Nota a Procura Generale Cassazione, 7 marzo 2024.
Segnalazione dell'Avv. Nicola Stiaffini.
Antefatto.
Come noto, la Terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, con ordinanza n. 34889/2023, ha affermato che, limitatamente al periodo per il quale si è accertata la manipolazione del tasso EURIBOR, è affetta da nullità la previsione contrattuale che prevede la determinazione del tasso d’interesse in misura variabile con parametrizzazione al ridetto saggio EURIBOR anche se l’istituto mutuante non rientra tra quelli sanzionati per aver preso parte all’intesa manipolativa. Più nello specifico, nell’accogliere la domanda del ricorrente (che aveva invocato la nullità del tasso applicato nel contratto di leasing in quanto determinato per relationem, facendo riferimento al tasso EURIBOR fissato attraverso un accordo manipolativo della concorrenza da un certo numero di istituti bancari, sì come accertato dalla Commissione Antitrust Europea con decisione del 4/12/2013), «ha ritenuto che detta decisione avrebbe dovuto considerarsi prova privilegiata (…) a supporto della domanda volta alla declaratoria di nullità dei tassi “manipolati” ed alla rideterminazione degli interessi nel periodo coinvolto dalla manipolazione, a prescindere dal fatto che all’intesa illecita avesse o meno partecipato il B.B. S.p.A., giacché raggiunta dal divieto di cui all’art. 2 della l. n. 287/1990 è qualunque contratto o negozio a valle che costituisca applicazione delle intese illecite concluse a monte (…); la Corte d’appello ha errato, dunque, nel ritenere genericamente enunciata la censura di violazione della normativa antitrust…».
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Fisiognomica del tasso EURIBOR.
È premura della Procura Generale ricordare, in via preliminare, che l’EURIBOR è un tasso di interesse di riferimento ampiamente utilizzato sui mercati monetari internazionali, il cui scopo è rispecchiare il costo dei prestiti interbancari in euro. Invero, detto parametro, definito come un indice del «tasso al quale sono offerti depositi a termine in euro nel mercato interbancario da una banca primaria a un’altra banca primaria all’interno della zona euro», si basa sulle quotazioni individuali dei tassi ai quali ciascuna delle banche del panel ritiene che un’ipotetica banca primaria presterebbe fondi a un’altra banca primaria.
In effetti, secondo il codice di condotta EURIBOR della Federazione bancaria europea (FBE), «le banche del panel forniscono quotazioni giornaliere del tasso […] che, secondo ciascuna banca del panel, una banca primaria sta applicando a un’altra banca primaria per i depositi a termine in euro nel mercato interbancario all’interno della zona euro»[1]. L’EURIBOR è calcolato[2] in base alle comunicazioni inviate dalle «banche del panel» partecipanti[3] ogni giorno di negoziazione, tra le 10.45 e le 11.00, ora di Bruxelles, a Thomson Reuters, l’agenzia incaricata di eseguire i calcoli per conto della Federazione bancaria europea. Presso ciascuna delle banche del panel vi sono persone incaricate di comunicare le quotazioni per conto della banca in questione. Di norma queste persone fanno parte del diparti mento tesoreria della banca. L’EURIBOR è determinato e pubblicato ogni giorno lavorativo alle 11:00, ora di Bruxelles (10:00 ora di Londra).
