Nota a App. Roma, Sez. II, 20 novembre 2023.
La Corte d’Appello di Roma è stata chiamata a pronunciarsi a seguito di appello presentato da una Banca avverso una sentenza di primo grado del Tribunale di Civitavecchia, ove l’attore chiedeva la condanna della Banca alla restituzione di somme illegittimamente addebitate su un conto corrente e conto anticipi per l’applicazione di interessi debitori usurari, anatocistici e non espressamente convenuti.
La Corte nella trattazione della controversia, illustra che con primo motivo di appello l’appellante ha dedotto la circostanza che il giudice di primo grado non abbia tenuto conto del difetto di capacità processuale ex art. 75 c.p.c. dell’originaria attrice, quale società in liquidazione, documentando che il soggetto giuridico titolare della pretesa azionata giudizialmente alla notifica della citazione era ormai estinto da oltre un anno e che, dunque, difettava la necessaria legittimazione ad agire, e d’altro canto che la persona fisica dichiaratasi quale legale rappresentante dell’ente non aveva più alcun potere rappresentativo della persona giuridica estinta.
La Corte ha considerato tale primo motivo d’appello fondato, richiamando l’orientamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte per cui si afferma che, in tema di società di capitali, la cancellazione dal registro delle imprese determina l’immediata estinzione della società, indipendentemente dall’esaurimento dei rapporti giuridici ad essi facenti capo.
Proseguendo, la Corte ha oltretutto ritenuto che, è da ritenersi applicabile anche in relazione agli atti che introducono i primi due gradi di giudizio il principio espresso dalla S.C. secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione proposto dall’ex legale rappresentate di una società estinta per pregressa cancellazione dal registro delle imprese, in quanto la procura speciale conferita al difensore è giuridicamente inesistente in ragione della mancanza del mandante stesso.
La parte appellata opponendosi alle deduzioni della Banca appellante ha dedotto che l’azione giudiziale era stata, in ogni caso, esercitata dalla persona fisica, non nella qualità di liquidatore come erroneamente indicato, bensì personalmente come socio. La Corte ha ritenuto tale assunto privo di fondamento e non suscettibile di accoglimento, in ragione del fatto che il giudizio di primo grado era stato introdotto con un’espressa dichiarazione di spedita del nome della società da parte di chi si è dichiarato liquidatore della medesima.
In chiusura, la Corte, accogliendo l’appello della Banca proposto avverso la sentenza del Tribunale di Civitavecchia, ha dichiarato inammissibile la domanda proposta dalla società in liquidazione con l’atto introduttivo del primo grado di giudizio. In particolare, statuendo che in tema di spese di giudizio, in base al principio di cui all’art. 336, co. 1 c.p.c. per cui la riforma della sentenza ha effetto anche sulle parti dipendenti dalla parte riformata, la riforma, anche solo parziale della sentenza di primo grado, determina la caducazione ex lege della statuizione sulle spese e il correlativo dovere per il giudice d’appello di provvedere d’ufficio a un nuovo regolamento delle stesse. In questo senso, la Corte ha posto le spese a carico del difensore della società attrice, in quanto, l’attività processuale svolta da quest’ultima innanzi al Tribunale di Civitavecchia resta nell’esclusiva responsabilità del difensore, del quale è, pertanto, ammissibile la condanna a pagare le spese di giustizio, indipendentemente dalla effettiva consapevolezza circa la carenza della qualità di legale rappresentante in capo a colui che ebbe a conferirgli procura, essendo compito dell’avvocato che riceve un mandato e autentica la sottoscrizione in calce alla procura speciale verificare oltre che l’identità del sottoscrittore, la sussistenza, in capo allo stesso, di validi poteri rappresentativi dell’ente collettivo.
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Info sull'autore
Praticante Avvocato presso Giovannelli e Associati,