Nota a Cass. Civ., Sez. I, 9 aprile 2024, n. 9418.
Massima redazionale
La giurisprudenza di legittimità[1] ha stabilito che, in tema di contratto di assicurazione sulla vita, stipulato prima dell’entrata in vigore della l. n. 262/05 e del D.lgs. n. 303/06, nel caso in cui sia stabilito che le somme corrisposte dall’assicurato a titolo di premi siano versate in fondi di investimento interni o esterni all’assicuratore e che alla scadenza del contratto o al verificarsi dell’evento in esso dedotto l’assicuratore sia tenuto a corrispondere all’assicurato una somma pari al valore delle quote del fondo mobiliare al momento stesso (polizze unit linked), il giudice del merito, al fine di stabilire se l’impresa emittente, l’intermediario e il promotore abbiano violato le regole di leale comportamento previste dalla specifica normativa e dall’art. 1337 c.c., deve interpretare il contratto al fine di stabilire se esso, di là dal nomen iuris attribuitogli, sia da identificare effettivamente come polizza assicurativa sulla vita (in cui il rischio avente ad oggetto l’evento dell’esistenza dell’assicurato è assunto dall’assicuratore), oppure si concreti nell’investimento in uno strumento finanziario (in cui il rischio c.d. di performance sia per intero addossato sull’assicurato).
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Con riguardo alle previsioni contenute nel codice delle assicurazioni private, ma prendendo le mosse dal pronunciamento delle Sezioni Unite Civili n. 8271/2008, la Corte Suprema di Cassazione ha sottolineato[2] che è lo scopo previdenziale (attuato nelle polizze vita attraverso l’accumulo di capitale così da garantire all’assicurato e/o alla sua famiglia una rendita) a giustificare il sacrificio dei creditori previsto dall’art. 1923 c.c. Ne consegue che la polizza sulla vita beneficia di una disciplina di favore, come quella dell’impignorabilità dei capitali e delle rendite, non perché formalmente prodotto assicurativo, ma perché adempie una particolare funzione di previdenza complementare rispetto a quella obbligatoria, destinata per lo più a far fronte ai bisogni della tarda età (in questi termini le Sezioni Unite l’hanno considerata “il terzo pilastro” della previdenza). Quel che occorre verificare è, dunque, la sussistenza della funzione previdenziale.
Orbene, la natura previdenziale non è presente soltanto nelle tradizionali polizze di assicurazione della vita oggi appartenenti al ramo I (individuato dall’art. 2 del d.lgs. n. 209/05), ossia a quelle che soddisfano il bisogno dell’assicurato di ottenere con immediatezza la disponibilità di una somma di denaro al verificarsi di un evento legato alla vita umana, la sopravvivenza e la premorienza, ma, tendenzialmente, anche nelle polizze unit linked, nelle quali l’entità della somma dovuta dall’assicuratore varia nel corso della durata del rapporto contrattuale in dipendenza delle oscillazioni del parametro finanziario collegato ed è definitivamente quantificato al momento del verificarsi dell’evento attinente alla vita umana.
Le polizze unit-linked si possono, difatti, classificare in più categorie a seconda delle loro caratteristiche, che riguardano per lo più le garanzie di restituzione dei premi riconosciute all’assicurato; segnatamente:
– le polizze guaranteed unit linked garantiscono all’assicurato la restituzione del capitale, prevedendo la possibilità di una maggiorazione minima;
– le polizze partial guaranteed unit linked riconoscono all’assicurato una garanzia di restituzione solo parziale dei premi versati;
– nelle polizze unit linked cc.dd. pure la somma dovuta dall’assicuratore dipende esclusivamente dal valore del parametro finanziario sottostante nel momento in cui l’obbligazione diventa esigibile, realizzandosi un collegamento “integrale” al valore sottostante delle quote di investimento.
Ciò posto, nelle polizze guaranteed o partial garanteed l’assicuratore assume su di sé, con diverse gradualità, un rischio demografico, nel senso che al verificarsi dell’evento attinente alla vita umana all’assicurato viene comunque sempre riconosciuta la somma di denaro garantita al momento della stipula del contratto, anche a prescindere dal valore sottostante delle quote dei fondi comuni di investimento, che potrebbe essersi ridotto rispetto ai premi versati o addirittura azzerato. Soltanto nelle polizze unit linked “pure” il rischio di investimento è totalmente a carico dell’assicurato, con la conseguenza che, in caso di azzeramento del valore delle quote, nulla è dovuto da parte dell’assicuratore.