Ogni banca del panel fornisce un contributo per ciascuno dei 15 tassi di interesse diversi dell’EURIBOR. L’EURIBOR non ha una scadenza overnight. Questo ruolo è assunto dall’EONIA, che è un tasso di interesse over night calcolato con l’aiuto della Banca centrale europea come media ponderata di tutte le operazioni di prestito non garantito overnight effettuate da certe banche nel mercato interbancario. Le banche che contribuiscono all’EONIA sono le stesse banche del panel che contribuisce all’EURIBOR. Le diverse scadenze dell’EURIBOR (1 mese, 3, 6 o 12 mesi) fungono da componenti di prezzo per gli EIRD basati sull’EURIBOR. Per gli EIRD, la rispettiva scadenza dell’EURIBOR che sta giungendo a maturazione o viene nuova mente fissata a una data determinata può determinare il flusso di cassa che una banca riceve dalla controparte dell’EIRD oppure il flusso di cassa che la banca deve pagare alla controparte in quella data. In funzione delle posizioni di negoziazione/esposizioni assunte per suo conto dai suoi operatori, una banca può avere un interesse per un fixing EURIBOR elevato (quando riceve un importo calcolato in base all’EURIBOR), basso (quando deve pagare un importo calcolato in base all’EURIBOR) o forfettario (quando non ha una posizione significativa in nessuna delle due direzioni). L’EURIBOR non è, dunque, un tasso fissato dalle Banche, ma è, al contrario, un dato oggettivo, rilevato e pubblicato da un’agenzia terza, rappresentato dalla media ponderata[4] dei tassi applicati, nelle operazioni interbancarie, da un gruppo consistente delle più rilevanti banche europee[5].
La decisione della Commissione Europea del 4 dicembre 2013.
Come anticipato, la prospettazione di parte ricorrente e la conseguente decisione n. 34889/2023 sono fondate sull’accertamento operato dalla Commissione avente ad oggetto la manipolazione dell’indice EURIBOR all’esito di un’intesa anticoncorrenziale tra alcune banche europee, provvedimento C (2013) 8512/1 del 04.12.2013.
Ebbene, la Commissione ha mosso alle banche coinvolte i seguenti addebiti:
«(17) Attraverso il comportamento di certi loro dipendenti, le parti hanno partecipato ad accordi nel settore degli EIRD che consistevano nelle seguenti pratiche fra parti diverse:
a) a volte certi operatori impiegati da parti diverse hanno comunicato e/o ricevuto preferenze per un fixing invariato, basso o elevato di determinate scadenze dell’Euribor. Queste preferenze dipendevano dalle loro posizioni di negoziazione/esposizioni.
b) A volte certi operatori di parti diverse hanno comunicato e/o ricevuto dalle altre informazioni dettagliate, non di notorietà pubblica/disponibili, sulle posizioni di negoziazione o sulle intenzioni relative alle future comunicazioni dell’Euribor per determinate scadenze di almeno una delle loro rispettive banche.
c) A volte certi operatori hanno inoltre valutato la possibilità di allineare le loro posizioni di negoziazione per gli EIRD in base alle informazioni di cui alle lettere a) o b).
d) A volte certi operatori hanno inoltre valutato la possibilità di allineare almeno una delle future comunicazioni Euribor delle loro banche in base alle informazioni di cui alle lettere a) o b).
e) A volte almeno uno degli operatori coinvolti in queste discussioni ha contattato le persone incaricate di comunicare i tassi Euribor presso le rispettive banche, o ha dichiarato che intendeva farlo, per chiedere loro di presentare all’agenzia incaricata di eseguire i calcoli per conto della FBE una comunicazione in una certa direzione o a un livello specifico.
f) A volte almeno uno degli operatori coinvolti in queste discussioni ha dichiarato che avrebbe riferito, o ha riferito, in merito alla risposta della persona incaricata di comunicare i tassi Euribor prima del momento in cui le comunicazioni giornaliere Euribor dovevano essere presentate all’agenzia incaricata di eseguire i calcoli oppure, nei casi in cui l’operatore aveva già discusso di questo con la persona incaricata di comunicare i tassi, ha trasmesso le informazioni ricevute da questa persona all’operatore di un’altra parte.
g) A volte almeno un operatore di una parte ha comunicato a un operatore di un’altra parte altre informazioni dettagliate e sensibili sulla strategia di negoziazione o di fissazione dei prezzi della sua banca per quanto riguarda gli EIRD.
(18) A volte, inoltre, determinati operatori impiegati da parti diverse hanno discusso il risultato della fissazione dei tassi Euribor, comprese comunicazioni specifiche delle banche, dopo che i tassi Euribor di un dato giorno erano stati determinati e pubblicati.
