Nota a Trib. Macerata, 11 maggio 2024.
In merito alla dedotta carenza di legittimazione.
Si osserva che la creditrice opposta ha indicato gli avvisi di cessione pubblicati in Gazzetta Ufficiale riguardanti le rispettive cessioni di crediti in blocco a cui ha partecipato e dai quali è possibile evincere la titolarità dei crediti per cui si procede. In punto di diritto, si ricorda che, per la prevalente giurisprudenza di legittimità, se è vero che l’avviso della cessione di crediti in blocco pubblicato in Gazzetta Ufficiale ex art. 58 T.U.B. non attiene al perfezionamento del negozio di cessione, avendo soltanto la funzione di rendere noto l’intervenuto trasferimento del credito, al fine di impedire che, dal momento della pubblicazione dell’avviso, il debitore ceduto adempia la propria prestazione in favore del cedente, ciò non toglie che detto avviso possa risultare di per sé sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario, anche in mancanza della produzione in giudizio del relativo atto di cessione, qualora il contenuto pubblicato nella Gazzetta indichi, senza lasciare incertezze, i requisiti e gli elementi comuni necessari ad individuare i crediti inclusi od esclusi dall’ambito della cessione[1].
Nella fattispecie, come detto, risultano indicati in atti gli avvisi pubblicati nella G.U., dai quali si evince la corrispondenza dei crediti vantati dalla cessionaria, odierna opposta, alle caratteristiche dei crediti ceduti in blocco. Si rileva, peraltro, che, comunque, l’opponente non ha in alcun modo contestato, neppure in esito alle suddette produzioni documentali, che il suo debito presentasse i requisiti indicati nei rispettivi avvisi pubblicati in Gazzetta Ufficiale.
In relazione all’eccezione di nullità degli atti esecutivi compiuti per carenza dei requisiti soggettivi prescritti dall’art. 106 TUB.
Si osserva che tale disposizione non costituisce una norma posta a presidio di interessi generali e, in quanto tale, da qualificarsi come imperativa, con conseguente nullità (virtuale) ex art. 1418 c.c. dei conferimenti effettuati in violazione della stessa e, per quanto rileva in questa sede, di tutti gli atti esecutivi compiuti dal soggetto indebitamente legittimato alla riscossione. Piuttosto, trattandosi di una prescrizione di carattere settoriale, destinata a regolare soltanto l’ambito bancario, al fine di assicurarne il corretto funzionamento, la relativa violazione, lungi dal determinare i riflessi civilistici testè illustrati, può semplicemente esporre gli attori alle sanzioni (amministrative e penali) comminate dalle Autorità di vigilanza che sono preposte a garantire l’osservanza delle prescrizioni in parola. Tali conclusioni, per il vero, sono state fatte proprie anche dalla Suprema Corte, la quale, in un recente pronunciamento, ha affermato che: “il mero riferimento alla rilevanza economica (nazionale e generale) delle attività bancarie e finanziarie non vale di per sé a qualificare in termini imperativi tutta l’indefinita serie di disposizioni del cd. “diritto dell’economia“, contenute in interi apparati normativi (come il T.U.B. o il T.U.F.); in particolare, ad avviso del Collegio, le succitate norme non hanno alcuna valenza civilistica, ma attengono alla regolamentazione (amministrativa) del settore bancario (e, più in generale, delle attività finanziarie), la cui rilevanza pubblicistica è specificamente tutelata dal sistema dei controlli e dei poteri (anche sanzionatori) facenti capo all’Autorità di vigilanza ( cioè, alla Banca d’Italia) e presidiati anche da norme penali; conseguentemente, non vi è alcuna valida ragione per trasferire automaticamente sul piano del rapporto negoziale (o persino sugli atti di riscossione compiuti) le conseguenze delle condotte difformi degli operatori, al fine di provocare il travolgimento di contratti (cessioni di crediti, mandati, ecc.) o di atti processuali di estrinsecazione della tutela del credito, in sede cognitiva o anche esecutiva (precetti, pignoramenti, interventi, ecc.), asseritamente viziati da un’invalidità “derivata”; in altri termini, dall’omessa iscrizione nell’albo ex art. 106 T.U.B. del soggetto concretamente incaricato della riscossione dei crediti non deriva alcuna invalidità, pur potendo tale mancanza assumere rilievo sul diverso piano del rapporto con l’autorità di vigilanza o per eventuali profili penalistici”[2].
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[1] Cfr. Cass. n. 5617/2020; Cass. n. 15884/2019; Cass. n. 31188/2017.
[2] Così Cass. Civ., Sez. III, 18.03.2024, n. 7243, già annotata su questo Portale, con nota di A. Zurlo, Il diavolo è nei dettagli e anche nelle eccezioni “artificiose”: dall’omessa iscrizione nell’albo ex art. 106 TUB non consegue alcuna invalidità, 19 marzo 2024, Il diavolo è nei dettagli e anche nelle eccezioni “artificiose”: dall’omessa iscrizione nell’albo ex art. 106 TUB non consegue alcuna invalidità. – Diritto del Risparmio.
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Info sull'autore
Associato dello Studio Legale "Greco Gigante & Partners" (https://studiolegalegrecogigante.it/). Cultore della materia di Diritto Privato e di Diritto del Risparmio, presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università del Salento. Contatti: 0832305597 - a.zurlo@studiolegalegrecogigante.it