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«Il "docufilm" sul ragazzo che veniva bullizzato nei giardinetti sotto casa. E che, da adulto, ha sconfitto i bulli, acquistato il parco giochi (quello più grande al mondo)»

Più che una biografia è un docufilm, con il regista, Walter Isaacson, che ha seguito come un’ombra l’attore-protagonista, Elon Musk, per un biennio, per presenziare, in prima linea, a molti degli eventi raccontati, tra viaggi intercontinentali, conversazioni e messaggi a orari improponibili, confessioni sorprendenti, reticenze e introspezioni, per, poi, trasporre il tutto, senza filtri, con descrizioni lucide, obiettive e (anche) qualche critica severa.

Come propriamente del genere, si mescolano fatti realmente accaduti, argomenti di attualità, riprese dal vero, a parti sceneggiate, per dissezionare, prima, e ricomporre, poi, diacronicamente la storia di un uomo che non sa porsi freni: alle sue ambizioni, alle sue idee, alle sue progettualità, alle sue emozioni, (ma anche) ai suoi errori e ai suoi eccessi. Tutto è una esaltazione del fail-fast system: sperimentare, fallire subito, correre rischi, per capire subito gli errori e porvi rimedio. Un’agenda umana e professionale dettata a ritmi serrati, quasi allucinatori, con un unico leitmotiv: semplificare, anche all’eccesso, per poi, magari, ripristinare qualcosa.

Elon Musk è un personaggio all-inclusive, con il quale bisogna relazionarsi nelle sue estemporanee sfuriate, nei proverbiali slanci produttivi, nelle tempistiche esasperanti, nella continua tensione verso il futuro. L’infanzia sudafricana è sotterrata dietro la corsa ossessiva verso la realizzazione della futuribilità, sia essa rappresentata dalla sostenibilità ambientale, o, alternativamente, dalla liberazione da pericoli concreti o anche solo immaginati, dall’integrazione di un modello “buono” di intelligenza artificiale o la progettazione della vita su Marte. 

La vita di Elon Musk è come una corda perennemente tesa tra realtà e follia, creatività e ingegno, hybris e incoscienza, successo e irrequietezza. E’ difficile separare i fili scuri dell’ordito senza intaccare la bellezza della trama. 

Come accade, d’altronde, un po’ per tutti i grandi innovatori. Che, spesso, sono sconsiderati e, alcune volte, deleteri, al punto da rischiare di risultare pazzi. Soprattutto quando si ostinano a credere di poter cambiare (a modo loro) il mondo. 

Elon Musk può riscuotere simpatia o antipatia. Di sicuro, a lui non interessa. Non gli importa cosa pensa la gente, siano collaboratori, dipendenti, familiari, amici, nemici. 

Segue la sua volontà e soprassiede.

Anzi, ci mette una X sopra. Touché.

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