(19) Ciascuna parte ha partecipato almeno a un certo numero di questi tipi di comportamento. Ciò è avvenuto durante tutto il periodo della partecipazione rispettiva delle parti all’infrazione, sebbene non tutte le parti abbiano partecipato a 8 tutti i casi di collusione e l’intensità dei contatti collusivi abbia subito variazioni durante il periodo dell’infrazione.
(20) L’attività collusiva si è svolta attraverso contatti bilaterali, soprattutto chat online, e-mail e messaggi online o telefonici.».
In sostanza, la decisione della Commissione Europea ha messo in luce una serie di pratiche illecite da parte di alcune banche. Queste pratiche, come visto, includono comportamenti come la comunicazione tra operatori di diverse banche riguardo le preferenze per un fixing invariato, basso o elevato dell’EURIBOR, e lo scambio di informazioni dettagliate e non pubbliche sulle posizioni di negoziazione.
Le asserita criticità nell’ordinanza n. 34889/2023.
Pur tuttavia, è fondamentale sottolineare che, nonostante l’evidente illiceità dei comportamenti sotto il profilo della concorrenza, non emerge una chiara indicazione che tali pratiche abbiano concretamente alterato il valore dell’EURIBOR. Invero l’accertamento della Commissione è incentrato sulla illegittimità di tali pratiche, ma non indica se tali condotte abbiano poi avuto una concreta incidenza sul valore dell’EURIBOR.
Secondo l’ordinanza n. 34889/2023 detta decisione avrebbe dovuto considerarsi “prova privilegiata” a supporto della domanda volta alla declaratoria di nullità dei tassi “manipolati”, in forza del disposto dell’art 16 del Reg. (CE) n. 1/2003, che, recependo la giurisprudenza formatasi sul punto[6], prevede che, quando le giurisdizioni nazionali si pronunciano su accordi, decisioni, pratiche ai sensi degli artt. 101 e 102 del TFUE già oggetto di una decisione della Commissione, non possano prendere decisioni che siano in contrasto con quanto deliberato dalla Commissione.
Va, però, considerato che il valore vincolante della decisione della Commissione sui giudici nazionali che devono pronunciarsi sugli illeciti oggi previsti dagli artt. 101 e 102 TFUE attiene esclusivamente alla sussistenza del comportamento accertato o della posizione rivestita sul mercato e del suo eventuale abuso. Il valore probatorio delle decisioni in suddetta materia è stato recentemente ribadito dalla Commissione europea che ha posto in consultazione pubblica il testo della “Comunicazione sulla protezione delle informazioni riservate per l’applicazione a livello privatistico del diritto della concorrenza dell’UE da parte dei Giudici nazionali” (“Comunicazione”), documento che si lega al percorso di potenziamento delle azioni risarcitorie in materia antitrust, intrapreso con la Direttiva 2014/104/UE (“Direttiva”) recante la disciplina sul risarcimento del danno derivante dalla violazione degli articoli 101 (intese e pratiche concordate restrittive della concorrenza) e 102 (abuso di posizione dominante) TFUE. Ratio della Direttiva (recepita nel nostro ordinamento con il D.lgs. n. 3/2017) è quella di garantire un’efficace applicazione, a livello privatistico, delle norme che regolano il diritto della concorrenza, affidando anche ai privati la realizzazione degli obiettivi perseguiti dalla legislazione antitrust e fornendogli specifiche regole processuali e sostanziali da far valere dinanzi al Giudice nazionale. L’impostazione voluta dal legislatore europeo e nazionale mira a incentivare la tendenza a promuovere dinanzi al Giudice civile le azioni risarcitorie che, nell’ambito del diritto antitrust, si differenziano in follow-on action o stand alone action. Il primo caso si ha quando l’iniziativa dell’attore segue l’accertamento di un illecito da parte di un’Autorità antitrust, che varrà quale “prova privilegiata” con riferimento almeno all’esistenza della violazione della normativa, rimanendo in capo all’attore l’onere di provare i residui elementi costitutivi della propria domanda.
