Nota a ABF, Collegio di Bologna, 9 febbraio 2024, n. 1726.
La controversia presa in esame affronta il tema della correttezza delle condizioni di rimborso di due Buoni Fruttiferi Postali (d’ora in poi: BFP), sottoscritti dal Ricorrente, emessi successivamente all’entrata in vigore del D.M. 13/06/1986, e appartenenti alla serie Q/P.
In particolare, il Ricorrente, che ha sottoscritto nel ’92 due buoni fruttiferi della serie Q/P, utilizzando un modulo cartaceo della serie P, ha lamentato la mancata liquidazione dei BFP sulla base delle prescrizioni contrattuali apposte sul retro degli stessi in relazione al rendimento previsto dal ventunesimo al trentesimo anno dopo l’emissione dei titoli suindicati.
In altri termini, con riferimento alla liquidazione dei rendimenti dei BFP della serie Q/P relativi all’ultima decade, il Ricorrente ha contestato il mancato pagamento, dal ventunesimo al trentesimo anno, del rendimento previsto dalle condizioni stampigliate sul retro del titolo, non essendo previsto, per essi, alcun riferimento, sul titolo, alle condizioni di rimborso previste dal D.M. 13/06/1986.
Il Ricorrente, pertanto, ha chiesto all’ABF che i rendimenti dei due BFP relativi all’ultimo decennio venissero liquidati secondo quanto previsto dalla disciplina dei BFP della serie P e non secondo la disciplina dei BFP della serie Q/P come novellata dal D.M. 13/06/1986.
Prima di affrontare la questione che qui interessa, si rende noto che, sul punto, si sono registrati orientamenti contrastanti da parte dell’Arbitro Bancario Finanziario e da parte della giurisprudenza di legittimità.
Secondo il Collegio di Coordinamento[1], il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore dei titoli si forma sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti.
In altri termini, il Collegio, concordemente a quanto stabilito dalle Sezioni Unite[2], ha affermato che, qualora il decreto modificativo dei tassi sia – come nel caso in esame – antecedente alla data di emissione del BFP, sussiste un legittimo affidamento del cliente sulla validità dei tassi di interesse riportati sul titolo e che tale affidamento debba essere tutelato, applicando alla parte ricorrente le condizioni riprodotte sul titolo stesso.
Tale orientamento è stato mantenuto dal Collegio di Coordinamento anche successivamente[3].
Nel caso in esame, a detta del Collegio, dovrebbe essere valorizzato ciò che risulta dai titoli. Sulla scorta delle pronunce emesse del Collegio di Coordinamento, quindi, la disciplina complessiva del rapporto andrebbe ricostruita applicando i tassi previsti per la serie Q/P per i primi vent’anni, e quelli previsti per la serie P per gli ultimi dieci anni.
Di avviso diverso risultano essere alcune pronunce della Corte di Cassazione[4], secondo cui la disciplina complessiva del rapporto andrebbe ricostruita applicando il tasso previsto dal D.M. 13/06/1986 per i buoni Q/P emessi dopo il predetto decreto, anche se sul documento non viene specificata l’applicazione della disciplina in parola per i rendimenti che fanno riferimento al periodo di tempo che va dal ventunesimo al trentesimo anno.
La Suprema Corte, infatti, ha riconosciuto ai risparmiatori, anche in pronunce recenti, i minori interessi previsti dalla serie Q/P, benché non riportati sul titolo, valorizzando il disposto dell’art. 1342 c.c. secondo cui, in caso di moduli predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, le clausole aggiunte al modulo prevalgono su quelle del modulo qualora siano incompatibili con esse.
Secondo la Corte, pertanto, le clausole che prevedono la liquidazione dei rendimenti sulla base della disciplina dei BFP della serie P sono incompatibili in re ipsa con il decreto ministeriale, che ha individuato i nuovi tassi in sostituzione dei precedenti, anche se queste ultime non sono state cancellate dal titolo.
In tale contesto, il Collegio di Coordinamento con la decisione n. 9321 del 26 settembre 2023 ha ribaltato il precedente orientamento consolidatosi in seno all’ABF.
Con tale decisione, il Collegio ha preso atto del fatto che la Corte di Cassazione ha riconosciuto la presenza di una “lacuna” nel regolamento contrattuale dei BFP, non essendo presente nel riquadro dei rendimenti risultanti dalla stampigliatura alcuna specifica indicazione dei tassi relativi all’ultimo decennio.
Tale circostanza, a detta della Corte, non legittimerebbe, tuttavia, un’operazione interpretativa che finisca per “deformare il senso della volontà negoziale”.
La riscontrata “lacuna” nel regolamento contrattuale, secondo la Corte, andrebbe colmata mediante una “integrazione suppletiva”, ex art. 1374, cod. civ., e non già attraverso una “integrazione” ex art.
1339, cod. civ.
La disciplina di cui all’art. 1374 cod. civ., determina il contenuto del rapporto in mancanza di una diversa volontà delle parti, operando, quindi, un’integrazione naturale e non cogente, come quella prevista dall’art. 1339 cod. civ., operante allorquando la regolamentazione normativa si sovrappone alla diversa volontà delle parti.
In tale contesto, dunque, l’integrazione opera naturalmente, avendo riguardo alle prescrizioni del provvedimento ministeriale. Non vi è dubbio che si tratti di un’integrazione ad opera della legge, visto che il D.M. 13 giugno 1986 ripete la sua autorità dall’art. 173, comma 1, d.P.R. n. 156/1973, il quale abilita l’autorità ministeriale a fissare il saggio d’interesse dei buoni postali fruttiferi.
Alla luce del consolidamento dell’orientamento della Suprema Corte, pertanto, il Collegio di Coordinamento ha ritenuto di: “non poter ulteriormente mantenere ferma la propria diversa posizione, in ossequio al proprio indirizzo, secondo cui l’ABF non può che uniformarsi ai principi di diritto enunciati dalla Suprema Corte di Cassazione, cui la legge fondamentale sull’ordinamento giudiziario del 30 gennaio 1941 n. 12 (art. 65) attribuisce la funzione di assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni”.
In conclusione, nella controversia de quo, il Collegio di Bologna, aderendo ai principi espressi recentemente dal Collegio di Coordinamento nella decisione n. 9321/2023, ha rigettato la domanda del Ricorrente.
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[1] Cfr. Collegio di Coordinamento, decisione n. 5674/2013.
[2] Cfr., Cass., SS.UU., n. 13979/2007.
[3] Cfr., Collegio di Coordinamento, decisione n. 6142/2020.
[4] Cfr., Cass., ord. nn. 4748/2022, 4751/2022, 4763/2022, 4784/2022.
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Info sull'autore
Impiegata di primo livello presso la Commissione di vigilanza sui fondi pensione e, in precedenza, tirocinante ACF Consob, si è laureata presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Napoli "Federico II", con tesi in diritto commerciale. Durante il suo percorso universitario ha conseguito conoscenze specifiche nel settore del diritto commerciale, bancario e dei mercati finanziari. Nelle suindicate materie, è inoltre autrice di pubblicazioni scientifiche