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Nota a Trib. Caltanissetta, 13 febbraio 2024.

di Antonio Zurlo

Studio Legale Greco Gigante & Partners

Secondo la giurisprudenza di legittimità, la titolarità della posizione soggettiva, attiva e passiva, vantata in giudizio, è un elemento costitutivo della domanda e attiene al merito della decisione, sicchè spetta all’attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione da parte del convenuto. Pertanto, la questione della titolarità sostanziale del diritto di credito non rappresenta un’eccezione in senso stretto e come tale è aperta al contraddittorio processuale (ed anche rilevabile d’ufficio) in ogni stato e grado del giudizio[1].

Ciò premesso, è, del pari, consolidato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità in forza del quale la pubblicazione dell’avviso di cessione sulla Gazzetta Ufficiale, di cui all’art 58, comma 2, TUB, ha unicamente l’effetto di derogare, nello specifico settore bancario, alla disciplina dettata dal codice civile in tema di opponibilità ai debitori ceduti della cessione dei debiti trasferiti in blocco[2]. Invero, come dimostra il tenore letterale della suddetta norma, la pubblicazione opera in via di sostituzione solo in relazione al disposto dell’art. 1264 c.c., valendo, cioè, unicamente ad impedire l’eventualità di pagamenti liberatori per il caso in cui il ceduto versi, nonostante la sopravvenuta cessione, la propria prestazione nelle mani del cedente. In caso di contestazione, quindi, spetta pur sempre al cessionario fornire la prova dell’essere stato il credito di cui si controverte compreso nell’operazione di cessione in blocco, poiché in ogni cessione di crediti il fondamento sostanziale della legittimazione attiva è legato, per il cessionario, alla prova dell’oggetto della cessione.

Pertanto, la parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco ex art. 58 T.U.B., ha l’onere di dimostrare l’inclusione del credito oggetto di causa nell’operazione di cessione in blocco, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, a meno che il resistente non l’abbia 4 esplicitamente o implicitamente riconosciuta[3].

Al fine di dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che “è sufficiente la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale recante l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno di essi, allorché gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie consentano di individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione[4]. Inoltre, la prova della cessione può essere fornita anche attraverso documentazione successiva alla pubblicazione della notizia in Gazzetta Ufficiale, mediante produzione nel corso del giudizio[5].

A tale proposito, si osserva che a fronte dell’eccezione di carenza di legittimazione attiva per mancata prova della cessione del credito, la cessionaria non si può limitare a produrre l’estratto della Gazzetta Ufficiale in cui risulta pubblicato l’avviso di cessione dei crediti, ma deve dimostrare documentalmente ed in modo circostanziato che il credito di cui si controverte sia compreso tra quelli compravenduti nell’ambito dell’operazione di cessione in blocco, ciò in quanto una cosa è l’avviso di cessione (necessario ai fini della sua efficacia), altro è la prova dell’esistenza di un contratto di cessione e del suo specifico contenuto[6].

Deve, poi, osservarsi che qualora, come nella fattispecie in esame, siano dedotte una pluralità di cessioni del medesimo credito, è comunque necessario allegare e dimostrare i singoli trasferimenti del diritto. In particolare, grava sull’ultimo cessionario l’onere di fornire la prova negoziale in ordine a tutte le cessioni medio tempore intervenute che abbiamo determinato l’attuale titolarità del credito e non soltanto dell’ultima che, ponendosi a valle di una catena di cessioni, segue il principio nemo plus iuris transferre potest quam ipse habet.

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[1] Cfr. ex pluribus Cass. Civ., Sez. Un., n. 2951/2016; Cass. n. 39528/2021.

[2] Cfr. Cass. n. 4116/2016; Cass. n. 24798/2020.

[3] Cfr. Cass. n. 24798/2020; Cas. n. 4116/2016.

[4] Cfr. Cass. n. 4277/2023; Cass. n. 5617/2020; Cass. n. 15884/2019; Cass. n. 31188/2017.

[5] Cfr. Cass. n. 10200/2021.

[6] Cfr. Cass. n. 2780/2019.

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