3 min read

Nota a Cass. Civ., Sez. I, 29 febbraio 2024, n. 5387.

Massima redazionale

Nel caso di specie, la Corte territoriale ha accertato l’esistenza di aperture di credito (sebbene premettendo che mancasse il relativo contratto in forma scritta) attraverso le indicazioni ricavabili (anche quanto ai limiti dell’affidamento) dalla documentazione prodotta (estratti conto) ed esaminata dal consulente tecnico di ufficio. Da ciò ha tratto la conclusione che, rivelandosi tutte le rimesse affluite su quel conto come meramente ripristinatorie della provvista, l’eccezione di prescrizione ivi ribadita dalla banca era insuscettibile di accoglimento.

Tale modus operandi è assolutamente conforme al consolidatosi orientamento di legittimità, per cui non può ritenersi insussistente una apertura di credito per il solo fatto che il correntista e/o il fideiussore non abbiano fornito la prova della stipulazione del contratto in forma scritta, così configurandosene la nullità per difetto del requisito di cui all’art. 117, comma primo, TUB.

Difatti, la rilevazione di tale vizio, nel caso specifico, non corrispondeva all’interesse della correntista e dei fideiussori, unici che avrebbero potuto invocare detta nullità[1]. Conseguentemente, non essendo la nullità rilevabile d’ufficio, non poteva ritenersi preclusa agli attori/appellati la possibilità di fornire la prova dell’affidamento attraverso mezzi diversi dalla produzione del documento contrattuale, quali, ad esempio, anche gli estratti conto, attestanti il reiterato adempimento, da parte della banca, di ordini di pagamento impartiti dalla correntista anche in assenza di provvista, nella misura in cui gli stessi potevano essere considerati idonei a dimostrare l’esistenza di un accordo tra le parti per l’utilizzazione, da parte della correntista, d’importi eccedenti la disponibilità esistente sul conto ed i limiti di tale utilizzazione[2].

 

 

 

 

____________________________________________________

[1] Cfr. Cass. n. 2338/2024, la quale ricorda, tra l’altro, che «[…] in tema di nullità negoziali, questa Corte ha affermato che la rilevabilità d’ufficio si estende anche a quelle cd. di protezione, in quanto configurabili, alla stregua delle indicazioni provenienti dalla giurisprudenza eurounitaria [cfr. Corte di Giustizia UE, sent. 4/06/2009, in causa C-243/08, Pannon], come una species del più ampio genus rappresentato dalle prime, risultando le stesse volte a tutelare interessi e valori fondamentali che trascendono quelli del singolo, quali il corretto funzionamento del mercato e l’uguaglianza non solo formale tra contraenti in posizione asimmetrica [cfr. Cass., Sez. Un., 12/12/2014, n. 24242 e 26243]. Tale principio è stato ritenuto applicabile anche ai contratti bancari, in relazione ai quali è stato affermato che la nullità prevista dall’art. 117, commi primo e terzo, del d.lgs. n. 385 del 1993 per l’ipotesi in cui il contratto non sia stato stipulato in forma scritta si configura come una nullità di protezione, rilevabile anche d’ufficio, stante l’inequivocabile disposto dell’art. 127, comma secondo, del d.lgs. n. 385 cit. [cfr. Cass., Sez. I, 6/09/2019, n. 22385]. È stato tuttavia precisato che, caratterizzandosi le nullità di protezione «per una precipua natura ancipite, siccome funzionali nel contempo alla tutela di un interesse tanto generale [l’integrità e l’efficienza del mercato, secondo l’insegnamento della giurisprudenza europea] quanto particolare/seriale [quello di cui risulta esponenziale la classe dei consumatori o dei clienti]», la rilevazione officiosa delle stesse, in mancanza della quale risulterebbe frustrata o comunque sminuita la funzione di tutela del bene primario consistente nella deterrenza di ogni abuso in danno del contraente debole, incontra il limite della conformità del rilievo «al solo interesse del contraente debole, ovvero del soggetto legittimato a proporre l’azione di nullità, in tal modo evitando che la controparte possa, se vi abbia interesse, sollecitare i poteri officiosi del giudice per un interesse suo proprio, destinato a rimanere fuori dall’orbita della tutela [cfr. Cass., Sez. Un., 12/12/2014, n. 26242]».

[2] Cfr. Cass. n. 2338/2024; Cass. n. 34997/2023; Cass. n. 20455/2023.

Seguici sui social: