Nota a Trib. Torino, Sez. I, 20 febbraio 2024.
Massima redazionale
Il Tribunale di Torino afferma di non potere aderire al più recente orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, ritenendosi, per contro, che, per quel che rileva in punto prescrizione, ogni versamento che, nel momento in cui è stato realizzato dal cliente aveva la funzione di ripristinare il fido (pagamento intrafido), deve essere considerato ripristinatorio e lo stesso vale per i pagamenti solutori: opinare diversamente, infatti, porterebbe alla sostanziale elusione della disciplina della prescrizione, posto che, sottratti i pagamenti più risalenti indebiti ed effettuato il relativo ricalcolo delle competenze, i pagamenti/versamenti successivi da parte del correntista subirebbero un’imputazione di pagamento potenzialmente diversa da quella attribuita alle parti al momento del versamento stesso. I vari addebiti, pertanto, devono essere valutati ai fini della prescrizione con la stessa imputazione operata dalle parti al momento del loro verificarsi, quand’anche frutto di un addebito illegittimo, posto che l’azione di ripetizione deve essere rapportata al concreto svolgere del rapporto contrattuale e non a quello rettificato, visto che la prescrizione “copre” anche pagamenti illegittimi o fondati su clausole nulle.
Due considerazioni depongono, inoltre, per l’utilizzo del saldo banca, anziché di quello depurato, al fine di decidere la qualificazione del versamento, se pagamento o deposito; segnatamente:
- la prima è che, per forza di cose e previsione di legge (art. 119 TUB), la banca e non il cliente è la parte contrattualmente autorizzata a elaborare i conti. Il cliente può evidentemente impugnare le risultanze dell’estratto e censurare anche oltre i limiti temporali fissati dall’art. 1832 c.c. la legittimità della registrazione in conto, perché avvenuta per un titolo nullo, ma finché l’errore non è riconosciuto dalla banca o è giudizialmente accertato e il conteggio non è conseguentemente rettificato, il saldo elaborato dalla banca ha effetto anche nei confronti del cliente.
- La seconda è che non esistono modalità di utilizzo del c/c che non richiedano la cooperazione della banca per avere efficacia. Se il saldo evidenzia che il conto è “scoperto”, il prelievo di contanti, l’esecuzione degli ordini di bonifico ecc. sono prima facie Ancora più gravi e dolorose le conseguenze per il caso di emissione d’assegni senza provvista, che vanno da una semplice sanzione pecuniaria (art. 2 legge n. 386/90) fino al divieto di emettere assegni e alle interdizioni e incapacità previste dall’art. 5 della stessa legge. È pur vero che la banca potrebbe dare esecuzione all’operazione, malgrado l’assenza di copertura (cfr. art. 1720 già citato); al contempo, se il cliente dipende da scelte discrezionali della banca, ciò vuol dire che egli non ha facoltà di disporre in assenza di copertura. La possibilità di impugnare la nullità del contratto o di sue singole clausole, più ampiamente l’illegittimità degli addebiti e di portare alla luce un saldo rettificato a credito o entro i limiti del fido, non restituisce al versamento su conto “scoperto” lo “scopo ed effetto di ripristinare la disponibilità”, anziché di ridurre puramente e semplicemente l’esposizione debitoria, poiché la nullità del titolo non toglie che il denaro sia uscito dalla sfera di controllo del cliente.
In definitiva, il principale punto critico della tesi favorevole al saldo ricostruito è che non è possibile rimettere il giudizio sulla qualificazione della rimessa, se pagamento o ripristino di disponibilità, “all’esito della declaratoria di nullità”, poiché “la disponibilità” idonea a impedire lo spostamento patrimoniale consiste nella concreta conservazione del potere di disporre di una somma di denaro e non può che essere verificata sulla base della situazione dichiarata esistente al tempo in cui il versamento è eseguito. Che a distanza di oltre dieci anni si scopra che il c/c era attivo o entro i limiti del fido non toglie che il cliente, nell’intervallo, abbia perduto la disponibilità della somma versata e che l’abbia perduta al tempo stesso del versamento.
In conclusione, deve essere confermato l’orientamento già espresso per cui il saldo di riferimento ai fini della verifica della prescrizione deve essere considerato il saldo banca.
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