. 8, comma 7, lettera b), del Decreto Legge n. 70 del 13 maggio 2011 (convertito con modificazioni dall’art. 1, comma 1, della Legge 12 luglio 2011 n. 106) ha introdotto alcune rilevanti modifiche alla Legge Assegni che vanno ad incidere su aspetti qualificanti del processo di presentazione al pagamento degli assegni e su quello di constatazione del mancato pagamento da parte dei pubblici ufficiali (tramite il protesto e la dichiarazione equivalente), prevedendo in particolare che:
- l’assegno bancario e l’assegno circolare possono essere presentati al pagamento in forma sia cartacea sia elettronica (combinato disposto del comma 3, dell’art. 31, della Legge Assegni e del comma 1, dell’art. 86, della medesima legge);
- il portatore può esercitare il regresso contro i giranti, il traente e gli altri obbligati se l’assegno bancario, presentato in tempo utile, non è pagato, purché il rifiuto del pagamento sia constatato: 1) con atto autentico (protesto), oppure; 2) con dichiarazione del trattario scritta sull’assegno bancario con l’indicazione del luogo e del giorno della presentazione o 3) con dichiarazione della Banca d’Italia, quale gestore delle Stanze di Compensazione o delle attività di compensazione e di regolamento delle operazioni relative agli assegni, attestante che l’assegno bancario, presentato in forma elettronica, non è stato pagato (art. 45, comma 1, della Legge Assegni);
- il protesto o la constatazione equivalente possono essere effettuati in forma elettronica sull’assegno presentato al pagamento in forma elettronica (art. 61, comma 3, della Legge Assegni).
A tali novità si aggiunge la previsione della lettera c) del medesimo art. 8, comma 7, secondo cui le copie informatiche di assegni cartacei sostituiscono ad ogni effetto di legge gli originali da cui sono tratte se la loro conformità all’originale è assicurata dal negoziatore mediante l’utilizzo della propria firma digitale e nel rispetto delle disposizioni attuative e delle regole tecniche all’uopo previste (art. 66, comma 2, della Legge Assegni).
Pertanto, il legislatore del 2011 ha preferito – pur innovando radicalmente sotto i cennati profili la disciplina primaria di settore – mantenere fermo il testo legislativo di riferimento (Legge Assegni) innestando in esso – con la tecnica della novella – i necessari incisi normativi, con ciò sortendo l’esito di integrare e modificare l’articolato originario per quanto ritenuto necessario ai fini dell’introduzione della riforma in parola (completata dal Regolamento di natura attuativa rimesso alla competenza del Ministero dell’Economia e delle Finanze e approvato con Decreto n. 205 del 3 ottobre 2014 e dal “Regolamento recante regole tecniche in materia di presentazione al pagamento in forma elettronica degli assegni bancari e circolari e di protesto o constatazione equivalente in forma elettronica” pubblicato da Banca d’Italia il 16 novembre 2015). Da ultimo, l’Associazione Bancaria Italiana, facendosi parte attiva del processo di innovazione e d’intesa con Banca d’Italia, ha approntato le soluzioni tecnico-operative da adottarsi, a cura degli intermediari, per l’attuazione della procedura CIT con proprie circolari agli associati tra cui rammentiamo le circolari ABI serie tecnica n. 5 del 22 marzo 2016 e n. 12 del 4 luglio 2018.
La presentazione del titolo al pagamento avviene previa digitalizzazione dello stesso. L’assegno cartaceo viene convertito – sulla scorta di precise specifiche tecniche dettate nella normativa regolamentare e nelle circolari ABI sopra richiamate – in un’immagine digitale. Da quel momento, il titolo, e i diritti ad esso connessi, non sono più immanenti al documento cartaceo ma “trasfusi” nell’immagine stessa. E sarà, per l’appunto, tale immagine ad essere presentata al pagamento. La banca negoziatrice provvede alla presentazione al pagamento del titolo con due distinte modalità. Il discrimine tra l’una e l’altra sta nell’importo recato dall’assegno. Più precisamente:
- per importi fino a € 8.000,00, la presentazione al pagamento avviene con la trasmissione in via telematica al trattario o all’emittente almeno dei seguenti dati: a) identificativo del negoziatore (codice ABI e CAB); b) identificativo del trattario o dell’emittente (codice ABI e CAB); c) importo; d) data di emissione; e) numero identificativo dell’assegno; f) nome del beneficiario per i soli assegni circolari, di traenza, vidimati, vaglia postali e titoli speciali della Banca d’Italia;
- per importi superiori a € 8.000,00, oltre ai dati sopra specificati, occorre trasmettere al trattario/emittente anche l’immagine del titolo.
