L’Arbitro Bancario Finanziario è tornato ad esprimersi sul tema della responsabilità dei prestatori dei servizi di pagamento (PSP).
In particolare, nel caso in esame il cliente dichiarava di aver dettato, al momento della disposizione del bonifico, un codice IBAN corretto ma che, a seguito di un’anomalia tecnica e/o manomissione da parte di terzi del terminale della banca, la disposizione sarebbe stata deviata a favore di un differente IBAN, collegato a soggetto terzo, diverso dall’effettivo creditore. Per tali motivi, egli richiedeva alla banca il rimborso del bonifico.
Differentemente, il PSP sosteneva che le coordinate bancarie ove effettuare i bonifici fossero state fornite/indicate dal ricorrente stesso e che, verosimilmente, quest’ultimo fosse stato vittima di una frode conosciuta come “BEC – Business Email Compromise” (ovvero, avesse ricevuto una e-mail apparentemente genuina, in cui veniva data disposizione di effettuare pagamenti commerciali a mezzo bonifico su un determinato IBAN, ove in realtà sia la e-mail di provenienza che l’IBAN non erano riconducibili al reale creditore).
L’ABF ha esaminato la questione alla luce del d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 11, come modificato dal d.lgs. 15 dicembre 2017, n. 218 di recepimento della direttiva (UE) 2015/2366 relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno (c.d. PSD 2). In particolare, ai sensi dell’art.24, il prestatore di servizi di pagamento può legittimamente ignorare la difformità fra il beneficiario del bonifico e il titolare del conto da accreditare, in quanto la legge gli consente di non effettuare riscontri sui dati dell’anagrafe dei conti nell’esecuzione dell’operazione.
Nessuna responsabilità per l’esecuzione del bonifico è pertanto da imputare al PSP resistente, mancando un obbligo a suo carico di verifica della corrispondenza tra il nominativo del soggetto beneficiario e l’indicazione dell’identificativo unico (sul tema, cfr. anche ABF Collegio di Coordinamento, decisione n. 162/2017).
In aggiunta, l’Arbitro ha considerato anche che, da un lato, dagli atti non risulta alcuna documentazione a sostegno dell’intrusione abusiva e/o il malfunzionamento del terminale che avrebbe determinato la deviazione a favore di un differente IBAN. Dall’altro, l’intermediario rileva di aver tempestivamente effettuato il tentativo di recall ai sensi dell’art. 24, punto 2 del D. Lgs. 11/2010, una volta reso edotto dell’errore nella disposizione del bonifico; tale tentativo, tuttavia, non è andato a buon fine per la mancanza di disponibilità del conto corrente del beneficiario.
Alla luce di quanto illustrato, il Collegio ha rigettato il ricorso, in quanto l’intermediario non ha violato alcuna disciplina dei servizi di pagamento, avendo eseguito l’ordine di bonifico in conformità all’identificativo unico fornito dal cliente e avendo provveduto ad attivarsi immediatamente al fine di recuperare le somme accreditate al beneficiario, sebbene senza esito.