Coerente è, quindi, la scelta del legislatore che, con l’art. 2 del D.lgs. n. 209/2005, in base al quale «rientrano nel III ramo le assicurazioni sulla durata della vita umana, di cui ai rami I e II, le cui prestazioni principali sono direttamente collegate al valore di quote di organismi di investimento collettivo del risparmio o di fondi interni ovvero a indici o ad altri valori di riferimento», ha fatto rientrare nella categorie delle polizze sulla vita del ramo III non tutte le polizze unit linked, ma solo quelle guaranteed e partial garanteed: il legislatore ha, così, espressamente assunto come requisito qualificante l’idoneità di un evento futuro legato alla vita a incidere sulla prestazione dell’assicuratore, nel senso di riconoscere comunque all’assicurato una somma apprezzabile non legata al rischio finanziario.
In definitiva, il tratto qualificante sta nell’allocazione del c.d. rischio demografico, ossia dell’evento legato alla durata della vita umana. Se il rischio d’investimento grava totalmente sull’assicurato, tanto da poter comportare la perdita dell’intero capitale, il c.d. rischio demografico, pur apparentemente presente, è in realtà insussistente perché non si garantisce all’assicurato, proprio in base all’accordo, il riconoscimento di una somma di denaro minima, pur ridotta rispetto all’ammontare dei premi versati, che sia completamente “slegata” dal valore sottostante delle quote di investimento; oppure gli si attribuisce una somma del tutto irrisoria. In tal caso l’evento legato alla durata della vita umana figura come mero parametro temporale per individuare il momento in cui verrà liquidata la polizza, poiché l’assunzione del rischio è soltanto apparente.
Non va trascurato, d’altronde, che la giurisprudenza unionale[3] ha inquadrato le polizze unit linked nell’alveo dei contratti di assicurazione, escludendo pertanto l’applicazione della disciplina sui contratti stipulati fuori dai locali commerciali; e, con riferimento a una consulenza finanziaria offerta da un’impresa di intermediazione assicurativa, relativamente a prodotti ibridi composti da un’assicurazione sulla vita e da un investimento, la stessa CGUE ha escluso l’applicazione della direttiva n. 2004/39/CE, relativa agli strumenti finanziari, e inquadrato l’attività di consulenza finanziaria nell’ambito di applicazione della direttiva 2002/92/CE, sull’intermediazione assicurativa (applicabile ratione temporis), quale atto preparatorio alla conclusione di un contratto di assicurazione di cui l’investimento costituisca elemento integrante[4]. Senza soluzione di continuità si pone la Corte Costituzionale[5], la quale, al cospetto di una polizza unit linked che prevedeva la garanzia di restituzione integrale del premio unico versato e garantiva la prestazione a prescindere dai risultati della gestione finanziaria, ha senz’altro ritenuto applicabile l’art. 2952, secondo comma, c.c., nella parte in cui prevede un termine di prescrizione biennale per far valere i diritti derivanti dal contratto di assicurazione sulla vita, del quale ha peraltro dichiarato l’illegittimità costituzionale nella parte in cui non prevede l’esclusione, dal suddetto termine, dei diritti che derivano dai contratti di assicurazione sulla vita, per i quali opera la prescrizione decennale.
Nel caso di specie, il giudice d’appello ha ravvisato la natura assicurativo-previdenziale della polizza stipulata, posto che ha accertato che «il contratto garantiva il recupero del capitale versato o il valore delle quote, se maggiore, con l’incremento dell’1% al momento del sinistro», di modo che «non vi era…alcun rischio di perdita del capitale per il beneficiario…per cui la componente assicurativa del rapporto è stata effettivamente garantita attesa la conservazione (rectius incremento) del capitale alla scadenza»; laddove, ha precisato in narrativa, l’evento assicurato, dato dal decesso dell’assicurata, non si era ancora verificato quando la polizza è stata riscattata.
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[1] V. Cass. n. 6061/2012; Cass. n. 10333/2018.
[2] Il riferimento è a Cass. n. 3785/2024.
[3] Il riferimento è a CGUE, C-166/11.
[4] Il riferimento è a CGUE, C-542/16.
[5] Il riferimento è a Corte Cost. n. 32/2024.
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