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Nota a ACF, 8 maggio 2024, n. 7342.

Massima redazionale

La censura in ordine al mancato adempimento degli obblighi informativi preventivi, in merito alla natura, alle caratteristiche, alla provenienza e al rischio insito negli investimenti oggetto del ricorso è da ritenersi fondata.

Giova premettere che la giurisprudenza arbitrale ha reiteratamente avuto modo di evidenziare che l’intermediario prestatore di servizi d’investimento è tenuto a dimostrare “in concreto” di aver fornito al cliente tutte le informazioni necessarie per pervenire a scelte d’investimento effettivamente informate, provando dunque di aver assolto gli obblighi d’informazione preventiva in modo non meramente formalistico[1].

Ebbene, nel caso di specie, sono stati versati in atti il modulo d’ordine dell’operazione e la scheda prodotto, con ivi riportato il suffisso “SUB” nella denominazione del titolo, la segnalazione circa la sussistenza di un conflitto di interessi e che trattavasi di operazione adeguata. Secondo l’oramai consolidato orientamento, il solo suffisso “SUB” apposto nella denominazione del prodotto non può ritenersi in sé – in assenza di adeguati elementi esplicativi delle relative ricadute, anche solo potenziali – elemento sufficiente per poter ritenere che il cliente avesse maturato un‘effettiva percezione del grado di rischio correlato. Inoltre, sempre in relazione al livello di rischiosità del prodotto, si osserva che, al di là della laconica indicazione di una classe di rischio “05=Elevato”, non risultano essere stati forniti elementi motivazionali a supporto di un tale giudizio. In buona sostanza, non può dirsi che l’Intermediario abbia informato il Ricorrente, in maniera chiara e univoca, di quali fossero le caratteristiche del prodotto, degli effetti di ricaduta del sussistente vincolo di subordinazione e, dunque, in definitiva, della particolare rischiosità che connotava il prodotto stesso.

 

 

 

 

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[1] Cfr. ACF, 12 gennaio 2022, n. 4935.

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