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Nota a ABF, Collegio di Bari, 25 gennaio 2024, n. 1130.

di Francesca Manni

Studio Legale Manni

Con il recente provvedimento in esame, l’Arbitro Bancario Finanziario-Collegio di Bari, in accoglimento del ricorso presentato da una Società che ha svolto lavori di efficientamento energetico, ha disposto il pagamento di € 14.080,00, a titolo di cessione del credito d’imposta, da parte dell’Istituto bancario per inadempimento degli obblighi contrattuali.

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1. Fatto e svolgimento del procedimento.

La Società ricorrente eseguiva dei lavori di ristrutturazione edilizia, di efficientamento e risparmio energetico in favore di un committente. A seguito di emissione di regolare fattura, optava per lo strumento dello sconto sul corrispettivo dovuto, con recupero dell’importo sotto forma di credito d’imposta[1]. Pertanto, avviava presso l’Istituto Bancario resistente due pratiche di cessione del credito d’imposta (l’una di € 17.600,00; l’altra di € 9.374,00) sulle quali forniva parere favorevole una Società di revisione all’uopo incaricata dalla stessa Banca. All’esito, il ricorrente stipulava il solo contratto di cessione del credito per € 17.600,00 a fronte del quale l’Istituto Bancario avrebbe dovuto erogare € 14.080,00 trattenendo il 20% a titolo di commissione. Tuttavia, nonostante l’accettazione del credito d’imposta con relativo trasferimento dello stesso sul cassetto fiscale della Banca, quest’ultima non provvedeva ad erogare l’importo pattuito. Per quanto riguarda, invece, la pratica di € 9.374,00, nonostante il parere favorevole della Società di revisione, non v’era stata successiva contrattualizzazione né accettazione del credito da parte della Banca. La Società, dopo aver invano inoltrato all’intermediario una richiesta di chiarimenti e un successivo formale reclamo, adiva l’ABF competente affinché disponesse il pagamento di € 14.080,00 in suo favore e il chiarimento dei motivi che avrebbero impedito la definizione dell’altra pratica menzionata (quella relativa al credito di € 9.374,00). La Banca, regolarmente costituitasi nella procedura, chiedeva in via preliminare di dichiarare il ricorso inammissibile per incompetenza ratione materiae, in quanto la controversia atteneva ad accertamenti tecnico-tributari estranei alla competenza ABF. Nel merito, chiedeva il rigetto delle domande della ricorrente poiché il mancato accredito delle somme dovute era causato dalla non conformità della richiesta con i requisiti previsti dal c.d. Decreto Rilancio (D.L. 34/2020, convertito in L. 77/2020), emerse a seguito di controlli (obbligatori) del proprio advisor tecnico successivi alla stipulazione del contratto di cessione del credito, con conseguente impossibilità di definire l’operazione sebbene già contrattualizzata. Per quanto riguarda, invece, la pratica relativa al credito di € 9.374,00 la resistente si limitava ad evidenziare di non aver mai accettato il credito e di non aver mai perfezionato il relativo contratto.

 

2. Decisione.

Il Collegio, esaminate le domande e le eccezioni di entrambe le Parti, rigetta l’eccezione di incompetenza per materia. Il fatto che un contratto di cessione del credito abbia ad oggetto crediti di imposta non esclude di per sé (ad eccezione dell’interpretazione e/o applicazione di norme tributarie) la competenza dell’ABF[2] [2]. La circostanza che l’oggetto del procedimento de quo riguardi il mancato rispetto/adempimento del contratto di credito d’imposta, è sufficiente per dichiarare la competenza dell’ABF. Nel merito, poi, il Collegio rigetta le domande avanzate dalla Banca e accoglie il ricorso con riferimento al credito effettivamente contrattualizzato, non potendosi esprimere sulla pratica di € 9.374,00 poiché il relativo contratto non veniva mai stipulato. In particolare, il Collegio giudica incongruenti, vaghe e prive di adeguata prova le spiegazioni dell’intermediario resistente. Specifica che l’acquisto del credito era subordinato al verificarsi di alcune condizioni sospensive, tra le quali la c.d. Due diligence, vale a dire il rilascio del visto di conformità da parte della società incaricata. Il contratto stipulato non prevedeva ulteriori verifiche (men che meno, successive alla stipula del contratto di cessione) da parte dell’advisor. Osserva l’Arbitro che l’intermediario non allega alcuna documentazione relativa all’espletamento di tali ulteriori (e non previste) verifiche, non fornisce chiarimenti, non deduce alcun motivo ostativo, non menziona eventuali modifiche normative sopravvenute alla stipula che potessero giustificare o imporre un’attività di controllo successiva e rendere, così, legittima la risoluzione del contratto. Si limita invece a un generico riferimento all’ottemperanza della normativa regolante la responsabilità amministrativa degli enti. Il Collegio, dunque, ritenendo che la resistente non abbia fornito valida giustificazione per il mancato adempimento (da ritenersi, pertanto, illegittimo) accoglie il ricorso e dispone in favore del ricorrente l’accredito dell’importo pattuito (€ 14.080,00), oltre spese di procedura e rimborso della somma versata per la presentazione del ricorso.

 

 

 

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[1] Il contratto di cessione del credito d’imposta consente al cliente di cedere alla banca -fino all’ammontare massimo pattuito- il credito di imposta derivante dalla realizzazione di determinati lavori. Il corrispettivo pattuito viene poi corrisposto dalla banca (in percentuale rispetto al valore nominale del credito ceduto) mediante accredito su conto corrente entro pochi giorni da quando la stessa banca ha la disponibilità del credito ceduto nel proprio cassetto fiscale (c.d. data di efficacia). Nel caso di specie, la questione riguardava il c.d. Ecobonus, vale a dire il contratto di cessione del credito d’imposta ai fini della realizzazione di lavori/interventi di riqualificazione energetica degli edifici, e/o per l’installazione di colonnine adibite alla ricarica dei veicoli elettrici, e/o per l’installazione di impianti fotovoltaici. Si tratta di una cessione pro-soluto con la quale il cedente trasferisce alla banca la piena titolarità del credito (in una o, se consentito, in più porzioni dette tranche). I soggetti titolari possono cedere il credito a seguito dell’esecuzione degli interventi o a seguito del riconoscimento in favore dell’originario beneficiario della detrazione di un contributo sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, ai sensi dell’art. 121 co. 1 D.L. 34/2020, convertito in L. 77/2020. Tale operazione di cessione si perfeziona con la sottoscrizione dello specifico contratto di cessione del credito di imposta la cui efficacia è condizionata all’avverarsi di determinate condizioni sospensive (indicate nel contratto). In caso di mancato avverarsi delle condizioni sospensive, il contratto di cessione diviene inefficace.

[2] Cfr. ABF, Collegio di Coordinamento, decisione n. 9642/2022. Massima redazionale e decisione disponibili su questo Portale, https://www.dirittodelrisparmio.it/2022/07/27/cessione-del-credito-dimposta-la-pronuncia-del-collegio-di-coordinamento-dellabf/.

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