Ed è proprio questo il punto nodale della questione: la decisione della Commissione europea vale come prova privilegiata delle condotte illecite, con esclusivo riferimento alle banche coinvolte (come risulta evidente dalla decisione della Commissione europea[7]. In mancanza di prova circa l’incidenza di tali condotte nella concreta determinazione del tasso Euribor appare davvero arduo sostenere la potenziale invalidità dei tassi di interesse che fanno riferimento all’EURIBOR, e ciò, soprattutto per le banche estranee a tali pratiche illecite. Né a diverse conclusioni si giungerebbe con riferimento al c.d. effetto vincolante delle decisioni dell’Autorità garante nazionale[8], effetto riconosciuto solo nei confronti dei giudici dello Stato membro cui detta Autorità appartiene, solo per le decisioni positive, non per quelle negative, e solo per le decisioni che applicano gli artt. 101 e 102 TFUE e non per quelle che applicano il diritto nazionale.
Un’ulteriore limitazione importante è data dall’estensione di detto effetto vincolante che può riguardare esclusivamente la sussistenza della violazione antitrust, o in altri termini del comportamento e della sua valutazione negativa in forza della normativa europea sulla concorrenza, ma non può comprendere l’accertamento del danno e del nesso di causalità, e ciò ai sensi dell’art. 9 della direttiva 104/2014. L’esatta espressione utilizzata da detta norma prevede che la decisione sulla violazione «sia ritenuta definitivamente accertata ai fini dell’azione per il risarcimento del danno» e quindi solo a detti fini, limitatamente all’accertamento della violazione, ma non per gli altri necessari presupposti nell’azione.
Il D.lgs. n. 3/2017, nel recepire l’art. 9 della Direttiva Enforcement ha stabilito (art. 7, «Effetti delle decisioni dell’autorità garante della concorrenza»): «1. Ai fini dell’azione per il risarcimento del danno si ritiene definitivamente accertata, nei confronti 10 dell’autore, la violazione del diritto della concorrenza constatata da una decisione dell’autorità garante della concorrenza e del mercato di cui all’articolo 10 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, non più soggetta ad impugnazione davanti al giudice del ricorso, o da una sentenza del giudice del ricorso passata in giudicato». Ha poi aggiunto:
- che il sindacato del giudice del ricorso comporta la verifica diretta dei fatti posti a fondamento della decisione impugnata e si estende anche ai profili tecnici che non presentano un oggettivo margine di opinabilità, il cui esame sia necessario per giudicare la legittimità della decisione medesima;
- che quanto previsto al primo periodo riguarda la natura della violazione e la sua portata materiale, personale, temporale e territoriale, ma non il nesso di causalità e l’esistenza del danno.
Il giudice è, dunque, chiamato a interpretare con molta attenzione il contenuto di tali decisioni al fine di verificarne l’eventuale incidenza sui rapporti oggetto del giudizio, non esorbitando da quello che è il contenuto predeterminato della loro forza vincolante che attiene esclusivamente alla condotta anticoncorrenziale accertata ma non al nesso di causalità ed all’esistenza del danno.
Accertamento dell’effettiva vincolatività della decisione sanzionatoria, nonché dell’eventuale sussistenza del danno e del nesso causale che risulta necessario a pena di un evidente lesione del diritto di difesa e del contraddittorio, ancor più rilevante nel caso, come quello di specie, in cui il resistente è del tutto estraneo alle pratiche illegali accertate dalla Commissione.
Per ottenere la dichiarazione di nullità del tasso pattuito che rinvia all’EURIBOR occorre, ove si voglia agire contro soggetti non partecipanti alle accertate condotte, provare che la condotta illecita sanzionata dalla Commissione ha portato ad una alterazione dell’EURIBOR. Se si assume che tutti i tassi legati all’EURIBOR debbano essere dichiarati invalidi (per eliminare ogni conseguenza dell’illecito a monte), anche per le banche non coinvolte direttamente nelle pratiche illecite, è necessario dimostrare che i tentativi di manipolazione hanno avuto un qualche sia pur minimo effetto concreto sull’EURIBOR stesso.