Una tale dematerializzazione dei titoli presuppone, come ovvio (a fini di sicurezza e antifrode) l’osservanza di specifiche tecniche assai rigorose nella predisposizione dei moduli cartacei dei titoli onde dagli stessi possano essere acquisite le prescritte informazioni in fase di digitalizzazione. Va qui rammentato, a tal riguardo, che l’ABI ha ritenuto (cfr. Circolare ABI – Serie Tecnica N. 21 – 12 giugno 2014) che tutti gli intermediari dovessero adottare obbligatoriamente le seguenti misure antifrode: stampa del numero dell’assegno con caratteri microforati; stampa di un codice bidimensionale Data Matrix[7] contenente, oltre ai dati rilevanti dell’assegno, un codice di sicurezza generato dalla banca trattaria/emittente; comunicazione dei dati del Beneficiario presente in chiaro sugli assegni alla banca emittente/trattaria (misura valida per i soli assegni circolari, di traenza, vidimati e i vaglia postali). Dal 1° luglio 2016, gli intermediari sono tenuti a distribuire alla clientela esclusivamente moduli d’assegno cosiddetti “a nuovo” (rispondenti ai nuovi requisiti tecnici). Non è fatto divieto di accettare per l’incasso assegni tratti/emessi su moduli “a vecchio” (che comunque, come già sottolineato non potranno più essere rilasciati a clientela dal 1° luglio 2016). Tuttavia, le procedure informatiche dovranno poter rilevare se il titolo versato sia un “vecchio” o un “nuovo” modulo. In quest’ultimo caso, peraltro, occorrerà provvedere ad un’ulteriore serie di controlli inerenti alla verifica della presenza del numero assegno con caratteri microforati. In entrambi i casi, i dati acquisiti in fase di negoziazione vanno comunicati al trattario/emittente. Una loro eventuale incoerenza/incongruenza va partecipata alla controparte con apposito “alert” da avvalorarsi nel flusso di presentazione al pagamento.
Delineato tale quadro normativo-regolamentare , si deve concludere che la ricostruzione dell’ABF segua argomentazioni logico-giuridiche condivisibili nelle conclusioni sia pure con talune, non significative, “imprecisioni” nella ricostruzione tecnica della vicenda.
Afferma il Collegio arbitrale che la «Circolare ABI Serie Tecnica n. 5 del 22 marzo 2016 ha previsto che l’obbligo di consegnare alla clientela assegni rispondenti ai nuovi standard, che – come si è detto – impongono l’apposizione del codice bidimensionale, decorra in via anticipata rispetto alla data di avvio della CIT e ha quindi disposto che “dal 1° luglio 2016 gli intermediari dovranno obbligatoriamente consegnare alla clientela solo materialità di assegni “a nuovo”. Conseguentemente la Circolare ha fatto obbligo agli intermediari negoziatori di provvedere da tale data alla lettura del codice Data Matrix e di verificare eventuali anomalie “quali ad esempio l’assenza o impossibilità di leggere il codice». Invero la circolare non impedisce di continuare a negoziare titoli mancanti del Data Matrix, ma si limita a prevedere che dalla suddetta data non possano più essere consegnati assegni di “vecchio conio” alla clientela. Ove presentati allo sportello, tali titoli andrebbero comunque negoziati, ma fatti oggetto di ulteriori verifiche e segnalati con apposito “alert” alla Banca trassata. Ne consegue che nessuna responsabilità può discendere in capo alla Banca negoziatrice dalla sola rilevabilità ictu oculi dell’assenza del Data Matrix. Ma non ci è dato sapere con quali modalità la trasmissione telematica del titolo alla controparte sia avvenuta e se essa contemplasse l’apposito alert in quanto la relativa documentazione non risulta versata in atti. Come pure, l’Arbitro parrebbe non prendere in considerazione – ma anche qui e presumibilmente per un difetto di produzione documentale da parte della resistente – che un assegno dell’importo considerato in ricorso in nessun caso avrebbe potuto essere estinto dalla Banca trassata senza riceverne l’immagine (che, ad ogni buon conto, va comunque trasmessa per importi superiori agli 8.000 – e non ai 5.000 – euro, come pure indicato nel dispositivo arbitrale[8] [9]).
