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«La potenza del passato che logora un’intera inesistenza, strappando al presente la speranza nel futuro.»

L’età dell’innocenza è un grido che si leva contro il conformismo e le etichette newyorchesi della fine dell’Ottocento. Un romanzo fine, aristocratico e talvolta molle e lento, ma che con delicatezza affronta argomenti spigolosi e difficilmente districabili in un panorama fitto di intrighi e convenzioni, impossibili da sradicare.

Un melodramma che non scade nel ridicolo ma che talvolta logora i sensi per la lentezza di azione e la velocità del pensiero dei protagonisti, dimensioni parallele, incapaci di incontrarsi e uniformarsi nel presente attuale e reale.

Il protagonista, Archer, un giovane avvocato e rampollo newyorkese si fidanza con una giovane nobildonna, appartenenti entrambi alla ristretta cerchia di nobili e facoltose famiglie che da generazioni gestiscono le sorti economiche della città; il loro futuro si prospetta roseo e ben pianificato, come si conviene in quel tipo di società.

I piani del destino si ribaltano quando il giovane incontra la contessa Olenska, eccentrica cugina della promessa sposa. Un turbine di emozioni contrastanti riduce in cenere ogni interesse per la propria amata e cuore e mente vengono immediatamente rapiti dalla imponente personalità della nuova arrivata.

Archer è pronto a sacrificare tutto sull’altare del suo amore sensuale, volendo rompere gli schemi di una società dedita all’apparenza e alla viltà; ormai prigioniero dei suoi sentimenti e forte della potenza dei suoi anni e del suo rango è pronto a rompere gli indugi, ma qualcosa lo farà desistere: la convenzione.

Quella decisione lo segnerà per la vita, rassegnato ad un’esistenza convenzionale non tornerà mai più sui suoi passi, rinunciando per sempre all’amore per la contessa, anche dopo la morte della moglie.

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