In assenza di tale dimostrazione, non sussistono ragioni valide per dichiarare la nullità delle pattuizioni sui tassi che rinviano all’EURIBOR, ove tale indice non sia stato effettivamente alterato.
Fermo restando che il giudice può desumere il nesso eziologico tra comportamento anticoncorrenziale e danno lamentato attraverso presunzioni probabilistiche che si fondino sul rapporto di sequenza costante tra antecedente e dato consequenziale[9], quel che è certo che tale condotta finale deve essere accertata, sia pure nei termini suddetti.
Accertamento ancor più rilevante nel caso di specie nel quale la condotta anticoncorrenziale accertata aveva a oggetto il solo mercato dei prodotti derivati (l’Euro Interest Rate Derivatives connessi all’Euro Interbank Offered Rate (“EURIBOT” e/o l’Euro Over-Night Index Average, “EONIA”), che il valore dell’Euribor è il risultato dalla media ponderata dei tassi applicati nelle operazioni interbancarie, escludendo dal computo il 15% dei valori più alti e più bassi, e che l’Euribor non si identifica con il tasso finale praticato dalla banca, essendo il tasso il risultato di tale indice sommato allo spread.
Con la conseguenza che il caso di specie diverge in maniera significativa da quello esaminato dalle sezioni unite della Corte[10] e risolto nel senso della nullità dei contratti “a valle”, perché in tale precedente vi era una diretta ed immediata corrispondenza tra le disposizioni contrattuali e le condizioni oggetto dell’intesa restrittiva della concorrenza: il contratto a valle (nella specie, una fideiussione) era interamente o parzialmente riproduttivo dell’intesa “a monte”, dichiarata nulla dall’autorità amministrativa di vigilanza; l’atto negoziale era di per sé stesso un mezzo per violare la normativa antitrust.
Con la conseguenza che nel caso dell’EURIBOR, nell’indagine relativa al nesso causale tra comportamento e danno ingiusto, non è possibile applicare pedissequamente la sentenza delle sezioni unite n. 2207/2005 che ha risolto il problema del rapporto tra l’intesa illecita ed i contratti “a valle” nel senso dell’inscindibilità di questi ultimi rispetto alla volontà anticoncorrenziale residente “a monte”, la quale trova, appunto, il suo momento di realizzazione massima nella necessitata ed inconsapevole adesione del consumatore finale[11].
Non potendosi attribuire al comportamento anticoncorrenziale accertato l’astratta idoneità a propagarsi secondo lo schema della reazione a catena, dovendo tale idoneità essere riscontrata in concreto, caso per caso. Il giudice deve poi consentire alla banca di provare contro le presunzioni o contro la sequenza probabilistica posta a base del ragionamento che fa derivare il danno dall’intesa illecita. Il giudice non può omettere di valutare tutti gli elementi di prova offerti dalla banca per contrastare le presunzioni, o per dimostrare che la sequenza causale percorsa risulta spezzata da uno o più fatti diversi che da soli sono stati idonei a procurare il danno, oppure, ancora, per accertare che quei fatti, insieme con l’intesa illecita, abbiano assunto il carattere di equivalenti (e, dunque, concorrenti) causali nella produzione del danno. Rispetto delle regole probatorie che vale anche per l’individuazione del danno, qualora alla richiesta declaratoria di nullità si colleghi un’azione risarcitoria, dato che la presunzione relativa attiene al trasferimento del sovrapprezzo (insita nell’acquisto di quel bene o servizio), dovendo comunque l’attore dedurre ed il giudice accertare che la violazione anticoncorrenziale ha determinato tale sovrapprezzo[12].
In tal caso, il giudice deve individuare l’intesa illecita come condotta preparatoria rispetto alla condotta finale, costituita dall’effettiva manipolazione dell’EURIBOR, e configurare il danno nel maggior esborso a carico del finanziato, la cui ingiustizia sia prodotta (nei sensi sopra esposti) dalla lesione all’interesse giuridicamente protetto ad un mercato liberamente competitivo.