Si potrebbe anzi concludere che la vera negligenza, almeno a giudicare, dalla lettura della decisione dell’ABF stia nella mancata produzione di documentazione che attesti il rispetto delle disposizioni normative e regolamentari (laddove esse siano state rispettate nella concreta operatività). Conclude, difatti, l’Arbitro che «nel caso di specie, l’intermediario non sembra fornire alcuna evidenza relativa alla verifica del codice né ha prodotto le tracciature informatiche relative alla procedura di check-truncation. Pertanto, deve essere accertato il comportamento negligente dell’intermediario convenuto, con il conseguente accoglimento della domanda del ricorrente, che quantifica la richiesta risarcitoria al 50% dell’importo portato dall’assegno».
Significative le affermazioni, in termini di principio di diritto, contenute nella pronuncia ABF (le quali, peraltro, richiamano i precedenti arbitrali sul punto).
«Tenuto conto della disciplina anche convenzionale applicabile ratione temporis, in analoghe fattispecie questo Arbitro ha evidenziato la sussistenza di distinte responsabilità, nell’ambito della procedura di Check Image Truncation di un assegno poi risultato contraffatto, in capo all’intermediario negoziatore e in capo a quello emittente il titolo: nei confronti del primo essa è identificabile in caso di una violazione dei principi di diligenza professionale del bonus argentarius ex art. 1176, comma 2, cod. civ., in occasione dell’esame a vista del titolo presentato per il pagamento, la quale – ancorché l’indagine non debba essere superficiale – è comunque limitata ai casi di alterazione rilevabile ictu oculi (cfr., per tutte, Coll. Coord., dec. n. 7283/2018: Coll. Bari, dec. n. 7763/2018; n. 16716/2017). In particolare, e sempre nel contesto della richiamata procedura, la responsabilità del negoziatore è ravvisabile in tutte le ipotesi in cui questi non abbia acquisito e trasferito all’emittente i dati desumibili dal QRCode riportato sull’assegno portato in pagamento. I Collegi territoriali hanno altresì chiarito che l’utilizzo della procedura di Check Truncation non comporti una esenzione dagli obblighi imposti agli intermediari e, di conseguenza, dai richiamati profili di responsabilità: detta procedura, invero, è stata adottata dagli stessi su base squisitamente volontaria ed è finalizzata a soddisfare le loro esigenze di economicità, rapidità ed efficienza[10]. Ne consegue, pertanto, che essi continuano a rispondere – in relazione alle rispettive condotte – ogni qualvolta non abbiano effettuato le necessarie verifiche sui titoli portati in pagamento; per converso, l’unica ipotesi di esclusione della responsabilità potrebbe essere ravvisata nel caso in cui la contraffazione del titolo sia talmente sofisticata da sfuggire anche ad un attento esame compiuto secondo i metodi tradizionali».
Entrambi gli intermediari, coinvolti nel processo di negoziazione restano responsabili – sia pure a titolo diverso e secondo i rispettivi gradi di diligenza ad essi richiesti – nei confronti del cliente vittima della frode. Come sottolineato dal Collegio barese, il mutato quadro normativo e regolamentare, nonché le nuove specifiche tecniche per la negoziazione dei titoli, non possono sortire l’effetto di “liberare” gli intermediari dai propri obblighi nei confronti del cliente. La responsabilità resta ed essa va tout court diversamente qualificata rispetto all’una e all’altra Banca.
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[1] Le opinioni e i pareri contenuti nel presente scritto sono da attribuirsi esclusivamente all’autore e non rappresentano, in alcun modo, posizione e convincimenti dell’Istituto di appartenenza.
[2] Galgano F., “Dei titoli di credito – Art. 1992-2027”, Zanichelli Editore, Terza Edizione, 2010, seconda di copertina.
