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Cass. Civ., Sez. III, 12 marzo 2024, n. 6535.

di Antonio Mazzotta

Studio Legale Greco Gigante & Partners

Al fine di estinguere il debito sorto da fideiussione, il ricorrente era addivenuto con la banca ad un accordo transattivo contenente una condizione sospensiva di adempimento.  In forza della suddetta clausola, il contratto avrebbe acquistato efficacia solo a seguito dell’adempimento di tutti gli obblighi da esso nascenti.       
Il ricorrente agiva in giudizio per far accertare che la transazione fosse ancora efficace. Il giudice di prime cure dichiarava inammissibile la clausola di adempimento per impossibilità di condizionare l’efficacia del contratto all’esecuzione dello stesso.   
In riforma della sentenza di primo grado, la Corte d’Appello rigettava la domanda iniziale del fideiussore e riteneva inadempiuta la transazione (e quindi avveratosi l’inadempimento dedotto a condizione), con conseguente perdita di efficacia della medesima.    
Il fideiussore soccombente ha presentato ricorso per Cassazione al fine di sentire dichiarare, in accoglimento del primo motivo di ricorso, che la condizione di adempimento non fosse apponibile al contratto per mancanza delle caratteristiche di estraneità e di incertezza del fatto richieste dall’art. 1353 c.c.       
Con il secondo motivo di ricorso, invece, il ricorrente ha lamentato la violazione degli artt. 1322 e 1362 c.c., valutando inammissibile la circostanza che il contratto con efficacia sospesa producesse tuttavia l’obbligo di adempiere.     
In applicazione del prevalente orientamento di legittimità, la Suprema Corte ha riconosciuto come l’efficacia del contratto possa essere validamente subordinata all’adempimento di una delle parti. Inoltre, la Corte ha precisato che, in questi casi, la condizione si considera non avverata in presenza di un inadempimento, di non scarsa rilevanza, che abbia provocato la perdita dell’utilità economica per uno dei contraenti.    
Per la Corte, inoltre, la condizione di adempimento risponde ad un apprezzabile interesse delle parti. Il Supremo consesso è addivenuto a questa conclusione attraverso la disamina della specifica fattispecie della condizione di adempimento inserita in un contratto di compravendita e ha passato in rassegna i molteplici vantaggi per alienante ed acquirente.
Innanzitutto, attraverso la condizione di adempimento, il venditore può giovarsi di una garanzia più ampia di quella fornita dall’azione di risoluzione per inadempimento. Per l’alienante, infatti, viene meno l’onere di dimostrare che l’inadempimento è di non scarsa importanza (invero, su questo punto, è difficile ravvisare un beneficio per l’alienante dal momento che, come già evidenziato dalla Corte nella sentenza in commento, anche la condizione di adempimento si considera non avverata solo in presenza di un inadempimento di non scarsa importanza), né può subire l’eccezione di non imputabilità dello stesso e può recuperare il bene nel frattempo alienato a terzi, anche se non ha trascritto la domanda di risoluzione (non trova, infatti, applicazione il secondo comma dell’art. 1458 c.c.). In tal caso, il sacrificio dell’interesse dei terzi è giustificato dalla circostanza che il contratto condizionato produce effetti instabili[1].     
In un passaggio successivo, la Corte ha superato l’obiezione, avanzata in dottrina, che la condizione sospensiva di adempimento potesse valere quale condizione meramente potestativa: la scelta dell’obbligato di adempiere o non adempiere non è arbitraria bensì esito di un bilanciamento di vantaggi e svantaggi.           
Sotto altro profilo, parte della dottrina riteneva che l’adempimento, quale obbligo derivante dal contratto, non potesse costituire evento futuro e incerto deducibile a condizione. In contrasto con questa ricostruzione, la Corte ha affermato che, nell’ottica di siffatta condizione, l’adempimento assume rilievo quale fatto incerto e non come obbligo. Tant’è vero che, a fronte dell’obbligo di adempiere, il debitore potrebbe anche rimanere inadempiente.             
Quest’ultima valutazione sembra giustificare il comportamento delle parti di convertire, in modo artificioso, l’obbligo di adempimento (secondo il codice civile generato dal contratto) in evento futuro e incerto a cui subordinare l’efficacia del negozio. Eppure, in conformità con la previsione codicistica, il fattuale adempimento delle parti dovrebbe valere esclusivamente come rispetto di un obbligo e l’inadempimento quale violazione dell’obbligo di adempiere cui la legge ricollega precise conseguenze (art. 1453 c.c.[2]).                
           


 

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[1] Segnatamente «Il terzo acquista il suo diritto da chi lo ha “precariamente” a sua volta acquistato, a differenza invece della vendita non condizionata in cui l’acquisto è immediato e definitivo, ed è successivamente risolto per l’inadempimento di una delle parti».

[2] Art. 1453 c.c. «nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l’altro può a sua scelta chiedere l’adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno».

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