Per tali ragioni si ritiene opportuna una rimeditazione del recente orientamento espresso nell’ordinanza n. 34889/2023 che, nella declaratoria di nullità dei tassi “manipolati” e nella rideterminazione degli interessi nel periodo coinvolto dalla manipolazione, prescinde da tali necessari accertamenti, essendosi essa esclusivamente basata sul mero contenuto del “dispositivo” della decisione della Commissione.
Tesi tanto più difficilmente condivisibile se si tiene conto del fatto che il provvedimento della commissione in questione è incentrato, come detto, sull’accertamento dell’illiceità dello scambio di informazioni, ponendosi, quindi, in termini di mera potenzialità l’alterazione del gioco concorrenziale e, dunque, l’aumento dei prezzi praticati al consumatore finale.
Per tali ragioni si chiede alla Corte la rimessione della causa alla Prima Presidente per l’eventuale assegnazione alle sezioni unite. Decisione che si giustifica, altresì, per la grande rilevanza della questione, evidenziata dall’ampia eco che la decisione della Corte ha avuto su tutti i mezzi di informazione, questione suscettibile di applicazione in numerose controversie.
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L’Hawk–Eye è stato chiamato. Resta solo da vedere se la traiettoria della pallina sia stata dentro o fuori.
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[1] Cfr. Codice di condotta Euribor della Federazione bancaria europea, 17.
[2] Dai tassi comunicati dalle banche del panel vengono eliminati quelli rientranti nella fascia del 15 % più alta e del 15 % più bassa. Successivamente si calcola la media dei tassi rimanenti, che vengono arrotondati al terzo decimale.
[3] Al momento dell’infrazione, le banche del panel erano 44.
[4] Escludendo dal computo il 15% dei valori più alti e più bassi.
[5] All’epoca dell’infrazione facevano parte del panel 44 banche.
[6] Cfr. CGUE, 14.12.2000, C-344/98.
[7] Segnatamente: «(8) “La decisione non stabilisce alcuna responsabilità delle parti non coinvolte nel procedimento di transazione per la partecipazione a una violazione della normativa UE in materia di concorrenza nel caso di specie”».
[8] Cfr. CGUE, 28.01.1991, C-234/89; CGUE, 14.12.2000, C-344/98.
[9] Cfr. Cass. n. 2305/2007.
[10] Il riferimento è naturalmente a Cass. Civ., Sez. Un., 30.12.2021, n. 41994, per cui i contratti di fideiussione “a valle” di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con la L. n. 287 del 1990, art. 2, comma 2, lett. a), e art. 101 del TFUE, sono parzialmente nulli, ai sensi dell’art. 2, comma 3, della legge citata e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducono quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata (perché restrittive, in concreto, della libera concorrenza), salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti.
[11] Cfr. Cass. n. 2305/2007.
[12] Principi chiaramente espressi nei precedenti della Corte: «Nel quadro di un’ordinaria azione aquiliana e nella logica sopra descritta, all’assicurato sarà sufficiente allegare l’accertamento dell’intesa concorrenziale da parte dell’Autorità garante (come condotta preparatoria) e la polizza contratta (come condotta finale), individuando il danno nella maggior somma pagata (rispetto a quella che avrebbe pagato se il mercato assicurativo non fosse stato viziato nella sua competitività) e la relativa ingiustizia nei termini (già specificati) di lesione del proprio interesse alla trasparenza e competitività 13 del mercato stesso”…con la conseguenza che si tratta “bensì di accertare gli effetti che l’intesa ha svolto sull’aumento dei prezzi del mercato assicurativo, in generale, ed, in particolare, sullo specifico premio pagato”» (Cass. 2305/2007).
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Info sull'autore
Associato dello Studio Legale "Greco Gigante & Partners" (https://studiolegalegrecogigante.it/). Cultore della materia di Diritto Privato e di Diritto del Risparmio, presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università del Salento. Contatti: 0832305597 - a.zurlo@studiolegalegrecogigante.it