[3] Cassazione Civile, Sezione I, Sentenza 24 settembre 2009, n. 20543: “La diligenza del buon banchiere deve essere qualificata dal maggior grado di prudenza e attenzione che la connotazione professionale dell’agente consente e richiede. Tale diligenza trova applicazione non solo con riguardo all’attività di esecuzione di contratti bancari in senso stretto, ma anche in relazione ad ogni tipo di atto od operazione che sia oggettivamente esplicato presso una struttura bancaria e soggettivamente svolto da un funzionario bancario. Inoltre la diligenza di cui trattasi va valutata, non in base a criteri rigidi e predeterminati, ma considerando le cautele e gli accorgimenti che le circostanze del caso concreto suggeriscono”.
[4] Decreto-Legge 13 maggio 2011, n. 70, Semestre Europeo – Prime Disposizioni Urgenti per l’Economia (in G.U. n. 110 del 13/05/2011), convertito dalla legge 12 luglio 2011 n. 106 (in G.U. n. 160 del 12/07/2011).
[5] Regio Decreto 21 dicembre 1933 n. 1736, Disposizioni sull’assegno bancario, sull’assegno circolare e su alcuni titoli speciali dell’Istituto di emissione, del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia (in G.U. 29 dicembre 1933, n. 300).
[6] Circolare ABI – Serie Tecnica N. 5 – 22 marzo 2016, Bancaria Editrice, Digitalizzazione degli assegni. Regole interbancarie per la presentazione al pagamento in forma elettronica degli assegni mediante scambio delle immagini. Caratteristiche e piano di avvio della nuova procedura Check Image Truncation (CIT).
[7] Cfr. Circolare ABI Serie Tecnica n. 21 – 12 giugno 2014, Stampa del Codice Data Matrix, pag. 4: «Il Data Matrix è un codice bi-dimensionale obbligatorio il cui contenuto è leggibile in fase di acquisizione dell’immagine. È previsto che sulla nuova materialità degli assegni tutte le banche stampino un codice bidimensionale Data Matrix contenente alcune informazioni già presenti in chiaro e/o nella codifica CMC7 unitamente ad un codice di sicurezza generato dalla banca trattaria/emittente. La presenza del Data Matrix sulle nuove materialità degli assegni viene verificata dalle banche in fase di negoziazione controllando la coerenza delle informazioni presenti nel codice con quelle microforate e quelle presenti nella codifica CMC7. L’eventuale alterazione del Data Matrix rende inoltre il codice illeggibile e ciò segnalerebbe di per sé un possibile tentativo di frode. Inoltre, la presenza di un codice di sicurezza casuale, generato e controllabile dalla banca trattaria ed inserito nel Data Matrix in fase di creazione del modulo, rappresenta un’ulteriore opportunità offerta da questa misura di sicurezza». È fatto obbligo alle banche di stampare su tutte le tipologie di assegni un codice Data Matrix su sfondo bianco che contenga le seguenti informazioni: codice identificativo tipo assegno, codice ABI e CAB, numero assegno, codice sicurezza (che identifica univocamente il titolo ed è calcolato sulla base di un algoritmo), importo e beneficiario (informazioni obbligatorie solo in caso di circolari e assegni di traenza stampati in modo accentrato).
[8] Delibera Banca d’Italia 5 aprile 2017, n. 208. Modifica dell’Allegato al regolamento previsto dall’art. 8, comma 7, lett. e), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito dalla legge 12 luglio 2011, n. 106 (in G.U. n. 93 del 21/04/2017).
[9] Cfr. Circolare ABI Serie Tecnica n. 12 – 4 luglio 2018, cit., par. 6.2.1: «La presentazione al pagamento mediante i soli dati contabili è prevista nell’ambito della procedura CIT per tutti gli assegni bancari e postali di importo sino a 8.000 euro e per gli assegni circolari, i vaglia postali e i titoli speciali della Banca d’Italia, senza limiti di importo».
[10] Affermazione, questa, invero non condivisibile stante l’attuale quadro normativo. L’applicazione della CIT discende da precisi obblighi di legge e regolamentari in capo agli intermediari. Pare qui operarsi una sovrapposizione tra l’attuale disciplina e la precedente convenzione interbancaria della check-truncation (quella, si, adottata dagli Istituti e su base volontaria).
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