Nota a ACF, 16 aprile 2024, n. 7300.
Il Ricorrente, dopo circa tre anni dalla sottoscrizione della polizza e dopo essersi accorto della riduzione del capitale versato per circa € 5.000,00 (su un totale di € 35.000,00), lamentava una responsabilità dell’Intermediario per violazione degli obblighi informativi relativamente alla polizza unit liked selezionata.
Le doglianze, in particolare, si articolavano in due profili:
- mancata informazione circa le caratteristiche, i costi e gli incentivi previsti per il prodotto finanziario prescelto;
- alterazione del questionario MIFID ove le informazioni riportate non corrispondevano al suo livello di istruzione e di esperienza e conoscenza media degli strumenti finanziari.
Per effetto dell’accoglimento di tali motivi il ricorrente chiedeva che le condizioni contrattuali e gli obblighi derivanti fossero dichiarati nulli ed inefficaci con rimborso integrale del capitale investito senza costi o decurtazioni.
Nella decisione in esame si legge testualmente che il Ricorrente “intendeva sottoscrivere una polizza con garanzia di capitale, data la sua bassa propensione al rischio e la scarsa esperienza in materia finanziaria” quindi, contrariamente alle sue aspettative, tre anni dopo “scopriva” di aver sottoscritto una polizza unit liked il cui rendimento, per definizione, è collegato ad un’attività finanziaria e pertanto presenta un profilo di rischio di perdita di capitale.
L’Intermediario nel resistere ha prodotto documentazione recante sottoscrizione autografa del Ricorrente.
Ciononostante, il Collegio ha accolto il ricorso in quanto la documentazione prodotta risultava carente e contraddittoria per cui non idonea a ritenere che l’Intermediario avesse diligentemente assolto al proprio obbligo informativo.
Se infatti, da una parte, era presente un modulo debitamente sottoscritto dal Ricorrente indicante sia il rischio di non restituzione del capitale che la possibile incidenza di costi ed incentivi, dall’altra – secondo il Collegio – tali indicazioni non erano idonee a fornire al firmatario una rappresentazione delle circostanze “in modo corretto, esauriente e facilmente comprensibile” e ciò in ossequio a quanto previsto dall’art. 133 del Regolamento Intermediari.
Inoltre, anche la scheda informativa del prodotto – recante le indicazioni rappresentative del fondo sottostante al prodotto finanziario prescelto – non indicava i criteri utilizzati per determinare le valutazioni espresse circa il grado di complessità e la classe di rischio limitata.
Infine, nella medesima scheda veniva indicato un orizzonte temporale senza che ne fosse fornita una specifica quantificazione espressa in mesi o anni tale da far comprendere al firmatario il periodo di detenzione raccomandato per il prodotto di specie.
Ulteriore carenza da parte dell’Intermediario è stata altresì ravvisata circa le modalità di rilascio di suddette informazioni.
In altri termini, benché risultasse sempre la sottoscrizione autografa di una sezione denominata “informativa precontrattuale”, non venivano nella stessa descritte le modalità di consegna di detta documentazione.
A tal proposito il Collegio ha tentato di andare oltre ma, anche vagliando l’ipotesi di una consegna mediante supporto durevole non cartaceo, non risultava che l’Intermediario avesse ottemperato alle modalità di consegna previste dalla specifica disciplina eurounitaria in materia, come peraltro già statuito nella Decisione ACF del 14 febbraio 2022 n. 5104, e tantomeno che la scelta di consegna mediante tale modalità – in luogo di quella cartacea – fosse stata espressione di una scelta espressa e consapevole del firmatario.
Per quanto riguardava, invece, l’inadeguatezza del profilo del Ricorrente rispetto alle caratteristiche del prodotto il Collegio ha ritenuto che lo stesso, causa la sottoscrizione autografa nonché l’assenza di elementi di segni contrario tali da minare l’affidamento da parte dell’Intermediario in ordine all’attendibilità del dichiarante e/o delle dichiarazioni, dovesse assumersi la paternità delle relative dichiarazioni rilasciate.
Nel contempo, le modalità di formulazione del questionario, la sua contraddittorietà nonché superficialità d’indagine – in spregio al criterio di adeguatezza – per come elaborato dagli orientamenti dell’ESMA (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) – effettivamente avrebbero dovuto indurre l’Intermediario a dissipare eventuali dubbi.
Ciò posto, seppur formalmente l’Intermediario apparisse diligente nell’adempimento dei propri obblighi informativi, da un’analisi approfondita della documentazione in atti, il Collegio ha ritenuto che lo stesso non avesse condotto una valutazione di cd. “adeguatezza rafforzata” da intendersi, ai sensi dell’art. 133 del Regolamento Intermediari 20307, come una valutazione idonea al fine di poter “precisare le richieste e le esigenze di tale contraente e le ragioni su cui si fonda qualsiasi consulenza fornita su un determinato prodotto della specie“.
Per tali ragioni, l’Intermediario, tenuto conto della circostanza che al momento della presentazione del ricorso la polizza risultava essere ancora attiva, è stato condannato a corrispondere al ricorrente, a titolo risarcitorio, una somma pari all’eventuale differenza tra il capitale complessivo investito nella polizza e l’importo al quale sarà liquidata la polizza medesima, salvo eventuali rimborsi parziali, anche a titolo di decumulo finanziario, percepiti dal ricorrente ed, in ogni caso, entro i limiti di risarcimento richiesti nel ricorso, oltre alla rivalutazione sulla somma eventualmente dovuta e agli interessi dalla data della liquidazione della polizza sino al soddisfo.
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